1 gennaio 2006

Ricette del Garda: piatti di terra

Il ricettario è tratto dai volumi della serie "La cucina tradizionale del lago di Garda" di Isidoro Consolini, Angelo Peretti e Flavio Tagliaferro (edzioni associazione I Ghiottoni, Torri del Benaco)

Il minestrone con le castagne
Ingredienti per 4 persone
100 g di patate, 80 g di sedano, 80 g di carote, 100 g di cipolla, 100 g di verza, 50 g di fagioli, 200 g di peladèi (castagne lessate), uno spicchio d'aglio, qualche rametto di rosmarino, 2-3 croste di formaggio grana, olio extravergine di oliva del Garda, sale, pepe
Preparazione
Mondate tutte le verdure e tagliatele a pezzi non troppo grossi e più o meno uguali. Tagliate a pezzi le croste di formaggio grana. Mettete in una pentola l'olio extravergine, scaldatelo e friggetevi il rosmarino e l'aglio schiacciato senza far prendere colore. Togliete gli aromi e aggiungete le verdure. Coprire d'acqua, salate e fate cuocere a pentola scoperta schiumando quando necessario. Verso fine cottura aggiungete i peladèi (marroni pelati e cotti il acqua salata con foglie di salvia) e le croste di formaggio e regolate di sapore. Servite in ciotole individuali e condite a piacere con dell'ottimo olio extravergine del Garda e, per chi lo desidera, pepe di mulinello.

La polenta carbonéra
Ingredienti per 4 persone
200 g di formaggi misti (dolci e piccanti), mezzo litro di olio extravergine d'oliva del Garda, sale, pepe, cannella, 200 grammi di farina gialla di granoturco, tre quarti di litro circa d'acqua, 10 g di sale grosso
Preparazione
Preparate una polenta facendo bollire l'acqua salata con un goccio d'olio e stemperando quindi la farina gialla. Fatela cuocere per circa tre quarti d'ora, incorporando poco per volta i formaggi, che avrete precedentemente tagliato a dadolini e cosparso di pepe e cannella. Aggiungete quindi anche l'olio rimasto. È importante continuare a mescolare la polenta durante la cottura. A cottura completata, versate la polenta carbonéra in terrine singole. Va consumata come sostanzioso piatto unico. Le fette di polenta rimaste, possono essere riscaldate successivamente sulla graticola.

L'ànara col pién
Ingredienti
un'anatra da cortile da 2 kg circa spiumata, 3 panini raffermi, 1 dl di latte, un uovo, 50 g di formaggio grattugiato, le frattaglie dell'anatra, uno spicchio d'aglio, prezzemolo, sale, olio extravergine d'oliva del Garda
a piacere: 50-60 g di mortadella o salame fresco e aromi (salvia, rosmarino)
aromi per il brodo: 100 g di sedano, 100 g di cipolla, 100 g di carota, un limone tagliato a quarti, 2 foglie di alloro, sale.
Preparazione
Preparate l'anatra per la cottura. Svuotatela delle interiora e mettetele da parte. Fiammeggiate i residui di piume. Tagliate il becco e le zampe. Lavatela, asciugatela, e salatela internamente, quindi introducete la farcia preparata secondo le indicazioni riportate di seguito. Per la farcia : tritate le frattaglie pulite dell'animale, la mortadella o il salame, l'aglio e il prezzemolo; mettete a bagno il pane nel latte tiepido; unite al pane ammorbidito il formaggio, l'uovo e gli altri ingredienti tritati; regolate di sale; amalgamate il tutto unendo un filo d'olio extravergine del Garda; formate una sorta di polpettone e con questo farcite l'anatra. Cucite ora col filo l'apertura dell'animale. In una pentola capace, mettete l'acqua con le verdure e gli aromi. Portate a bollore, immergetevi l'anatra salate e cuocete a fuoco dolce. A cottura ultimata, togliete l'anatra dal brodo e tenete quest'ultimo da parte per un eventuale risotto. Tagliate il volatile a pezzi, affettate il ripieno e servite con salsa pearà, salsa verde o crèn. I resti dell'anatra venivano consumati il giorno seguente passandoli in olio, sale e pepe e abbrustolendoli sulle braci, o ancora si consumava l'anatra fredda con polenta calda.

La carne salàda
Ingredienti ricetta n. 1
2 kg di coscia di manzo, 100 g di sale grosso, un cucchiaio di zucchero, timo, maggiorana, alloro, salvia, rosmarino (a piacere: ginepro, cannella, noce moscata, pepe in grani), mezzo litro di vino rosso
Preparazione
Togliete alla carne tutte le parti grasse e filamentose ed i nervi. Tagliatela in pezzi grossi, sfregatela per bene con parte del sale grosso e lo zucchero, facendoli penetrare nella carne. Stendete uno strato di sale e aromi sul fondo di una capiente bacinella. Adagiatevi la carne, copritela con il rimanente sale ed altri aromi. Versatevi il vino e lasciatela insaporire per 30 giorni coperta con un peso. Una volta pronta, asciugatela bene e affettatela a mo' di carpaccio, oppure scottatela sulla griglia tagliata sottile.
Ingredienti ricetta n. 2
2 kg di fesa di manzo, 100 g di sale grosso, foglie di alloro, rosmarino, spicchi d'aglio, bacche di ginepro, pepe in grani a piacere
Preparazione
Preparata la carne togliendo le parti grasse, filamentose ed i nervi, la taglierete a pezzi grossi e la sfregherete per bene con parte del sale grosso, facendolo penetrare. Stendete sul fondo di una capiente bacinella (o di un vaso di vetro) una parte di sale grosso e gli aromi. Adagiatevi i pezzi di carne e copriteli con altro sale e con gli aromi, schiacciando con un coperchio sopra il quale va posto un peso allo scopo di pressare la carne in modo che ne fuoriesca l'acqua e vengano assimilati gli aromi. Lasciate sotto pressione per una decina di giorni, dopo di che servirete la carne salàda tagliata a fettine sottili.

L'ànara arrosto
Ingredienti
un'anatra da cortile di 2 kg circa spiumata
ingredienti per il pién: 3 panini raffermi, 1 dl di latte, un uovo, 50 g di formaggio grattugiato, le frattaglie dell'anatra, uno spicchio d'aglio, prezzemolo, sale, olio extravergine di oliva del Garda
a piacere: 50/60 g di mortadella o salame fresco ed aromi (salvia, rosmarino)
aromi per il brodo: 100 g di sedano, 100 g di cipolla, 100 g di carota, un limone tagliato a quarti, 2 foglie di alloro
aromi per la cottura in forno: 200 g di verdure (sedano, carote e cipolla), salvia, rosmarino, olio extravergine di oliva del Garda, sale
Preparazione
Preparate l'anatra per la cottura: svuotatela delle interiora, che metterete da parte, fiammeggiate i residui di piume, tagliate il becco e le zampe, lavatela, asciugatela e salatela internamente. Introducete quindi nell'animale la farcia (il pién). Per preparare il pién mettete a bagno il pane nel latte tiepido, tritate le frattaglie pulite dell'animale, la mortadella o il salame, l'aglio, il prezzemolo; unite al pane ammorbidito il formaggio, l'uovo e gli altri ingredienti tritati, regolate di sale, amalgamate il tutto aggiungendo un filo d'olio extravergine; formate un polpettone e farcite l'anatra, cucendo quindi l'apertura caudale con il filo. In una pentola capace versate abbondante acqua con le verdure e gli aromi. Portate a bollore ed immergetevi l'anatra. Salate e quindi fate cuocere per un'ora circa a fuoco dolce. Togliete l'anatra dal brodo di cottura. Scaldate in una teglia dell'olio extravergine con rosmarino, sedano, cipolla, carota e fatevi rosolare l'anatra, che porrete poi in forno a media temperatura per terminare la cottura. Tagliate il volatile a pezzi, affettate il ripieno e servite con patate arrosto ed il sugo di cottura. Le anatre odierne hanno carni più tenere di quelle di un tempo. La cottura è quindi più semplice, in quanto l'anatra può essere messa direttamente in forno e cotta arrosto, evitando il passaggio in acqua.

La balòta
Ingredienti per 4 persone
8 fette di polenta abbastanza soda (quasi fredda), 150/200 g di formaggio grasso di malga, 4 cucchiai di olio extravergine d'oliva del Garda, formaggio grana grattugiato
Preparazione
Spolverizzate di formaggio grattugiato le fette di polenta. Cospargete metà delle fette di formaggio di malga tagliato a scaglie e poi copritele con le fette restanti. Prendete uno per volta questi "sandwich" e manipolateli, formando delle specie di palle che porrete a cuocere sulla graticola. Le farete abbrustolire per una mezzora circa, girandole di tanto in tanto. Servirete le balòte di polenta cospargendole d'altro formaggio grattugiato e irrorandole d'olio.

I biscòti
Ingredienti per 4 persone
1 kg di marroni di San Zeno di Montagna
Preparazione
Sul Monte Baldo vengono dette biscòti le caldarroste. Castrate con un coltellino i marroni. Metteteli nell'apposita padella forata che porrete sulle braci, rigirando spesso le castagne durante la cottura.

Le brasadèle broè
Ingredienti per 25-30 brassadèle
1 kg e 150 g di farina "00", 7 uova intere, 7 rossi d'uovo, 150 g di zucchero, 80 g di burro, 8 g di sale, 3 g di bicarbonato, 1 dl di grappa, vaniglia
Preparazione
Impastate tutti gli ingredienti, lasciandoli riposare per 2 ore, dopo di che rimescolerete l'impasto per una manciata di secondi. Con un po' d'impasto formate una specie di grissino grosso un dito e quindi unite i due estremi formando una sorta di ciambellina (brasadèla). Cuocete le ciambelline in acqua bollente salata fino al loro affioramento (come si usa fare per gli gnocchi). Adagiate le brasadèle broè su dei teli per l'asciugatura e fatele riposare per 12/14 ore. Quindi incidetele tutt'intorno per la lunghezza e ricuocetele in forno caldo a 180° per circa un quindicina di minuti.

I brigàldi
Ingredienti
sangue di maiale, grappa, uova, succo d'arancia, pinoli, pangrattato, uva passa (Rossara), formaggio grana grattugiato, vino Recioto della Vapolicella, budella di maiale ben lavate, poco zucchero, poco sale (le dosi non vengono indicate in quanto variano di luogo in luogo ed a seconda dei gusti dei singoli nuclei familiari)
Preparazione
Raccogliete in un paiolo di rame il sangue del maiale sgozzato e togliete la parte spugnosa. Mettete il paiolo su fuoco dolcissimo senza far bollire; quindi aggiungete tutti gli altri ingredienti, tranne il Recioto, continuando a mescolare. Da ultimo versate il Recioto e cuocete fino a che il composto diventa denso. Insaccate nel budello fino a riempirlo; chiudete con un nodo, attorcigliando a distanze regolari di circa 4 cm, formando dei salamini, che bollirete poi in acqua a 90° per 10 minuti. I brigàldi si mangiano appena fatti, caldi, accompagnati con la polenta, oppure in un momento successivo tagliati a fettine e saltati in padella con lardo pestato.

Il brö brüsà
Ingredienti per 4 persone
un litro d'acqua, 90 g di farina, un bicchiere di olio extravergine di oliva del Garda, sale, pepe
Preparazione
Scaldate in una padella di ferro l'olio extravergine, quindi aggiungete la farina e fatela tostare a fuoco dolce, lentamente, continuando a mescolare con un cucchiaio di legno. La farina deve diventare di colore marrone scuro, senza però bruciare (la base così ottenuta può essere conservata in un vaso per diverso tempo e può servire per addensare altre minestre). Mettete a bollire l'acqua salata e aggiungete la farina tostata, stemperandola bene con una frusta. Salate e pepate a piacere. Dovrete ottenere un brodo denso.

