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24 febbraio 2010

Franz Haas, che vuol fare un Pinot Nero che sa di Pinot Nero

Angelo Peretti
A chi non conosce quella brutta bestia del pinot nero (vitigno) magari può sfuggire la straordinaria sfida che un produttore accetta d’affrontare quando si mette a tirarne fuori il vino, con le maiuscole: il Pinot Nero. Se poi quello ti dice: “Vogliamo fare un Pinot Nero che sia Pinot Nero, che sappia di Pinot Nero”, allora s’è proprio messo in un progetto di quelli da far tremare i polsi. Mica facile, se non stai in Borgogna, la patria del pinot noir, e anche là dipende dalla vigna, dal crû. “Ma non vogliamo scimmiottare la Borgogna”, specifica il vignaiolo in questione, e dunque pensi che deve avere un carattere e una determinazione non da poco, ché i duri, si sa, escono fuori quando il gioco si fa, per l’appunto, duro, e questa è un’impresa di quelle titaniche.
Sta di fatto che lui, Franz Haas, è effettivamente uno di quelli che in Italia il grande azzardo di coltivare il pinot nero se l’è preso. E da vent’anni ci fa vino, lassù a Montagna, Alto Adige. I suoi fan dicono che il suo è un Pinot Nero che riesce a sapere di Pinot Nero, ed è un complimento di quelli che credo lo lascino bello contento, anche se lui taglia corto: “Il vino se è buono è buono, e se non è buono possiamo discutere il perché, ma faccio fatica se si cerca di aggirare il problema”.
L’ho incontrato, insieme ad altri colleghi che scrivono di vino (la foto che qui lo ritrae è stata scattata da Gianpaolo Giacobbo, che ringrazio), nella sua casa altoatesina: sul tavolo otto annate dello Schweizer, il Pinot Nero di vertice di casa Haas. Un assaggio in verticale per fare il punto su vent’anni di confronto-scontro con uno dei vitigni e dei vini più sfidanti che ci siano. Il segreto? “Mettere il vigneto in equilibrio”, azzardo. Lui sorride e conferma: m’è andata bene.
“Con il 2007, l'ultima annata uscita – ha spiegato Franz –, abbiamo fatto i vent’anni di pinot nero. In tutti questi anni ci ha fatto tribolare parecchio, e abbiamo dovuto cambiare molte cose, anche se il vero cambiamento lo faremo col vino del 2009, perché inizieremo un nuovo ciclo”. Et voilà, si guarda avanti. Altro che traguardo.
E c’è anche una sfida nella sfida: tappare il Pinot Nero con lo Stelvin, il tappo a vite. Franz ci crede, tant’è che lo stesso Schweizer del 2007 l’ha messo in bottiglia, sperimentalmente, un po’ col sughero e un po’ con la capsula avvitata: un identico lotto di vino finito con due tappature diverse, per vedere come reagisce. “Il tappo a vite secondo me sarà la chiusura del futuro” afferma perentorio, e s’infervora ad esaltarne le qualità. Chi mi legge usualmente sa che per le mie orecchie quest’è proprio musica.
Ora, l’ho tirata un po’ per le lunghe. E scrivo dunque degli otto vini tastati. O meglio, comincio dai primi due: gli Schweizer del 2007, quello a vite e quello nel sughero. Assaggiati senza sapere quale fosse la chiusura. Sono lo stesso vino - esattamente lo stesso lotto, insisto -, ma sembrano diversissimi.
Alto Adige Pinot Nero Schweizer 2007 campione n. 1 Bel colore, brillante, pinoteggiante. Al naso è del tutto varietale, pulito. Ti aspetti un vino che abbia bella beva e infatti in bocca eccolo fresco, sapido, nervosissimo. Da attendere per chi vuole che gli spigoli si smussino, ma certamente del tutto bevibile già da subito.
