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12 marzo 2012

Colacino, rossi di Calabria

Angelo Peretti
La doc Savuto non è tra le più note d’Italia. Si fa in Calabria, tra Cosenza e Catanzaro. Ha il bianco, il rosato, il rosso, anche superiore. Di rosso ne ho potute assaggiare due bottiglie, entrambe di Colacino, azienda di Marzi, nel Cosentino.
Ecco, questo vino ho fatto fatica a capirlo. Parlo del Savuto “base” (ma non è un “base”, essendo un cru aziendale, e dunque scrivo “base” per distinguerlo dal Savuto Superiore). Giusto per dire: pensavo avesse fatto legno e invece vedo che nella scheda aziendale si dice che fa solo acciaio. E in più è scritto che non fa la malolattica. Niente legno, niente malolattica: e allora quella morbidezza? Oh, santo cielo: prendo atto che non ci ho capito un’acca. E ammetto che mi toccherà pensarla a fondo la “nuova” Calabria del vino, di cui quest’azienda è piena espressione, ancorché abbia radici profonde, tant’è che anche Mario Soldati ne parlava raccontando delle sue peregrinazioni alla ricerca del vino italiano.
Ecco, tornando al Savuto e alla sua - per me - difficoltà di lettura, allora penso che magari è questione di cuvée, e mi tocca dare ragione ai sostenitori dei tagli di vasca tra vini che vengono da vitigni diversi, perché, dicono, una varietà offre equilibrio all’altra e il mix diventa piacevole. Qui dentro di uve ce n’è parecchie e il sito internet dell’azienda mi dice che sono: arvino (che se non sbaglio sarebbe il gaglioppo), greco nero, magliocco canino, nerello cappuccio, malvasia bianca, pecorello, e cioè, se non capisco male, sia bianche che rosse, e dunque l’equilibrio morbidoso potrebbe venire da lì. Poi, c’è mano enologica.
Savuto Vigna Colle Barabba 2010 Colacino
Colore rosso-violaceo ma non prepotente, naso fruttatissimo e speziato, bocca morbida (parecchio), col frutto rosso maturo (molto maturo) e perfino vanigliata, in parte compensata dal tannino e dalla freschezza. Mi piacerebbe un po’ di grinta in più, che ne rafforzi la beva e compensi quella pronunciata morbidezza, sennò sembra che “internazionalizzi”. Regge (e non cambia impronta) a bottiglia aperta.
Un faccino e quasi due :-)
Savuto Superiore Britto 2008 Colacino
Invece questo fa la malolattica e anche la barrique, ma il legno non s'avverte. È una specie di fratello maggiore (stesse varietà, altro cru). Due vendemmie in più, ma quasi non ci si accorge della differenza d’età. Giovanile, ha impronta morbidosa, peraltro più compensata dalla presenza di tabacco da pipa e di spezia dolce. Il frutto rotola a lungo nel palato. Dopo mezza giornata migliora: il tempo gli fa bene.
Due faccini :-) :-)
Calabria Amanzio 2010 Colacino
Altro rosso, un igt calabro, da uve di magliocco canino. Niente legno, niente malolattica. Ma questo è più "difficile" e di rude beva. Rude per quel tannino vibrante e la vena di liquirizia che resta in bocca a lungo, e d'indomita freschezza, e un bicchiere tira l’altro. Sul fondo, la morbidezza fruttata dei rossi del Sud, ma qui la vena graffiante che mi aspetto c’è tutta, e devo dire che mi piace
Due lieti faccini :-) :-)