Il castagnaccio
Ingredienti per una teglia di 22 cm
500 g di farina di castagne, 50 g di uvetta, 50 g di pinoli, 30 g di zucchero, 3 cucchiai di olio extravergine d'oliva del Garda, acqua, sale
Preparazione
Mettete a mollo l'uvetta in acqua tiepida.
A parte, versate la farina di castagne in una bacinella, aggiungetevi un pizzico di sale, lo zucchero e quindi l'acqua fino ad ottenere un impasto consistente come una pastella. Unitevi l'olio extravergine, i pinoli e l'uvetta. Preparate una tortiera bassa, unta e infarinata e versatevi l'impasto. Livellate la superficie e cuocete in forno preriscaldato a 180° per circa 30 minuti.

Le frìtole de pómi
Ingredienti per una dose
un litro di latte, 5 panini raffermi, 150 g di farina 00, 100 g di zucchero, un pizzico di sale, un uovo, 4-5 mele, un bicchierino di grappa, un limone, olio per friggere
Preparazione
Pere fare le frittelle di mele, cominciate unendo al latte la scorza grattugiata di un limone e mettete sul fuoco. Quando il latte è giunto ad ebollizione, spegnete e aggiungete il pane raffermo, che lascerete ad inzupparsi fino a che il latte non si sarà raffreddato. Tagliate le mele a fettine (oppure a dadolini) e versatele in una ciotola, unendovi tutti gli altri ingredienti con metà dello zucchero. Formate un impasto consistente. Scaldate l'olio per friggere e con un cucchiaio versate l'impasto nell'olio a piccole dosi. Friggete girando le frittelle una sola volta e quando diventano di colore nocciola, toglietele con una schiumarola e mettetele su carta assorbente, spolverizzandole di zucchero. Al composto potete aggiungere a vostro gusto dell'uvetta passa.

Il riso e latte
Ingredienti per 4 persone
un litro e mezzo di latte (possibilmente appena munto), 320 g di riso, un pizzico di sale, un cucchiaio di zucchero
Preparazione
Portate a bollore il latte aggiungendovi un pizzico di sale e lo zucchero. Buttate in pentola il riso e portate a cottura. Il riso dovrà risultare cremoso, della densità di una zuppa.

Gli spàrasi e óvi dùri
Ingredienti per 4 persone
1,6 kg di asparagi bianchi delle colline moreniche, 8 uova, olio extravergine d'oliva del Garda, sale, pepe, pane grattugiato, formaggio grana grattugiato
Preparazione
Mondate gli asparagi. Raschiateli con l'apposito attrezzo togliendo i filamenti più duri con un movimento dall'alto in basso. Pareggiateli eliminando la parte finale più legnosa. Legateli in 4 mazzetti. Metteteli a bollire in piedi in acqua salata, in modo che le punte fuoriescano dall'acqua (userete perciò una pentola alta e stretta). Nel frattempo, fate bollire a parte le uova per 10 minuti. Quando gli asparagi sono cotti, toglieteli dall'acqua e tagliate lo spago. Disponeteli nei piatti contornandoli con le uova bollite pelate e tagliate a metà. Condite con un emulsione d'olio extravergine, sale e pepe. Servite a parte pane e grana grattugiati: ciascun commensale potrà usare l'uno o l'altro ingrediente (o entrambi) per insaporire ulteriormente gli asparagi.

La brasadèla
Ingredienti per una teglia media
500 g di farina bianca, 200 g di zucchero semolato, 150 g di olio extravergine d'oliva del Garda, 4 uova, una bustina di lievito, un bicchiere di grappa, mezzo bicchiere di latte, sale; burro e farina per lo stampo
Preparazione
Le brasadèle sono dolci pasquali, e cioè delle ciambelle conosciute, con molte varianti, un po' in tutta l'area d'influenza veneta. Setacciate la farina e disponetela a fontana. Aggiungete lo zucchero, l'olio, le uova, il lievito e il sale. Mescolate fino ad ottenere un impasto omogeneo. Imburrate e infarinate una tortiera o uno stampo a ciambella e versatevi l'impasto distribuendolo in modo uniforme. Zuccherate la superficie e mettete in forno preriscaldato a 180° per 40 minuti circa. Una volta cotta, togliete la ciambella dal forno, capovolgetela e lasciatela raffreddare. Quindi rigiratela e servitela. Chi volesse esser fedelissimo alla tradizione, sappia che un tempo il "forno" era costituito da una pentola coperta e circondata da braci.

I bruscànsi coi ovi duri
Ingredienti per 4 persone
1,6 kg di bruscànsi (germogli del pungitopo), 8 uova, olio extravergine d'oliva del Garda, sale e pepe, aceto, formaggio grana grattugiato
Preparazione
Pulite i bruscànsi togliendo la parte finale più dura (quella cioè che era vicina alle radici). Lavateli in abbondante acqua, scolateli e legateli in quattro mazzetti. Portateli a bollore in acqua salata, tenendoli in piedi nella pentola e facendo in modo che le punte fuoriescano dall'acqua: userete perciò una pentola alta e stretta. Bollite a parte le uova per circa 9 minuti. Quando i bruscànsi sono cotti (15-20 minuti), toglieteli dall'acqua, tagliate lo spago che legava i mazzetti e disponeteli nei piatti. Conditeli con olio e sale pepe e grana e serviteli con le uova pelate, tagliate a metà e condite a loro volta con olio, pepe, sale e aceto.

Le paparèle coi fegadìni
Ingredienti per 4 persone
un litro e mezzo di brodo di carne, 40 g di burro, 80 g di cipolla, le frattaglie di una gallina (fegato, cuore, stomaco), rosmarino, sale
per la pasta: 200 g di farina, 2 uova, sale, acqua, un cucchiaino di olio extravergine d'oliva del Garda, formaggio grana grattugiato
Preparazione
Nettate accuratamente le frattaglie, lavatele in acqua corrente e tagliatele a dadolini. Tritate la cipolla. Passate a preparare le paparèle. Su una spianatoia, impastate la farina con un po' di sale, le uova, l'olio e l'acqua se necessario, fino ad ottenere un impasto elastico ed omogeneo. Fatelo riposare per 2 ore coprendolo con una ciotola. Tirate la sfoglia finissima ed uniforme e lasciatela asciugare per alcuni minuti, dopo averla spolverizzata con farina gialla. Arrotolate quindi la sfoglia su se stessa e tagliare le paparèle. L'abilità sta nel tagliarle sottilissime. Si usava un tempo a questo scopo un coltello ricavato dal ferro della falce. Disponete quindi le paparèle su un canovaccio, sparpagliandole per far sì che non s'attacchino tra di loro. Preparate adesso i fegadìni. Soffriggete dunque la cipolla nel burro, aggiungete le frattaglie e un rametto di rosmarino, salate e portate a cottura. In una pentola, portate ad ebollizione il brodo e cuocere le paparèle. Le servirete poi in brodo, aggiungendo uno o più cucchiai di fegadìni secondo il gusto dei commensali. Accompagnate con formaggio grana grattugiato.

I peladèi
Ingredienti per 4 persone
1 kg di marroni del Monte Baldo, una presa di sale grosso, un rametto di salvia, acqua
Preparazione
Sul Monte Baldo si chiamano peladèi le castagne lessate. Con un coltellino togliete la scorza ai marroni. Versateli in una pentola con l'acqua fredda, la salvia e il sale e metteteli a cuocere per 40 minuti circa. Scolateli dall'acqua e serviteli caldi.

Le raìse bollite
Ingredienti per 4 persone
400 g di scorzanera, olio extravergine del Garda, sale e pepe q.b.
Preparazione
Pelate e lavate le raìse(radici) di scorzanera e quindi lessatele in acqua salata. Conditele poi con olio extravergine del Garda ed aggiustatele di sale e pepe.

Il risotto co le ortìghe
Ingredienti per 4 persone
320 g di riso Vialone nano veronese, 50 g di cipolla per il fondo, 300 g di sedano, cipolla e carota in parti uguali per il brodo, 300 g di cime di ortiche novelle, 100 g di burro, formaggio grana grattugiato, sale, dado
Preparazione
Pulite sedano, cipolla e carota e tagliateli a grossi pezzi. Lavate l'ortica in acqua corrente e ponetene metà con le altre verdure in una pentola, riempiendola con 2 litri d'acqua. Mettete sul fuoco e fate cuocere fino a che il liquido di cottura si restringe a metà. Quindi filtrate e tenete al caldo, aggiungendo il dado. In un padellino soffriggete con 30 grammi di burro la cipolla e le rimanenti ortiche, realizzando una sorta di ragù. Tostate il riso in 30 grammi di burro e quindi bagnatelo col brodo bollente man mano che ce n'è bisogno. A tre quarti di cottura aggiungete il ragù di ortiche e finite di cuocere. Mantecate con burro e formaggio grattugiato fino a che il risotto diventa cremoso, all'onda. Regolate di sapore e servite.

Il risotto coi bruscànsi
Ingredienti per 4 persone
300 g di bruscànsi, 320 g di riso Vialone nano veronese, 60 g di burro, 50 g di cipolla, brodo dei bruscànsi, due cucchiai di olio extravergine d'oliva del Garda, formaggio grattugiato, sale e pepe
Preparazione
Tritate la cipolla e lavate i bruscànsi. In una pentola con acqua bollente salata cuocete i bruscànsi tenendoli al dente. Pescateli e raffreddateli. Tenete l'acqua di cottura quale brodo per il risotto. Soffriggete la cipolla tritata nell'olio e tostatevi il riso. Aggiungete dei mestoli di brodo man mano che il riso lo richiede, continuando a girarlo. Verso fine cottura aggiungete i bruscànsi e regolate di sapore. Togliete la pentola dal fuoco e mantecate col burro e il formaggio, mantenendo il risotto all'onda.

Il risotto col tastasàl
Ingredienti per 4 persone
320 grammi di riso Vialone Nano Veronese igp - 6,5 decilitri di ottimo brodo di carne, - 250 grammi di macinato di maiale (80% scannello, 20% guanciale) - 60 grammi di burro - 60 grammi di formaggio Grana Padano grattugiato - pepe, sale, cannella e rosmarino qb - dado qb
Preparazione
"Tastasàl" significa, letteralmente, "assaggia sale". È la carne di maiale pronta per essere insaccata: la si "assaggia" col risotto, in modo da verificare se il grado di salatura e di speziatura è quello desiderato. Condite la carne con sale e pepe macinato fresco, mettetela in una terrina e lasciatela riposare per circa un'ora. In una casseruola, fondete il burro, aggiungete un rametto di rosmarino e poi la carne, facendola rosolare per bene. Regolate di sale e di pepe, versate un goccino di brodo, coprite la casseruola con un coperchio e portate la carne a cottura lentamente. A cottura ultimata, estraete il rosmarino. Portate ad ebollizione il brodo. Quando giunge a bollore, versate il di riso, aggiungete il dado, coprite con un coperchio e fate cuocere a fiamma bassa. A cottura completata, il riso dovrà aver assorbito tutto il brodo e presentarsi sgranato. Spegnete il fuoco, aggiungete il ragù di carne e mescolate. Fate riposare il risotto per qualche minuto coperto, mescolandolo un paio di volte, in modo che la consistenza del Vialone si assesti e che il chicco di riso possa assorbire bene il condimento. Aggiungete il formaggio grattugiato, profumato con un pizzico di cannella. Mescolate ancora e servite.