Alto Adige Pinot Nero Schweizer 2007 campione n. 2 Il colore ricorda il primo, ma il naso è più chiuso, sulle note del pepe, anche se la varietalità l'avverti. S'apre lentamente verso il piccolo frutto maturo. In bocca è un bel confronto fra materia e freschezza. A tratti ha vene erbacee, a riprova della giovinezza. Da aspettare.
Franz ci chiede quale sia il vino in sughero e quello a vite. Dico che il primo è in sughero e il secondo in Stelvin, ché il primo è più pronto, più immediato (e dunque, a mio avviso, a costo d’essere smentito dalla scienza, quello che ha comunque avuto un’ossigenazione post imbottigliamento). C’indovino. Dico anche che se volessi uno dei due da bere subito, scelgo il primo, mentre l'altro lo metterei più volentieri a riposare in cantina.
Adesso gli altri sei vini tastati, e qui dico come la penso mediante i miei faccini.
Alto Adige Pinot Nero Schweizer 2003 Il colore tende al porpora. Al naso, subito il fruttino stramaturo, quasi in confettura. In bocca un'alcolicità che tende a chiudere il frutto, a mettere in luce la vena amaricante del tannino. Tipicamente da estate calda. Il meno pinoteggiante della serie.
Un faccino :-)
Alto Adige Pinot Nero Schweizer 2002 Colore scarico, bello. Al naso dapprima è ritroso, terroso, ma poi ecco in progressione la spezia e il frutto. Rusticamente vellutato: morbido, ma nel contempo graffiante di freschezza. Darà il meglio di sé fra qualche tempo, ma se l’assecondi t'affascina. Pensate: nebbioleggia perfino un po'...
Tre lieti faccini :-) :-) :-)
Alto Adige Pinot Nero Schweizer 2001 Colore leggermente carico, ma cristallino. Si presenta con lentezza, aprendo su vene tra lo speziato e l'animalesco, che via via lasciano spazio alla speziatura dolce. In bocca è d'assoluto fascino: fruttino maturo e succoso, fragola, ciliegia. E freschezza. Sulla rampa di lancio.
Tre lieti faccini :-) :-) :-)
Alto Adige Pinot Nero Schweizer 1996 Qualcuno l’ha bastonato. Appena versato è risultato sgraziato, rusticissimo, colmo di tratti terziari. Freschezza indomita, tannino verde. Che fatica che fa il frutto, travolto da un carattere spigolosissimo! Suggerisco lo si debba attendere. Dopo due ore, infatti, un po’ si plasma.
Un faccino e quasi due :-)
Alto Adige Pinot Nero Schweizer 1993 Pronto da bere. Colore che tende all'aranciato. Profumi eleganti, a tratti quasi decadenti, con la frutta macerata, il fiore appassito, la terra rossa. In bocca è dinamico, col quel fruttino in composta, la spezia dolce, il kirsh. Magari è poco borgognone, ma è davvero un buon vino.
Due lieti faccini e quasi tre :-) :-)
Alto Adige Pinot Nero Schweizer 1991 Il più evoluto, ed è affermazione ovvia, visto ch’è il più vecchio. Lento nel concedersi, rimanda a spezie pepate. A tratti ha vene ossidative. La nota rugginosa, fors'anche metallica, tende a prevalere sul frutto, che ricorda vagamente la melagrana. Tannino rugoso.
Un faccino :-)

2 commenti:

  1. ciao angelo, davvero così ondivaga la verticale?? come valuti questa poca continuità delle annate per un vino che vorrebbe essere un IL pinot nero italiano? (e che dal mio punto di vista si vede spesso sopraffare dal fratellino minore di casa haas). luca

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  2. Il fatto che l'andamento sia ondivago per me è un sintomo di qualità e di serietà. Il Pinot Nero è particolarmente sensibile all'andamento delle annate, e dunque ritrovare l'annata nel bicchiere significa che lì c'è "vero" Pinot Nero. Diffido di chi ogni anno propone un vino sempre uguale...

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