30 novembre 2011

Il gaglioppo e il Cirò

Angelo Peretti
La Calabria è, per me, un mistero immensamente vago. Mai stato. Pochi i vini bevuti. Sono peraltro, quando m'è possibile reperire quella buona, calabro-dipendente per via della 'nduja, quel pirotecnico, morbido salume calabrese fatto con le parti più grasse del maiale e col peperoncino che là è piccante assai e saporitissimo.
Da più di un anno, a proposito della Calabria enoica, leggo delle polemiche scaturite dalla decisione di modificare il disciplinare del Cirò, aprendo le porte ai vitigni internazionali, cabernet in primis. Pensare che la cabernettizzazione del Cirò sia la soluzione ai tanti problemi della viticoltura locale è, a parer mio, un'idea sbagliatissima. Un'illusione coltivata in tante parti d'Italia tra la seconda metà degli anni Novanta e l'inizio del secolo nuovo. Un'idea fallimentare. Ora, con vent'anni di ritardo, ecco che riaffiora in Calabria, generando tardive fallaci illusioni. Sono convinto che anzi che produrrà danni ulteriori ad un comparto che non mi pare stia vivendo momenti di grazia, e che la grazia probabilmente non l'ha mai vissuta, coi contadini che non sanno più a che santo votarsi. Ma votarsi al santo cabernet è errato, e se ne sono già accorti i vignaioli di tant'altre parti d'Italia, prima dei calabresi.
Di recente ad una manifestazione di settore ho avuto modo di tastare una serie di rossi calabri nei quali le uve autoctone erano mischiate, appunto, col cabernet, e il risultato è stato deludentissimo. Vini enologocamente corretti, certo, ma concettualmente vecchi almeno - appunto - di vent'anni e per di più senz'anima, senza personalità, o meglio, portatori di quell'anonimo carattere che connota i vini internazionali, e dunque irrimediabilmente perdenti, ché se si fa vino uguale identico a quello di mezzo mondo, alla fine per venderlo hai una soluzione soltanto: sbracare sul prezzo, riducendo il viticoltore ad ulteriore miseria.
Eppure la Calabria del Cirò avrebbe avuto - ed ha - una strepitosa carta da giocare, ed è il gaglioppo, l'uva locale. Penso che, se han deciso di cabernetizzarla, da quelle parti ci credano poco. Però ho paura che il problema è che, oltre a non crederci, su quell'uva ci abbiano investito poco, ché invece, quand'è ben gestita, offre vini di fantastico carattere, modernamente antichi.
Lo dico perché di recente ho avuto modo d'assaggiare due volte - ed in entrambi i casi altro che assaggiare: me lo son bevuto - il Cirò Rosso Classico Superiore 2009 di un'azienda che si chiama 'A Vita e che usa solo e soltanto gaglioppo e che fa agricoltura biologica e che alla Calabria e alle sue autoctonie mi pare ci creda. Ed è, questo loro Cirò, un vino avvincente, coinvolgente, intrigante, affascinante. Austero e bevibilissimo, nobile e popolano insieme. Colore scarico. Naso che rimanda alla buccia dell'arancia, al cedro, alla spezia (tanta), al fruttino macerato. Bocca succosa e tesa. Bel tannino, epperò per nulla aggressivo. Si beve che è un piacere. Si beve e si ribeve.
La strada giusta è questa qui.
Cirò Rosso Classico Superiore 2009 'A Vita
Tre lieti faccini :-) :-) :-)

12 agosto 2010

Cirò Rosato 2009 Librandi

Angelo Peretti
L'obiezione - che non è poi enorme - la dico subito, così via il dente, via il dolore: il vino m'è parso molto "tecnico". Però sia chiaro: è tecnica di classe. Al punto che rischi, con questo rosato del sud, d'ingannarti, e pensare che sia invece bottiglia "nordista", con quella freschezza così ampia e avvincente.
Detto questo, aggiungo che in ogni caso si ha a che fare con un rosato coi fiocchi: sia chiaro. E se vi capitasse d'incrociarne una bottiglia, non fatevela scappare.
All'olfatto si propone di già dotato di bella complessità: fruttato e floreale, intriso di vene speziate.
La bocca è freschissima, nervosa, vibrante.
Sapido, salato, marino. Lungo sulla nota della spezia.
Bel vino, insomma, da bere e ribere in estate.
Due lieti faccini e quasi tre :-) :-)

29 luglio 2010

Val di Neto Rosato Grayasusi Etichetta Argento 2009 Ceraudo

Angelo Peretti
Chi in un vino rosato cerca la leggerezza, la giovinezza, l'esilità giocosa, be', si fermi qui e non legga oltre: quest'è vino che non gl'interessi. Chi invece va alla caccia di vini che sappiano esprimere insieme personalità ed eleganza sappia che qui troverà materia che l'intriga. Eccome.
Fatto con l'uve di gaglioppo. E passato in barrique addirittura. Non scandalizzatevi, però: il legno qui dona alla grande, senz'assumere ridondanze, senza prevaricare il frutto, ma anzi esaltandolo, ed apportandovi spezia. C'è grand'equilibrio, insomma.
Il colore è cerasuolo. Piuttosto carico.
All'olfatto si presenta atipicamente, ma fascinosamente resinoso di pino, di coccole di cipresso. Eppoi ecco comparire vaghe tracce di menta, di origano. Un che d'officinale, insomma. E di mediterraneo. Accattivante davvero.
In bocca ha polpa di spessore epperò anche, nello stesso tempo, snellezza. Ha materia e finezza, e non è mai facile trovare simile combinazione. E non va mai sopra le righe: niente esasperazioni, nonostante la sua concezione per certi versi estrema.
Ti induce a berlo e riberlo.
Vino intrigante, assai.
Tre lieti faccini :-) :-) :-)