I tortelli di zucca
Ingredienti per 4 persone
per la pasta: 200 g di farina, due uova, un cucchiaino di olio extravergine d'oliva del Garda, sale e acqua
per il ripieno: 250 g di zucca, 100 g di mostarda mantovana con il suo liquido, 50 g di amaretti, noce moscata, la scorza di mezzo limone, pangrattato, formaggio grana, burro fuso
Preparazione
Su una spianatoia, impastate la farina col sale, le uova, l'olio e l'acqua se necessaria, fino ad ottenere un impasto elastico ed omogeneo. Fatelo riposare per due ore, coprendolo con una ciotola. Tagliate la zucca, pulitela dai semi e mettete la quantità che vi interessa in forno ben caldo avvolta nella stagnola. Quando la zucca sarà cotta, levatele la buccia e fate raffreddare la polpa. Riducete quindi la polpa in poltiglia, aggiungetevi gli amaretti pestati, la noce moscata, il pangrattato, il grana, il limone grattugiato, la mostarda macinata e il suo liquido. Amalgamate bene e lasciate riposare. Tirate la sfoglia sottile. Ricavate dei quadrati o dei rettangoli, distribuiteci sopra il ripieno e formate i tortelli (quadrati, a barchetta, a tortellino grosso), schiacciandoli bene. Cuocete i tortelli in abbondante acqua salata e conditeli con burro fuso e grana.

Le verze empienìe
Ingredienti per una verza grossa
per il ripieno: 200 g di pan grattato, 80 g di grana grattugiato, un uovo, 30 g di prezzemolo tritato, 100 g di pancetta tritata o di salame, un filo d'olio extravergine d'oliva del Garda, sale, pepe
per la cottura: una cipolla, 30 g di burro, mezzo dl di olio extravergine d'oliva del Garda, acqua, rete di maiale o spago da cucina
le dosi possono variare a seconda delle dimensioni della verza
Preparazione
Private la verza delle foglie più dure, sbollentatela in acqua salata e lasciatela poi raffreddare. Passate alla preparazione del ripieno. Mescolate il grana con il pane grattugiato. Battete l'uovo con sale e prezzemolo. Unite l'olio e il salame tritato alla miscela di pane e formaggio ed amalgamate il tutto con l'uovo battuto. Farcite il centro della verza con il ripieno e richiudetegli intorno le foglie ad una ad una, intercalandole con un po' di ripieno. Ricomposta la verza, legatela con della rete di maiale o dello spago. Immergete la verza in una casseruola alta, con poca acqua, olio, burro ed una cipolla affettata fine. Cuocete adagio a fuoco dolce rigirando con attenzione ogni tanto, finché la verza diventi colorita. Tolta dalla casseruola, completate la cottura passandola in forno a calore moderato per 15 minuti.

I bogóni
Ingredienti per 4 persone
700 g di lumache con guscio, uno spicchio d'aglio, 50 g di prezzemolo, 100 g di cipolla, 200 g di biete, 1 dl di olio extravergine del Garda, mezzo bicchiere di vino bianco, 80 g di Parmigiano grattugiato, 20 g di concentrato di pomodoro, 3 dl di aceto, 200 g di farina gialla, sale e pepe e cannella q.b.
Preparazione
Spurgate le lumache per circa 20 giorni lasciandole a digiuno in un contenitore ben aerato. Quando decidete di cucinarle, bollite le lumache per 10 minuti in acqua salata dopo averle lavate più volte. Quindi sgusciatele e togliete l'intestino. Strofinatele per bene con un impasto di aceto e farina gialla. Lavatele ancora diverse volte in acqua fredda. Tritate la cipolla, l'aglio, il prezzemolo e la parte verde delle biete. Mettete i triti in un coccio con l'olio extravergine e friggeteli dolcemente. Aggiungete le lumache tagliuzzate a pezzetti. Sciogliete il concentrato di pomodoro nel vino bianco ed aggiungetelo alle lumache. Stufatele coperte per circa un'ora a fuoco lento. Aggiustate di sale e pepe, spolverate di cannella e Parmigiano e servite con polenta.

Il brö brusà coi fasoi
Ingredienti per 4 persone
100 g di patate , 200 g di fagioli, 120 g di tagliolini (paparèle), un litro di acqua, 90 g di farina, 50 g di olio extravergine del Garda, sale e pepe q.b.
Preparazione
Mettete a bagno i fagioli in acqua fredda per 8 ore. Lavateli e fateli cuocere in acqua partendo da freddo. A metà cottura unite le patate precedentemente pelate, lavate e tagliate in quattro. Quando i fagioli sono cotti, schiacciate le patate ed aggiungete il brö brusà preparandolo così: scaldate una padella di ferro, mettete l'olio extravergine e tostate la farina a fuoco dolce, continuando a mescolare con un cucchiaio di legno finché diventa di colore marrone scuro, senza però bruciare. Lasciate amalgamare la minestra qualche minuto e quindi buttare i tagliolini e cuocete quanto basta. Pepate e servite. Deve risultare una minestra molto densa e scura di colore ottima anche servita tiepida.

I brofadèi
Ingredienti per 4 persone
100 g di farina, 120 g di burro, 30 g di burro per friggere, mezzo bicchiere di latte, 4 uova intere, sale q.b., un litro e mezzo di brodo di carne, formaggio Grana grattugiato q.b.
Preparazione
In una terrina, ammorbidite 120 g di burro e lavoratelo a pomata con un cucchiaio di legno. Montatelo poi con una frusta unendo le uova una alla volta. Amalgamatelo con la farina setacciata e unite il latte poco alla volta. Regolate di sale. Scaldate il rimanente burro in una padella di ferro, versatevi il composto dello spessore di un centimetro circa, mettetelo al forno e fatelo dorare. Una volta pronto, raffreddatelo e tagliatelo a piccoli quadretti (sono i brofadèi). Bollite i brofadèi per pochi minuti in un buon brodo di carne e serviteli cosparsi di Grana grattugiato.

Il budì de most
Ingredienti per 4 persone
un litro di mosto d'uva, 80 g di farina
Preparazione
Setacciate la farina, mettetela in una casseruola e stemperatela aggiungendovi il mosto poco alla volta. Ponete a bollire il composto lentamente fino a che si ispessirà come un budino. Appena pronto, ponetelo in uno stampo e fatelo raffreddare. Mettere in frigo e servite dopo qualche ora.

I chiodini all'olio
Ingredienti
600 g di funghi chiodini, 100 g di olio extravergine di oliva del Garda, aceto, sale, pepe e prezzemolo q.b.
Preparazione
Pulite con cura i funghi scegliendo i più freschi e teneri. Portate ad ebollizione dell'acqua salata ed acidulata e gettatevi i chiodini lasciandoli bollire per 10 minuti circa. Scolateli e metteteli ad asciugare su di un telo. Una volta freddi, conditeli con olio, pepe, sale e un trito di prezzemolo fresco. Servite con polenta grigliata.

I chiodini trifolati
Ingredienti
600 g di funghi chiodini, 80 g di olio extravergine di oliva del Garda, sale, pepe e prezzemolo q.b., 2 spicchi d'aglio
Preparazione
Pulite con cura i funghi, lasciate interi i più piccoli e tagliate i più grossi nel senso della lunghezza. Bollite dell'acqua salata, immergetevi i funghi per qualche istante e quindi scolateli. In un tegame, soffriggete l'aglio in camicia nell'olio extravergine, toglietelo e aggiungete i funghi mantenendo la fiamma vivace. Portate a cottura, regolate di sale e pepe, spolverare di prezzemolo e servite con polenta.

Il chisöl
Ingredienti
500 g di farina, 200 g di strutto, 200 g di zucchero, 3 uova intere, una bustina di lievito per torte, 100 g di uvetta passa, la scorza di un limone grattugiata, latte q.b.
Preparazione
Montate lo zucchero con le uova e la scorza grattugiata del limone. Setacciate la farina con il lievito e unitela alle uova. Versate un po' di latte ed amalgamate. Aggiungete all'impasto l'uvetta, precedentemente messa a bagno per 15 minuti in acqua tiepida, asciugata e infarinata. Imburrate e infarinate una tortiera, versatevi il composto, livellate e cuocete in forno caldo a 180° per 30 minuti.

Il crèn
Ingredienti
300 g di radice di crèn, 100 g di mollica di pane, 120 g di aceto, latte, sale, zucchero q.b
Preparazione
Pelate, lavate ed asciugate il crèn. Grattugiatelo finemente raccogliendolo in un recipiente. Aggiungetevi la mollica di pane bagnata in poco latte e setacciata. Aggiustate di sale e pepe ed unite l'aceto, mescolando bene. Volendo conservare la salsa, mettetela in un vaso e copritela con un filo d'olio. Si usa con i bolliti misti.

Il cunèl en téia
Ingredienti
un coniglio giovane e carnoso di circa un chilo e mezzo, 80 g di burro, olio extravergine di oliva, uno spicchio d'aglio, rosmarino, salvia, un bicchiere di vino bianco secco, brodo q.b.
Preparazione
Tagliate il coniglio a pezzi più o meno uguali. Sciogliete il condimento in una teglia, aggiungete il rosmarino, la salvia, l'aglio e i pezzi di coniglio. Salate e fate rosolare a fiamma vivace la carne da ogni lato. Bagnate con il vino, fatelo evaporare e aggiungete il brodo fino a coprire. Mettete un coperchio e portate a tre quarti di cottura a fiamma bassa. Da ultimo togliete il coperchio e fate asciugare la salsa , badando che i pezzi siano croccanti esternamente e morbidi all'interno. Servite con polenta calda.

La fogàsa
Ingredienti per 4 persone
125 g di farina bianca, 125 g di farina gialla, 75 g di olio extravergine del Garda (per tradizione, si può usare in alternativa del grasso di maiale fuso oppure il fondo dell'olio extra vergine non filtrato, ma il risultato finale sarà molto più rustico), 1 dl di latte, 20 g di grappa, mezzo cucchiaino di bicarbonato di sodio, sale q.b.
Preparazione
Mettete tutti gli ingredienti in una terrina e impastate fino ad ottenere un composto omogeneo. Dividete l'impasto in 3-4 pezzi ed ungetelo. Tirate con il mattarello delle forme circolari alte un centimetro circa (o anche meno). Cuocete le fogàse sulla gradèla (graticola) calda, preferibilmente con braci di olivo, facendole abbrustolire per una decina di minuti da ambo le parti.

I sanvigilini
Ingredienti
un kg di farina bianca, 400 g di zucchero, 400 g di burro, 35 g di lievito, un pizzico di sale, la buccia di un limone, 400 g di uva sultanina, 6 uova intere
Preparazione
Impastate il burro (ammorbidito a cucchiaio, ma non fuso), la farina, lo zucchero, il lievito, il sale, la buccia grattugiata di limone e l'uva sultanina (lavata e asciugata). A parte, sbattete bene le uova intere e quindi unitele all'impasto. Amalgamate il tutto rapidamente, avendo cura di ottenere un impasto ben solido, dal quale trarrete dei ciuffetti (potete aiutarvi con un cucchiaino da tè), che disporrete sulla piastra del forno precedentemente imburrata. Mettete in forno a 180 gradi finché cominciano a dorare in superficie.

Ricette del Garda: piatti di acqua

Il ricettario è tratto dai volumi della serie "La cucina tradizionale del lago di Garda" di Isidoro Consolini, Angelo Peretti e Flavio Tagliaferro (edzioni associazione I Ghiottoni, Torri del Benaco)

Il risotto con la tinca

Ingredienti per 4 persone
600 g tinca, 320 g riso, 150 g cipolla, 300 g erbesìne o coste, un bicchiere di vino bianco secco, 40 g di burro, olio extravergine d'oliva del Garda, formaggio grana grattugiato, sale, pepe, prezzemolo tritato finemente e cannella; per il brodo: acqua, sedano, carota, cipolla, gambi di prezzemolo, vino bianco e sale; eventuale: concentrato di pomodoro
Preparazione
Pulite la tinca dalle interiora, tagliate la testa e scartatela (adottiamo la precauzione di eliminare la testa in quanto possibile fonte di odori sgradevoli). Lavate bene la tinca ed immergetela nell'acqua con tutti gli ingredienti del brodo. Portatela a cottura avendo cura di schiumare il brodo frequentemente. Una volta cotta, toglietela dal liquido, fatela raffreddare, levatele la pelle e spolpatela. Filtrate il brodo e mettetelo da parte per il risotto. In abbondante olio extravergine di oliva, soffriggete molto lentamente e a lungo la cipolla e le erbesìne tritate, aggiungendo il prezzemolo in un secondo momento. Unite al soffritto parte della polpa di tinca, sale, pepe e cannella. È anche in uso aggiungere a questo punto del concentrato di pomodoro diluito nel vino bianco. Una volta pronto il sugo, unitevi il riso e lasciatelo insaporire. Dopo alcuni minuti aggiungete il brodo bollente e portate a cottura il riso, mescolandolo sovente. A cottura ultimata mantecate il risotto con burro e grana grattugiato, aggiungendo alla fine la polpa di tinca rimasta. Servite il risotto morbido, "all'onda".

I bìgoi co le àole
Ingredienti per 4 persone
320 g di spaghetti (possibilmente al torchio), 1 dl di olio extravergine di oliva del Garda, 150 g di alborelle in salamoia, uno spicchio d'aglio
Preparazione
Asciugate le alborelle dalla salamoia senza lavarle. Privatele di testa e coda e tagliatele a pezzetti. In una padella, scaldate parte dell'olio, aggiungete lo spicchio d'aglio in camicia e quindi le alborelle e cuocete per 10 minuti. Togliete l'aglio, spegnete il fuoco ed aggiungete il rimanente olio crudo. Cuocete i bigoli in abbondante acqua con pochissimo sale (il sugo è già abbondantemente salato). Scolateli, metteteli in una pirofila e conditeli con la salsa. A piacere, si possono aggiungere alla salsa, durante la preparazione, altri aromi, come ad esempio alloro, rosmarino, salvia ed anche qualche filetto di sardina sott'olio a trancio.

Le sardéne en saór
Ingredienti
8 sardéne, un kg di cipolle bianche, olio extravergine d'oliva del Garda, un quarto di litro d'aceto, un quarto di litro di vino bianco, sale, pepe, farina
Preparazione
Spurgate le sardine, lavatele, asciugatele e infarinatele leggermente. Scaldate l'olio e friggetevi le sardine, portandole a tre quarti di cottura. Mettetele poi ad asciugare su di una carta assorbente. In un tegame, preparate il saór facendo imbiondire in un decilitro d'olio extravergine la cipolla grossolanamente tagliata; aggiungetevi quindi l'aceto e il vino bianco e cuocete a tegame scoperto per circa 20 minuti. Salate e pepate. Disponete sul fondo di una pirofila le sardine fritte, salatele leggermente e cospargetele con il saór caldo, lasciando marinare per almeno un giorno. È un ottimo e classico antipasto da servire freddo, oppure tiepido con polenta abbrustolita. A piacere potete aggiungere al saór pinoli e uvetta.

Il sisàm
Ingredienti per 4 persone
80 g di alborelle secche, 750 g di cipolle, un quarto di litro di olio extravergine di oliva del Garda, una foglia d'alloro, 2 foglie di salvia, un chiodo di garofano, mezzo rametto di rosmarino, mezzo cucchiaio di zucchero, un quarto d'un bicchiere d'aceto, un quarto d'un bicchiere di vino bianco, sale.
Preparazione
Private della testa le alborelle secche, tagliatele a pezzetti e passatele su di una piastra ben calda. Tagliate grossolanamente le cipolle e friggetele in olio extravergine con tutti gli aromi. Regolate di sale e aggiungete l'aceto, il vino bianco, lo zucchero e le alborelle e lasciate cuocere il tutto a fuoco lentissimo per circa un'ora. A cottura completata, lasciate intiepidire il sisàm, che servite poi accompagnato con della polenta abbrustolita.

Il carpione ai ferri
Ingredienti
un carpione, olio extravergine di oliva del Garda, sale
Preparazione
Pulite il carpione, salatelo all'interno e passatelo nell'olio. Mettetelo sulla graticola senza aggiungere alcun aroma a motivo della particolare delicatezza delle carni. Pennellatelo sovente con l'olio extravergine fino a cottura avvenuta. Servitelo caldo con un filo d'olio crudo.

Il luccio in salsa
Ingredienti per 4 persone
un luccio da 600 g, 1 dl di aceto di vino bianco, mezzo litro di vino bianco, un paio di litri d'acqua, 80 g di cipolla, 80 g di sedano, 80 g di carote, un mazzo di gambi di prezzemolo, 2 foglie di alloro, una manciata di capperi sott'aceto, sale, pepe, prezzemolo tritato, cannella, qualche acciuga salata
Preparazione
In abbondante acqua, preparate un court-bouillon con l'aceto, il vino gli aromi e le verdure. Portatelo ad ebollizione per 15 minuti, fatelo raffreddare ed immergetevi il luccio pulito e lavato. Rimettete la pentola sul fuoco e cuocete facendo in modo che l'acqua non arrivi mai a piena ebollizione. A cottura ultimata, estraete il pesce dal liquido di cottura e fatelo raffreddare, quindi spolpatelo e disponetelo in una pirofila. Per la salsa, sminuzzate le acciughe, aggiungete un battuto di capperi e il prezzemolo e soffriggete in metà dell'olio extravergine. Versate la salsa sul pesce già spolverizzato di cannella e pepe macinato. Lasciate riposare per un paio d'ore aggiungendo il rimanente olio extravergine di oliva crudo. Servite con polenta abbrustolita.

L'anguilla en sguasét
Ingredienti per 4 persone
800 g di anguilla a tranci, 100 g di erbette pulite (erbesìne, biete), 100 g di cipolla, mezzo cucchiaio di concentrato di pomodoro, olio extravergine di oliva del Garda, 400 g di piselli sbucciati, un bicchiere di vino bianco secco, prezzemolo, sale, pepe, brodo di carne
Preparazione
Tritate le verdure a tocchetti. In un tegame, scaldate un po' d'olio e soffriggetevi le verdure lentamente. In un padella, rosolate i tranci d'anguilla. Sgrassate, deglassate utilizzando metà del vino bianco e lasciate consumare a fuoco lento. Unite l'anguilla al soffritto di verdure e aggiungete il concentrato di pomodoro diluito nel restante vino, ed i piselli. Bagnate se necessario con poco brodo. Regolate di sale e pepe e cuocete per circa 20 minuti a fuoco lento. A cottura ultimata, aggiungete il prezzemolo tritato e servite con polenta calda, polenta abbrustolita o pane casereccio.

Le àole a scotadèo
Ingredienti per 4 persone
400 g di alborelle, olio extravergine di oliva del Garda, sale, pepe, prezzemolo tritato, 4 spicchi di limone
Preparazione
Sciacquate le alborelle, scolatele, asciugatele per bene, passatele in un'emulsione di olio extravergine di oliva, sale e pepe. Cuocetele su una griglia ben calda, girandole una sola volta. A cottura ultimata, pennellatele con l'emulsione e spolverizzatele di prezzemolo. Servite con spicchi di limone e polenta calda.

Le àole salè su la gradèla
Ingredienti per 4 persone
150-200 g di alborelle sotto sale, olio extravergine d'oliva del Garda, farina gialla
Preparazione
Sciacquate le alborelle in acqua corrente, asciugatele, passatele nell'olio e nella farina gialla ed arrostitele poi sulla graticola. Servitele con polenta abbrustolita, bagnate con un filo d'olio extravergine d'oliva.

Le àole séche
Ingredienti
1,5 kg di alborelle appena pescate, 250 g di sale, aglio, alloro, salvia
Preparazione
Mescolate le alborelle con il sale e lasciatele in una bacinella per circa 2 ore, rigirandole di tanto in tanto. Quindi pulitele dal sale e ponetele su di un'arèlla (graticcio) al sole per 2 giorni. Spezzettate grossolanamente gli aromi e mescolateli alle alborelle essiccate. Riponete il tutto in sacchetti di tela che conserverete in un locale asciutto, fresco ed aerato.

La carpa fritta
Ingredienti per 4 persone
una carpa pulita da 800 g, un litro di olio extravergine di oliva del Garda, farina bianca, sale, ciuffi di prezzemolo, 4 spicchi di limone
Preparazione
Pulite e squamate la carpa. Tagliatela a tranci eliminando la testa e la coda. Scaldate l'olio extravergine. Lavate ed asciugate bene la carpa, infarinatela e friggetela nell'olio ben caldo fino a dorarla. Quindi asciugatela su carta assorbente, salatela e servitela immediatamente guarnita di prezzemolo e spicchi di limone.

Il carpione al cartoccio
Ingredienti
un carpione, uno spicchio d'aglio in camicia, un paio di fettine di limone, olio extravergine d'oliva del Garda, un rametto di rosmarino, sale
Preparazione
Il carpione è molto raro e già trovarne uno da cucinare è un'impresa: per questo non abbiamo fornito negli ingredienti l'indicazione del peso. Pulite dunque il carpione, lavatelo ed asciugatelo. Mettetegli nel ventre l'aglio, le fettine di limone, il rametto di rosmarino e quindi salatelo, cospargetelo con poco olio e avvolgetelo in carta da forno. Cuocetelo in forno caldo a 180° per il tempo necessario a seconda del peso del carpione. Servite il cartoccio aperto, avendo cura di togliere gli aromi e di irrorare il pesce con un filo d'olio extravergine.

Il carpione bollito
Ingredienti
un carpione, vino bianco secco, acqua, 50 g di cipolla, 50 g di sedano, 50 g di carote, un gambo di prezzemolo, un paio di foglie di alloro, mezzo limone spaccato a quarti, olio extravergine d'oliva del Garda, sale, prezzemolo
Preparazione
Le dosi degli ingredienti sono puramente indicative e riferite a un carpione di media grandezza. Ovviamente vanno adeguate al pesce di cui disporrete. In una pesciera munita di griglia, preparate il liquido di cottura (court-bouillon) con acqua, vino, tutti gli odori e le verdure e portatelo ad ebollizione per 15 minuti. Raffreddatelo ed immergetevi il carpione pulito e lavato. Rimettete la pentola sul fuoco e cuocete facendo in modo che l'acqua non arrivi mai a piena ebollizione. Una volta cotto, estraete il carpione dal liquido di cottura, toglietegli la testa, la coda e la spina centrale, sistemate i filetti su di un vassoio e conditeli con olio extravergine e prezzemolo appena tritato.

Il cavasì ai ferri
Ingredienti per 4 persone
1,6 kg di cavedani, olio extravergine d'oliva del Garda, sale, pepe, prezzemolo, un limone
Preparazione
Pulite i cavedani dalle interiora, lavateli internamente (per la cottura alla griglia è meglio non squamarli), asciugateli e salateli. Pennellateli d'olio e cuoceteli sulla griglia calda, girandoli una sola volta. Serviteli su di un vassoio con un filo d'olio extravergine, guarniti di ciuffi di prezzemolo e quarti di limone.

I filetti di bòsa fritti
Ingredienti per 4 persone
600 g circa di filetti di bottatrice, uova, pangrattato, farina, olio extravergine d'oliva del Garda, sale, spicchi di limone
Preparazione
Impanate i filetti di bottatrice, passandoli prima nella farina, poi nelle uova battute diluite con poca acqua e sale, e infine nel pangrattato. Cuoceteli nell'olio ben caldo. Asciugateli per un attimo su carta assorbente. Regolateli di sale e serviteli ancora bollenti, guarniti con spicchi di limone.

Le sardéne en cónsa
Ingredienti
un kg di sardène (sardelle di lago, agoni), 160 g di sale, due spicchi d'aglio, 4-5 foglie di alloro appassito, olio extravergine d'oliva del Garda
Preparazione
Pulite le sardéne e togliete loro testa, coda e ventre. Mettetele quindi sotto sale in una bacinella per circa 48 ore. Dopo averle lavate in acqua corrente, distendetele per bene e fatele asciugare al sole, facendo attenzione che non abbiano a seccarsi. Lasciatele quindi riposare a freddo almeno 2 ore. Successivamente, disponetele ordinatamente in un vaso con l'aglio e l'alloro e copritele con olio extravergine di oliva. I filetti (si sfilettano al momento dell'uso con estrema facilità) possono essere consumati dopo 45 giorni scaldati nell'olio, dopo 180 giorni crudi a mo' di acciughe. Sono ottimi anche arrotolati con un cappero.

L'anguilla allo spiedo
Ingredienti per 4 persone
4 anguille di media grandezza (se sono grosse, togliete la pelle), olio extravergine d'oliva del Garda, 3 cucchiai di aceto di vino rosso, il succo di mezzo limone, alcune foglie di alloro, sale e pepe
Preparazione
Tagliate le anguille a tranci di 4-5 cm.
Preparate una bagna emulsionando aceto, sale, pepe, il succo del limone e l'olio. Infilzate negli spiedini i tranci d'anguilla, alternandoli a foglie d'alloro: li porrete a cuocere ai ferri sulle braci, bagnandoli spesso con l'emulsione. L'anguilla cucinata in questa maniera è ottima soprattutto servita con un'insalatina di lattuga.

Le àole fritte
Ingredienti per 4 persone
400 g di alborelle appena pescate, olio extravergine d'oliva del Garda, farina bianca, sale
Preparazione
Lavate ed asciugate bene le alborelle, infarinatele e friggetele in olio d'oliva ben caldo. Ritiratele e mettetele ad asciugare per un attimo su un foglio assorbente. Salatele e servitele immediatamente, caldissime, con polenta appena fatta. Un tempo c'era chi usava far colazione con àole fritte calde e polenta fredda.

Il cavasì a squaquaciò
Ingredienti per 4 persone
1,2 kg di cavedano, 400 g di piselli, 100 g di cipolla, 50 g di sedano, 50 g di carote, 100 g di erbesìne (coste novelle), 1 dl di olio extravergine di oliva del Garda, 30 g di burro, prezzemolo, vino bianco, farina, sale, mezzo cucchiaio di concentrato di pomodoro
Preparazione
Pulite e squamate il cavedano, tagliatelo a tranci eliminando testa e coda, infarinatelo e friggetelo in olio ben caldo. Mettete i tranci su carta assorbente, salateli e teneteli in caldo. A parte, stufate i piselli in una teglia nella quale avrete già fatto soffriggere le verdure sminuzzate in olio e burro. Diluite il concentrato di pomodoro con poco vino bianco ed aggiungetelo ai piselli. Regolate di sapore e portate a cottura. Adagiate i tranci di cavedano in una pirofila, copriteli con lo stufato di piselli e passateli in forno a 160° per 10 minuti. Spolverizzate di prezzemolo e servite.

Il cavasî fritto
Ingredienti per 4 persone
alcuni giovani cavedani puliti per un totale di circa 1.600 g oppure un grosso cavedano dello stesso peso, olio extravergine d'oliva del Garda, farina bianca, sale
Preparazione
Squamate lavate ed asciugate bene i cavedani. Se si tratta d'un esemplare unico di grossa mole, tagliatelo a tranci eliminando testa e coda. Infarinate i pesci (o i tranci) e friggeteli in olio extravergine ben caldo. Ritirate i pesci (o i tranci) e metteteli ad asciugare su un foglio assorbente. Salate e servite immediatamente con polenta calda.

I filetti di persico al burro
Ingredienti per 4 persone
600 g di filetti di persico reale, un uovo, pangrattato, burro
Preparazione
Impanate i filetti di persico con l'uovo e il pangrattato. Cuoceteli in una noce di burro, rosolandoli da ambo le parti. Toglieteli dalla padella e serviteli immediatamente, regolando di sale.

I filetti di persico fritti
Ingredienti per 4 persone
600 g di filetti di persico reale, un uovo, pangrattato, farina, burro, sale, spicchi di limone, olio extravergine d'oliva del Garda, prezzemolo
Preparazione
Miscelate il pangrattato con la farina. Battete l'uovo con poca acqua e sale. Passate i filetti di persico prima nell'uovo e poi nella miscela di pane e farina, pressandoli bene. In un saltiere, scaldate il burro e l'olio. Quando sono ben caldi, aggiungete i filetti di persico e rosolateli da ambo le parti. Quindi toglieteli e fateli asciugare su carta assorbente. Regolateli di sale e serviteli con spicchi di limone e ciuffi di prezzemolo.

Il lavarello ai ferri
Ingredienti per 4 persone
1.200 g di lavarello, olio extravergine d'oliva del Garda, alloro, salvia, rosmarino, prezzemolo, sale
Preparazione
Tritate gli aromi. Pulite i lavarelli, salateli ed insaporiteli all'interno con il trito degli aromi. Passate i pesci nell'olio e metteteli a cuocere sulla griglia, girandoli una sola volta. Serviteli fumanti, irrorati d'olio extravergine crudo.

Il luccio in bianco
Ingredienti per 4 persone
un bel luccio da g 1.200 circa (oppure un paio di lucci da sei etti), 1 di olio extravergine d'oliva del Garda, 5 dl di vino bianco secco, acqua, 80 g di cipolla, 80 g di sedano, 80 g di carote, un mazzo di gambi di prezzemolo, 2 foglie di alloro, 1 dl di aceto di vino rosso, sale e pepe, quarti di limone, prezzemolo tritato
Preparazione
Preparate un court-bouillon con l'acqua, il vino, l'aceto, gli aromi e le verdure. Portatelo ad ebollizione per 15 minuti, fatelo raffreddare e poi immergetevi il luccio pulito e lavato. Rimettete sul fuoco e cuocete facendo in modo che l'acqua non arrivi mai a piena ebollizione. Una volta, cotto estraete il pesce e fatelo raffreddare. Quindi togliete la testa e coda, aprite il luccio a libro, spinatelo molto accuratamente e disponete i pezzi di polpa in una pirofila. Condite con sale ed olio extravergine del Garda, guarnite con prezzemolo tritato e servite con quarti di limone.

Le sardéne òio persémol e ài
Ingredienti per 4 persone
8 sardine di lago, un mazzetto di prezzemolo, 2 spicchi d'aglio schiacciati, il succo di un limone, olio extravergine d'oliva del Garda, sale e pepe
Preparazione
Pulite le sardine e cuocetele alla griglia sulle braci. Tritate il prezzemolo. Preparate un'emulsione con l'olio, il succo di limone, il sale, il prezzemolo e l'aglio. Aprite e diliscate le sardine e irrorate i filetti con l'emulsione. Lasciate insaporire i filetti e poi serviteli come antipasto caldo o freddo che sia.

Le sardéne sotto sale
Ingredienti
1 kg di sardine di lago appena pescate, 250 g di sale, rosmarino, aglio, alloro, salvia
Preparazione
Spurgate le sardine con una leggera pressione sul ventre in direzione caudale. Fatele "asciugare" (non essiccare!) al sole per un'intera mattinata e quindi lasciatele a raffreddare all'ombra. Mescolate il sale con gli aromi nella quantità che preferite. In un vaso di vetro, o ancor meglio in un pilét (un contenitore di pietra), alternate strati di pesce e strati di sale aromatizzato, terminando con il sale. Prendete un sasso di lago liscio, lavatelo, asciugatelo e mettetelo sopra le sardine in modo da pressarle leggermente. Conservatele in un luogo fresco e buio e consumatele non prima di 90-120 giorni.

Ricette di itinerario

Le ricette degli itinerari del gusto
"Itinerari del gusto" è una pubblicazione della Comunità del Garda che descrive le offerte enogastronomiche della regione gardesana. Ecco le ricette più significative delle varie aree della riviera gardesana, scritte e selezionate da Angelo Peretti per "Itinerari del gusto": un piatto per ciascuna delle sei aree in cui si può suddividere il Garda. Per leggere gli "itinerari del gusto" vai al sito internet della Comunità del Garda: www.lagodigarda.it

Il Garda trentino
La carne salàda coi fagioli
Ingredienti per 4 persone
600 g di fette di carne salàda, 200 g di fagioli secchi, 100 g di cipolla, olio extravergine del Garda, rosmarino, salvia, sale e pepe.
Preparazione
Rosolate nell'olio la cipolla affettata, aggiungete i fagioli (che avrete messo in ammollo la sera prima), la salvia e il rosmarino tritati. Coprite di acqua tiepida, aggiustate di sale e pepe e cuocete lentamente. Scottate la carne sulla piastra, conditela con l'olio e servitela con i fagioli. Ottima carne salàda può essere acquistata nelle macellerie del Garda. Chi volesse provare a preparala in casa deve prendere della fesa di manzo, togliere il grasso, tagliarla a grossi pezzi e sfregarla molto bene col sale grosso. Sul fondo di una bacinella vanno messi sale grosso, alloro, aglio, bacche di ginepro, pepe in grani e poco rosmarino. Vi si adagiano poi i pezzi di carne, che vanno coperti ancora con sale e aromi. La bacinella va chiusa con un un coperchio sopra il quale va posto un peso per pressare la carne. Si lascia sotto pressione per una decina di giorni e poi si serve.

L'alto Garda besciano
I filetti di trota agli agrumi
Ingredienti per 4 persone

una trota salmonata da 1 kg circa, 3 limoni del Garda, 1 arancia da coltivazione biologica, olio extravergine d'oliva del Garda.
Preparazione
Pulite la trota e sfilettatela. Lavate i filetti e poneteli a macerare per ventiquattro ore in succo di limone ed olio extravergine d'oliva. Tagliate i filetti a fettine sottili, bagnateli con altro olio e guarniteli con la buccia d'arancia tagliata a bastoncini. Accompagnate la trota con crostini di pane caldo e riccioli di burro. Il piatto non è rigorosamente tradizionale, ma è ormai frequente nei menù dei ristoranti del lago di Garda ed esalta i tre prodotti caratteristici della riviera: pesce, agrumi e olio d'oliva. L'uso della trota salmonata, proveniente non dalle acque del lago, bensì da quelle fluviali degli allevamenti dell'entroterra gardesano, è coerente con la tradizione locale. In passato nell'Alto Garda bresciano era infatti celebre la trota "moniaga" o "miniata" che viveva nel torrente Toscolano, citata in numerosi testi di cucina fra il Cinquecento e l'Ottocento.

La Valtènesi
Il coregone ai ferri
Ingredienti per 4 persone

1,2 kg di coregone, olio extravergine d'oliva del Garda, alloro, salvia, rosmarino, prezzemolo, sale; per le salse: prezzemolo, capperi, aglio, alborelle salate.
Preparazione
Pulite i coregoni, salateli ed insaporiteli all'interno con gli aromi tritati. Passate i pesci nell'olio e metteteli a cuocere sulla griglia, girandoli una sola volta. Serviteli caldi, irrorati d'olio crudo. Niente limone, che "brucia" la carne del pesce. Introdotto nel Garda nel corso del Novecento, il coregone è divenuto, insieme con il tartufo, uno degli emblemi della cucina della Valtenesi. I ristoranti della zona lo propongono in decine di maniere diverse, abbinato col Chiaretto. Nell'uso domestico il coregone viene invece cotto alla brace, irrorandolo con un filo d'olio extravergine, che ne esalta la leggerezza. Potete servirlo con della salsa verde ricavata unendo all'olio extravergine un trito di prezzemolo, capperi e poco aglio. Potete anche insaporire con una salsa di alborelle, ottenuta soffriggendo nell'olio uno spicchio d'aglio e alcune alborelle in salamoia tritate.

I colli storici
I caponsèi
Ingredienti per 4 persone

300 g di pangrattato, burro, mezzo litro di brodo, 3 uova, aglio, prezzemolo, noce moscata, salvia, formaggio grana grattugiato, sale, pepe.
Preparazione
Riscaldate poco burro in una teglia e saltateci dentro brevemente il pangrattato, mescolando bene. Sempre tenendo mescolato, versate lentamente il brodo bollente, formando un impasto. Lasciate raffreddare. Tritate uno spicchio d'aglio e un ciuffo di prezzemolo e aggiungeteli all'impasto insieme a una grattatina di noce moscata. Regolate di sale e di pepe e amalgamate con le uova. Dividete l'impasto in pezzettini e lavorateli fra i palmi delle mani sino a ricavarne i caponsèi: delle specie di gnocchi lunghi 4-5 centimetri, un po' più gonfi al centro. Fateli riposare su uno strofinaccio e poi buttateli in acqua bollente salata, togliendoli man mano che vengono a galla. Metteteli su un vassoio, irrorateli di burro fuso aromatizzato con la salvia e cospargeteli generosamente di formaggio grattugiato. È una ricetta tipica dell'Alto Mantovano.

Il medio lago veronese
Il risotto con la tinca
Ingredienti per 4 persone

una tinca da circa 600 g, 320 g di riso Vialone nano veronese igp, 150 g di cipolla, 300 g di biete o coste, 1 bicchiere di vino bianco secco, 40 g di burro, olio extravergine d'oliva del Garda, formaggio grana grattugiato, sale, pepe, prezzemolo tritato finemente, cannella, concentrato di pomodoro; per il brodo: acqua, sedano, carota, cipolla, gambi di prezzemolo, vino bianco e sale.
Preparazione
Pulite la tinca e lessatela nell'acqua con gli ingredienti del brodo. A cottura ultimata, spolpate la tinca, filtrate il brodo e conservatelo per il risotto. Versate abbondante olio sul fondo di una pentola e soffriggeteci lentamente la cipolla e le biete tritate. Aggiungete il prezzemolo. Unite al soffritto parte della carne di tinca, sale, pepe, cannella e un po' di concentrato di pomodoro diluito nel vino. Versate il riso. Dopo alcuni minuti aggiungete il brodo bollente. A cottura ultimata mantecate il risotto con burro e grana grattugiato, unendovi alla fine la polpa di tinca rimasta. Il risotto deve risultare morbido, "all'onda".

L'alto Garda veronese e il Monte Baldo
La minestra di castagne
Ingredienti per 4 persone

100 g di patate, 80 g di sedano, 80 g di carote, 100 g di cipolla, 100 g di verza, 50 g di fagioli, 200 g di castagne (marroni tipici di San Zeno di Montagna), 1 spicchio d'aglio, qualche rametto di rosmarino, 2-3 croste di formaggio grana, olio extravergine d'oliva del Garda, sale e pepe.
Preparazione
Pelate i marroni e cuoceteli in acqua salata aromatizzata con poche foglie di salvia, tenendoli poi da parte. Versate poco olio sul fondo di una pentola, scaldatelo e soffriggetevi il rosmarino e l'aglio schiacciato. Togliete gli aromi e aggiungete i fagioli e tutte le verdure tagliate a pezzi non troppo grossi e più o meno uguali. Coprite d'acqua, salate e fate cuocere a pentola scoperta schiumando quando necessario. Verso fine cottura unite anche i marroni lessati e le croste di formaggio. Regolate di sapore e completate la cottura. Servite la zuppa in ciotole individuali, condita con olio extravergine e pepe macinato al momento. È una gustosa ricetta tipica del Monte Baldo, variante montanara della classica minestra di fagioli veneta.

Ricette tratte dagli "Itinerari del gusto della Comunità del Garda"
www.lagodigarda.it

Storie di piatti gardesani: piatti di terra

La storia e le tradizioni dei piatti fondamentali del lago di Garda
Le dieci ricette fondamentali della più autentica tradizione del lago di Garda, trascritte da Isidoro Consolini e Flavio Tagliaferro e commentate da Angelo Peretti nei volumetti della serie "La cucina tradizionale del lago di Garda": Risotto con la tinca, Bìgoi co le àole, Minestrone con le castagne, Sardéne en saor, Sisàm, Carpione ai ferri, Luccio in salsa, Polenta carbonèra, Anara col pién, Carne salàda.

Piatti di terra

La polenta carbonéra
La polenta carbonàra - o carbonéra, come si dice in ampia parte del territorio di Brenzone - simboleggia quasi l'incontro gastronomico fra la riviera gardesana, contraddistinta dalla produzione olearia, e i pascoli baldesi, che forniscono il latte per rustici formaggi.
Si tratta di un forte, robusto, gustosissimo "piatto unico" che ammette una variante: l'aggiunta o meno della salamella durante la cottura. Certo non è il massimo della leggerezza e della digeribilità, ma merita senz'altro l'attenzione degli appassionati della cucina del territorio.
Probabilmente l'introduzione in area baldense della carbonéra è legata ai traffici intercorrenti fra le opposte sponde lombarde e venete, quando l'alto lago poteva comunicare solo per via d'acqua (la strada Gardesana orientale è degli anni Venti). A testimonianza di quei traffici veneto-lombardi c'è il dialetto che si parla a Brenzone e Malcesine, ricco di inflessioni bresciane o addirittura bergamasche, ma anche questa polenta coi formaggi, parente prossima della polenta taràgna lombarda. Le somiglianze fra i due piatti sono infatti davvero molte, anche se sul Baldo non si discute la farina gialla, mentre nelle valli lombarde si predilige quella scura, di grano saraceno, da sola o mescolata con l'altra.
La cottura è lenta, coi pezzi di diversi formaggi che si fondono con la polenta. E poi eccola in tavola. Quel che rimane lo si può lasciar raffreddare per il giorno dopo, quando verrà abbrustolita sulla graticola, assumendo nuove sfumature di sapore (Peretti 1994: 75-81).
Polenta e formaggio, dunque. In un connubio tipico della storia gastronomica italiana. Già all'epoca romana, infatti, quando il mais non lo si conosceva e si facevano delle "polentine" (il termine latino è "pultes") con farine di farro, di miglio o d'altro ancora, s'usava unirvi in cottura qualche altro ingrediente. "Le farinate romane - scrive Giulia Carazzali annotando un'edizione dell'"Arte culinaria" di Apicio - sono delle polentine fatte con semola, latte o acqua bollente e sale, ben mescolati, così da ottenere una pasta densa che si mangia col cucchiaio. Questa però è la preparazione di base perchè, in genere, si versa in questa polentina un po' di tutto: piselli, ceci, carne, pollo, pesci freschi e conservati, erbe fini, ed altro ancora" (Apicio 1990: 299). E fra gli ingredienti aggiunti c'era anche il formaggio, per creare le polente "caseate" forse progenitrici di quelle baldensi e gardesane (Valerio 1989: 219).

L'ànara col pién
L'anatra, la gallina o il tacchino cotti col pién, e cioè con una farcia fatta essenzialmente di pane, prezzemolo, aglio ed eventualmente d'altri ingredienti erano (e in parte ancora sono) un piatto da grandi occasioni: matrimoni, battesimi e feste comandate.
Forse sul Garda la carica simbolica, oggi a dire il vero quasi del tutto svanita, che accompagnava questa lavorazione gastronomica appartiene all'eredità veneziana. E non sappiamo se l'averne fatto il piatto principe della sagra della "Quarta d'agosto" che si tiene annualmente a Costermano, nell'immediato entroterra del Garda veronese, la quarta domenica agostana sia da attribuire o no a questa ritualità perduta.
"Consuetudine" era peraltro servire il 24 agosto, festa di San Bartolomeo, l'anatra arrosto, o "anatra grassa", a Carpenedolo, nel Bresciano (Mazza 1997: 181). E ad Orzinuovi, pure in provincia di Brescia, la fiera dell'agricoltura, che s'apre generalmente verso fine agosto, "offre la possibilità, a quanti visitano la fiera, di gustare nelle trattorie alcuni piatti particolari della Bassa come la Polastra co l'èmpiöm, pollastra ripiena" (Mazza 1997: 183).
L'uso di cucinare l'anatra ripiena pare in particolare legare un certo senso le abitudini culinarie gardesane a quelle veneziane, dato che questo a Venezia è il piatto tipico della notte del Redentore, quando le trattorie, quelle ancora fedeli alla tradizione, finiti i fuochi d'artificio, lo portano in tavola insieme ad altre pietanze che potremmo definire in qualche modo "rituali" (Coltro 1983: 185).
Era una sorta di rito in talune famiglie anche la spartizione delle varie porzioni dell'animale cucinato. Vigeva infatti l'usanza - che valeva per tutti gli animali d'aia che si cucinavano - d'assegnare a ciascuno una parte predeterminata: per esempio la coscia andava al capo famiglia, il collo e le zampe toccavano ai bambini e così via. Ed era forse questo un retaggio delle consuetudini apprese attraverso chissà quali percorsi dall'arte degli scalchi delle corti signorili, ma anche la riaffermazione di una rigida suddivisione dei ruoli, che a tavola forse più che altrove trovava immancabile applicazione.
Che valesse o no quest'abitudine nella spartizione delle porzioni, comunque non c'era famiglia dove non s'usasse servir separatamente i pezzi di volatile e il pién, offrendo di questo una porzione commisurata ai gusti dei commensali. E le parti che avanzavano potevano essere riscaldate il giorno dopo sulla graticola.

La carne salàda
La carne salàda, che le trattorie ed i ristoranti dell'area trentina del Garda propongono quasi immancabilmente nei loro menu, gode di meritata fama.
Questa carne saporita la si gusta cruda a fettine sottili o scaldata alla piastra. Ed è forse una "memoria storica". Per secoli uno dei grandi problemi dell'umanità è stato infatti quello di conservare il cibo. E la salatura era fra le tecniche più utilizzate. Il sale, infatti, ha la proprietà di rendere conservabili i cibi e di distruggere i batteri contenuti nelle derrate alimentari. La capacità "conservativa" del sale ha dunque rappresentato a lungo "la principale valvola di sicurezza del sistema di sopravvivenza, consentendo forme di immagazzinamento e stoccaggio delle scorte alimentari che solo da pochi decenni sono state affidate prevalentemente ad altri sistemi" (Montanari 1988: 184-185).
Qui e là sono rimaste ancora oggi memorie di quelle antiche pratiche. Ad esempio in area veneta un buon lesso misto non è mai privo di qualche fetta di lingua salmistrata. Da Mosto annota che "non è un caso che le carni conservate sotto sale siano, nel Veneto, particolarmente buone e gustose", dato che la tradizione risalirebbe al "monopolio del sale" instaurato dalla Serenissima (Da Mosto 1985: 278-279).
Per quanto attiene più specificatamente la carne salàda del Garda trentino, se ne trova forse traccia in un documento che elenca i beni di Castel Tenno. E' un inventario stilato il primo marzo del 1515 dal vicario di Tenno, Antonio Beriano, a beneficio del vescovo Bernardo Cles. Vi vengono elencati esclusivamente i beni mobili del castello e in particolare dei locali adibiti a stanza da letto, cucina e cantina. "L'inventario - scrive Graziano Riccadonna - può fornire una serie di appunti per una storia della gastronomia locale, non tanto per gli alimenti citati quanto per la carne salada de bove et de porco, laddove l'autentica originalità deriva dal riferimento alla carne salata di maiale, al posto del più consueto e tradizionale manzo" (Riccadonna 1994: 54).
Risale forse allo stesso periodo una ricetta che troviamo in un manoscritto trentino settecentesco (copia con aggiunte di un ricettario più antico) "riscoperto" da Bertoluzza. Vi si legge la ricetta di uno "stuffato" nella quale si prescrive di prendere della carne di manzo, di porla "due giorni in salle" e di aggiungere bacche di ginepro, aglio, rosmarino ed aceto "tanta che stia coperto caricandolla con sassi" (Bertoluzza 1988: 199). Insomma: carne in salamoia tenuta premuta da delle pietre. "La salatura della carne - spiega Bertoluzza - avveniva in quell'epoca con un pizzico di salnitro, con il quale veniva strofinata da una parte all'altra, riponendola poi in un vaso di terra con sei once di sale comune e sei once d'acqua, bacche di ginepro e aglio pestati insieme". Il vaso veniva poi coperto e la carne, tenuta pressata, doveva essere rivoltata due volte al giorno. Il tutto per un paio di settimane. Poi veniva affumicata, consentendo così una buona conservazione (Bertoluzza 1988: 199).

Testi tratti dalla serie "La cucina tradizionale del lago di Garda"

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Storie di piatti gardesani: piatti d'acqua

La storia e le tradizioni dei piatti fondamentali del lago di Garda
Le dieci ricette fondamentali della più autentica tradizione del lago di Garda, trascritte da Isidoro Consolini e Flavio Tagliaferro e commentate da Angelo Peretti nei volumetti della serie "La cucina tradizionale del lago di Garda": Risotto con la tinca, Bìgoi co le àole, Minestrone con le castagne, Sardéne en saor, Sisàm, Carpione ai ferri, Luccio in salsa, Polenta carbonèra, Anara col pién, Carne salàda.

Piatti di acqua

Le sardéne en saór
Il Garda fu territorio della Serenissima per quasi quattro secoli. Dal 1405 all'avvento di Napoleone anche sulle riviere benacensi sventolò il gonfalone col leone alato di San Marco. Gli interscambi commerciali e culturali fra il Benaco e Venezia furono dunque assidui. Tanto che sulle riviere vennero "importate" anche elaborazioni gastronomiche provenienti dalla laguna.
Così crediamo sia andata ad esempio per il saór, "cibo di marinai e scorta di terraferma", come lo definisce Bepo Maffioli, riferendosi alla terra veneta in generale (Maffioli 1992: 125).
Ancora oggi a Venezia le sarde in saór "rientrano nel tradizionale menù della cena della festa del Redentore, quando i veneziani nelle loro barche, decorate con frasche e palloncini luminosi, si recano in laguna ad assistere allo spettacolo dei fuochi d'artificio" (Brusegan 1997: 22). Sono, insomma, piatto popolare e "rituale" nel contempo.
A variare fra Venezia e il Garda è sostanzialmente solo la provenienza del pesce adoperato per la preparazione del piatto. Se infatti in area veneziana il saór lo si fa con le "sarde" di mare, sul Garda - dove non ha assunto funzioni "rituali" - lo si prepara invece con le sardéne lacustri. Basato sulla doppia tecnica della friggitura e della marinatura, il saór consente di conservare per qualche tempo il pesce. Fattore importante in tempi in cui era vitale non buttar via niente e far durare il più a lungo possibile le (poche) derrate disponibili. "Da questa necessità di conservare il cibo - dice Marcello Brusegan - ebbe origine anche la più caratteristica pietanza della cucina veneziana, il pesce in 'saor' (sapore), che così preparato può mantenersi saporitissimo e sano per una settimana e senza tanti frigoriferi (Brusegan 1997: 16).
Insieme alla salagione e all'essicazione (con la variante-aggiunta dell'affumicatura), la marinatura - sul Garda nelle diverse formula del saór, della carpionatura e del sisàm, anch'esso di probabile derivazione veneziana (Peretti 1996: 81-88) - costituiva infatti la triade delle vie praticabili per conservare il pesce quand'era lontana l'"invenzione" della refrigerazione. Ed il saór, "conservandolo in luogo fresco, resiste un paio di settimane, ed è più digeribile se le cipolle non vengono soffritte nell'olio che è servito per friggere il pesce, ma in olio nuovo" (Maffioli 1992: 125).
Bepo Maffioli, nel suo famoso "Ghiottone veneto", fornisce dunque la ricetta del saór veneziano, che è interessante verificare per toccare con mano le analogie esistenti con la formula in uso sul Garda: "Il pesce, specie quello azzurro, viene infarinato e fritto nell'olio. Da questo a cottura avvenuta viene tolto il pesce, e vi si aggiunge della cipolla affettata sottilmente. Quando la cipolla imbiondisce, si spegne con vino bianco ed aceto in proporzioni diverse. Il tutto viene versato sul pesce fritto, disposto a strati in un recipiente di terraglia abbastanza profondo" (Maffioli 1992: 125).
Non è poi raro trovare col saór altri ingredienti, come uvetta e pinoli. Sostiene Marcelo Brusegan che questa sarebbe una "variante non ortodossa", con la quale il piatto "perde molto del suo particolare sapore agrodolce" (Brusegan 1997: 21). Ma il parere, probabilmente più condivisibile, di Bepo Maffioli è invece che questa aggiunta, "presente anche in altri cibi, serve ad aumentare la dignità, a farne un piatto 'ricco' secondo una tradizione di dolcificazioni medioevali, ed ancor prima, bizantine e romane" (Maffioli 1992: 125).
Luisa Bellina e Mimmo Cappellaro inseriscono il saór veneziano nel novero delle ricette all'insegna di quel "dolzegardo" che contraddistingue la cucina lagunare. "Il gusto per la mescolanza e per la morbida ambivalenza degli aromi orientali - scrivono - si rivela nel 'dolzegarbo' che continua tuttora a dominare la cucina veneta, invariato al di là dei mutamenti nelle abitudini alimentari". Aggiungendo che "questo 'dolzegarbo' (o 'garbodolze') si ripete all'infinito, in mille piatti (dal 'saor' di pesce e di verdure in primo luogo, al baccalà, alle carni bianche)" (Bellina - Cappellaro 1996: 11).
Insomma: l'agrodolce fa pensare alla tradizione gastronomica romana e medievale, mentre l'uvetta rimanda agli usi bizantini. Il tutto mediato attraverso la cultura gastronomica veneziana. È dunque un lungo itinerario in area mediterranea quello compiuto dal saór prima di "approdare" a Venezia e poi sul lago di Garda. La tesi sembra esser suffragata anche da alcune interessanti affermazioni contenute nell'importante "Guida all'Italia gastronomica" del Touring club italiano: "La cucina delle sette province venete, pur diversa per molti aspetti, è legata da due elementi di fondo: la presenza costante della farina di mais, o granoturco, e l'uso frequente nelle ricette di ingredienti di chiara origine orientale come le spezie, l'uvetta di Corinto e altro. Grandi trasportatori di spezie, i veneziani le hanno non solo commerciate ma adottate nella loro cucina con un fenomeno di osmosi che ha reso omogenei costumi alimentari altrimenti differenziati dalle diverse risorse del territorio" (Alberini - Mistretta 1984: 223).
Questa "omogeneizzazione" delle abitudini alimentari nel territorio della Serenissima può essersi applicata anche sulla riviera gardesana, semplicemente, appunto, sostituendo le "sarde" d'acqua salsa con le sardéne gardesane.

Il sisàm
Il piatto classico preparato in riva al Garda con le alborelle essiccate è il sisàm, spesso attribuito, secondo le categorizzazioni in voga, alla fattispecie della "cucina povera".
A prima vista una simile attribuzione potrebbe sembrare corretta, considerata la semplicità della preparazione e degli ingredienti e l'essere stato il sisàm in uso fra le genti davvero derelitte dell'area gardesana, tramandandosi di generazione in generazione (e dunque di miseria in miseria). Ma forse questa è solo una delle facce della medaglia.
Volendo fornire una ricetta "classica" del sisàm è d'obbligo rifarsi al "Benaco" di Floreste Malfer: "Soffritto l'olio con molta cipolla, si immettono le alborelle e si rosolano fino al rosso: poi si allunga il tutto con aceto e acqua e si serve dopo un'ora di lenta bollitura" (Malfer 1927: 216). E la tradizione dell'alto Garda veronese voleva pure che il sisàm perfetto riuscisse solo con certe particolari cipolle che si andavano d acquistare la mattina del 25 di luglio, festa di San Giacomo, in contrada Calino di Gargnano, sulla riviera bresciana del lago.
È interessante peraltro osservare come una variante in uso a Brenzone preveda - e si tratta di un "indizio" preziosissimo - anche l'uso dello zucchero. In particolare ci rifacciamo alla versione che ci aveva fornito un pescatore di Castelletto, Francesco Gaioni, detto Belòtti, in occasione della raccolta delle elaborazioni gastronomiche gardesane confluite nel fascicolo "Pesci, pesca e cucina del lago di Garda", oppure quella riferitaci nella stessa circostanza da un altro pescatore professionista brenzonese, Franco Zamboni, detto Pechìno (Bianchini et al. 1986: 42).
Secondo Belòtti lo zucchero era da utilizzare "per togliere l'acidità". Il che ha del vero. In cucina, infatti, lo zucchero viene spesso utilizzato allo scopo di attenuare i sapori acidi e quindi ben si presta a "smorzare" la forza dell'aceto utilizzato per la preparazione del sisàm. Ma l'"indizio" di cui si parlava non sta in questa caratteristica, bensì nel fatto che l'uso dello zucchero in abbinata con l'aceto introduce il concetto dell'agrodolce tipico della più antica tradizione gastronomica italiana.
Il connubio agro-dolce è, nella storia della cucina, "più precoce in Italia che non in Francia e ovunque contraddistingue, più o meno presto, la ricerca gastronomica medievale, in particolare nel delicato equilibrio delle salse" (Redon - Sabban - Serventi 1994: 39).
Per la verità il contrasto agro-dolce nella cucina italiana del Medioevo è stato mutuato dagli usi gastronomici d'età romana. Tanto che se al moderno zucchero sostituiamo il dolcificante del passato, ossia il miele, troviamo che questo formava con cipolla ed aceto una terna presente addirittura nel "De re coquinaria" di Apicio, testo fondamentale non solo perché offre un quadro della cucina "ricca" dei tempi di Roma, ma anche perché su di esso sembra essersi sviluppata la successiva gastronomia "di corte" dell'età medievale. Ebbene, quel trattato riporta, nel libro nono e nel decimo, alcune salse da pesce nelle quali è quasi costante, insieme alla sovrabbondanza di altri profumi, la triade cipolla? miele? aceto. In particolare è di notevole interesse una "salsa per sarde" per la quale si prescrive di usare "pepe, ligustico, menta secca, cipolla cotta, miele, aceto ed olio (Apicio 1990: 221). Togliete ligustico e menta ed avrete, incredibilmente, gli ingredienti del sisàm.
Se sostituite le erbe della ricetta apiciana con alloro e salvia otterrete, grosso modo, la ricetta del Pechìno, che vuole i seguenti ingredienti: "g. 100 di agole secche, kg. 1 cipolle preferibilmente bianche, ½ l. di olio extravergine di oliva, 1 foglia di alloro, 3 foglie di salvia, 1 chiodo di garofano, poco rosmarino, 1 cucchiaio di zucchero, ½ bicchiere di aceto, ½ bicchiere di vino bianco, sale". La preparazione è questa: "Imbiondire le cipolle tagliate grossolanamente a pezzi nell'olio extravergine di oliva con alloro, salvia, garofano e rosmarino. Salare quanto basta ed aggiungere l'aceto, il vino bianco, lo zucchero, le agole, private della testa, tagliate a pezzetti e ammorbidite con olio su graticola o piastra ben calda. Lasciar cuocere a fuoco lentissimo per almeno un paio d'ore" (Bianchini et al. 1986: 42).
Si potrebbe dunque esser portati a pensare di inserire il sisàm in uso sul Garda nel numero, invero abbastanza limitato, dei piatti che possono vantare origine antica. Ma certo non basta un cucchiaio di zucchero insieme con l'aceto a suffragare la nostra tesi. Tuttavia, se ci rifacciamo all'analisi linguistica di Pino Crescini e al suo "Vocabolario dei pescatori di Garda", notiamo che il termine che identifica il nostro piatto sembrerebbe derivare dal latino volgare "incisamen", che sta a significare un insieme di cibo tagliuzzato (Crescini 1987: 142).
Le argomentazioni di Crescini sembrano implicitamente avvalorare, insieme al riferimento all'agro-dolce, l'ipotesi di una origine abbastanza antica del piatto. Cercandone dunque traccia nei ricettari tardo-medievali, la ricerca trova esito positivo prestando attenzione ad un ricettario manoscritto d'area veneziana, probabilmente trecentesco, conservato presso la Biblioteca Casanatese di Roma, nel quale si legge la ricetta di un "cisame de pesse quale tu voy": "Toy lo pesse e frigello, toy zevolle e lessale un pocho e taiale menude, po' frizelle ben, poy toli aceto et aqua e mandole monde intriegi, et uva passa, e specie forte, e un pocho de miele, e fa bolire ogni cossa insema e meti sopra lo pesse" (Faccioli 1987: 77). Che sia un progenitore del nostro piatto? È possibile. Da "cisame" a sisàm, seguendo il percorso indicato dal Crescini, la strada è breve. Ci limitiamo ad annotare che cipolle, aceto e miele ci sono, mentre l'uso delle spezie rimanda ai chiodi di garofano usati a Brenzone dal Pechìno.
Traccia del "cisame" la troviamo in altri trattati antichi. Per esempio nel "Libro novo" di Cristofaro di Messisbugo, scalco e amministratore ducale presso la corte degli Estensi nella prima metà del Cinquecento. Scrivendo di una "cena di carne e pesce" imbandita nel 1529, il Messisbugo menziona fra le varie portate della "seconda vivanda" un prodotto tipicamente gardesano: il carpione. Ma il particolare interessante è che questi salmonidi benacensi erano per l'occasione fritti e "coperti di cisame" (Messisbugo 1557: 17). E con questo dobbiamo molto probabilmente intendere coperti d'una "salsa in agrodolce", come dice Emilio Faccioli (Faccioli 1987: 77). Una salsa da pesce, cioè, rifacendoci alla ricetta trecentesca, realizzata con aceto, cipolla e miele, più, magari, altri ingredienti, secondo i precetti, già visti, del trattato veneziano o del testo di Apicio. E forse è solo un caso che i carpioni fritti provenienti dal Garda, magari dono dei due ambasciatori veneziani ospiti quel giorno in casa d'Este, fossero stati serviti con il "cisame" che ci ricorda un altro piatto benacense. Ma quanto meno la narrazione di quella cena cinquecentesca ci offre un ulteriore elemento a favore di una probabile origine antica e tutt'altro che "povera" del "cisame", da cui probabilmente, come variante certamente più popolare e semplificata, possibile sia arrivato il nostro sisàm.
L'indizio da cui trae origine quest'ipotesi sta, come s'è detto, in una "variante dolce" in uso a Brenzone: quella dello zucchero. Ma non è casuale che proprio in terra brenzonese si sia potuta conservare la versione originaria del piatto, quella cioè più antica. Questo tratto di riviera settentrionale, infatti, è stata per lunghissimo tempo pressoché isolato dal resto del lago: la stessa strada Gardesana è stata costruita solo negli anni Venti. Proprio questo isolamento potrebbe aver favorito la mancata "contaminazione" degli usi più schietti delle popolazioni che hanno originariamente "colonizzato" un territorio a dir poco "selvaggio". Agli inizi del Quattrocento l'umanista Guarino Veronese si spingeva a dire che "se la vicinanza del Benaco non li mitigasse alquanto, quei luoghi sarebbero inabitabili e non direi che lì fosse territorio veronese ma che il territorio veronese lì finisse" (Devoti 1997: 77).
A parziale conferma di quest'originalità di Brenzone quale campo di ricerca delle più antiche tradizioni gastronomiche benacensi, abbiamo già visto sulla seconda parte de "La cucina tradizionale del lago di Garda" come proprio qui persista l'uso di una polenta carbonéra che trae probabile origine dai traffici intercorrenti fra le opposte sponde lombarde e venete, quando l'alto lago poteva comunicare solo per via d'acqua. La polenta brenzonese è testimonianza viva di questi arcaici traffici, derivando direttamente dalla polenta taràgna lombarda. Ma è anche probabile indizio di come sia avvenuto anticamente il popolamento di alcuni tratti originariamente quasi inabitati di costa orientale: via lago, dalle valli lombarde all'alta e isolata riviera veronese.
Ora ecco il sisàm, cucinato dai pescatori di Brenzone - e solo da loro sull'intero lago - con una variante agrodolce che prevede lo zucchero e che sembra rifarsi a quella dei ricettari veneziani del Trecento. D'una Venezia dove, peraltro, il sisàm è oggi sconosciuto.

Il carpione ai ferri
Il carpione è un pesce esclusivo del Garda: vive solo nelle acque benacensi, anche se c'è stato e c'è tuttora chi si ostina immotivatamente a sostenere che lo si può trovare anche in chissà quali altri laghi.
Dobbiamo, presentando la ricetta, parlare di carpione, al singolare, purtroppo. Perché questo salmonide è raro al punto che già riuscire a trovarne uno presso qualche pescatore è un mezzo miracolo. Quindi si contentino i commensali di assaggiarne un pochettino appena. D'altro canto non resteranno delusi, perché, come scriveva il Malfer, "per la squisitezza delle carni, il carpione può rivaleggiare con la trota sua affine" (Malfer 1927: 108). E quando Malfer citava la trota, si riferiva alla mitica "lacustre" ormai scomparsa.
In fatto di cucina di carpione in riva al Garda ci sono oggi due "scuole di pensiero", entrambe in linea con la tradizione. C'è innanzi tutto chi lo vuole "ai ferri", cotto sulla graticola, al calore della brace preferibilmente d'olivo, e pare che questa sia la linea maggioritaria. C'è chi invece lo predilige lessato, ed è in minoranza. Un ulteriore filone, di più recente adozione, lo propone anche al cartoccio, mentre é del tutto tramontata l'antica tecnica della "carpionatura", che attraverso la frittura e l'uso dell'aceto consentiva in passato di "esportare" il carpione nelle corti di tutt'Europa (Peretti A. 1992: 45-48). In ogni caso, vengono sconsigliate le salse, perchè le carni del carpione hanno il loro pregio maggiore nell'estrema delicatezza: tentare di "insaporirle" significa, per molti puristi, finire col guastarle. Il che sarebbe un peccato capitale.
Giorgio Gioco, maestro della cucina veronese, prescrive: "Si prepara un braciere di legni d'olivo e sulla griglia rovente si depone il carpione, pulito, appena unto con un po' d'olio. Girarlo delicatamente senza pungerlo con la forchetta e spolverizzarlo con sale e pepe. Il carpione è cotto quando, facendo pressione con un dito, si sente che le carni cedono. Toglierlo allora dal fuoco, tagliarlo a metà per il lungo e a questo punto, per ottenere la perfezione, condirlo con buon olio gardesano, ancora un po' di sale e una spruzzatina di limone". Aggiunge Gioco che "se, oltre a gustare il carpione, avete la fortuna di godere la vista el lago, potrete capire come poeti di tutti i tempi abbiano dedicato liriche a questo Benaco incomparabile" (Gioco 1982: 53-54). C'è da esser d'accordo.

Il luccio in salsa
Il luccio in salsa costituisce oggi uno degli antipasti più diffusi nella ristorazione gardesana. E la salsa che accompagna il luccio è fatta, secondo tradizione, con le acciughe: sapori di lago e di mare a confronto.
Non è peraltro che una simile preparazione sia esclusiva delle riviere benacensi. Ad esempio "il luccio in salsa è il 'secondo' che maggiormente caratterizza la tradizione gastronomica mantovana: per questo nella gran parte dei ristoranti è disponibile tutto l'anno, servito caldo o freddo, a seconda delle stagioni" (Polettini et al. 1996: 100).
Non pare neppure essere stato fra i piatti più diffusi fra gli stessi pescatori del Garda, tanto che il Malfer cita questa preparazione solo per ultima fra quelle relative al luccio: "Si mangia anche preparato alla peschereccia, a salsa, cioè lessato, in rocchi, e poi spruzzato con salsa bollente d'acciughe, quasi fritte in olio. La parte più saporita è formata dai fianchi" (Malfer 1927: 195).
È interessante osservare che Bepo Maffioli, parlando di cucina veneta, si dice convinto che Venezia abbia raccolto, "tramite Bisanzio, e forse per via più diretta, peninsulare" quella che lui chiama "l'eredità della cucina 'latino-romana', in cui il grande uso di 'garum' e di 'allec' è sostituito dalla presenza frequentissima, quale insaporitore base, di filetti di acciuga o di sardina, salati, protagonisti tuttora di alcune salse popolarissime" (Contini 1989: 7).
Sta di fatto che oggi, come si diceva, il luccio in salsa trionfa nella ristorazione benacense, ed anzi, é quasi esclusivamente questa la formula con cui il luccio viene presentato. E così pure è stato ed in parte ancora è piatto da grande occasione, da banchetto: secondo Zane, che fa riferimento in particolare alla riviera lombarda del Garda, "un tempo era comune incontrare, nei piatti di una certa importanza, il piatto del 'luccio lesso alla salsa', che, grazie alla mole imponente del pesce, poteva garantire, accanto alla bontà della ricetta, anche un certo 'effetto stupore' fra i commensali riuniti" (Zuanelli - Pellegrini 1994: 40).
Il portare in tavola un superbo luccio in salsa diveniva insomma atto d'ostentazione, con una "ritualità" in qualche maniera mutuata dalle consuetudini dei banchetti di corte fra tardo Medioevo e Rinascimento, quando, per dirla con Montanari, "un carattere sempre più marcatamente ostentatorio diviene il segno distintivo della mensa dei potenti" (Montanari 1994: 116).
Non a caso, del resto, quella dell'abbinata luccio-acciuga è una formula che trova testimonianza anche in ricettari antichi. Se andiamo ad esempio a scorrere le pagine de "L'arte di ben cucinare", il celebre trattato dato alle stampe nel 1662 da Bartolomeo Stefani, cuoco dei Gonzaga a Mantova, troviamo che una delle maniere consigliate per cucinare i lucci è quella di prepararli "nello spiedo lardati con angiove, serviti con salsa di capparini, code di gambari, zuccaro, & aceto rosato": luccio e acciughe (le "angiove") sono dunque assieme (Stefani 1662: 115). Ed è da ritenere che ad attestare una certa "vetustà" della ricetta gardesana del lucco in salsa sia anche l'uso della cannella: si tratta di uno dei pochi casi in cui in un piatto benacense di pesce appaiono le spezie. Un'"anomalia" che rimanda alle consuetudini dell'antica cucina italiana "di corte".

Testi tratti dalla serie "La cucina tradizionale del lago di Garda"

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