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3 novembre 2010

Colli Tortonesi Derthona Timorasso Castagnoli 2004 Dino Mutti

Mario Plazio
Walter Massa ha suonato la riscossa del Timorasso, vitigno quasi scomparso e oggi fortunatamente rilanciato da un manipolo di vignaioli.
Dino Mutti, amico di Walter, ci consegna un bianco diviso tra le note mature/esotiche e quelle più acide e minerali.
Gli idrocarburi non possono non rimandare ad un Riesling tedesco.
L’equilibrio gustativo è invece di tutt’altro spessore. Qui è maggiore la materia e la dinamica è più classica, basata su una grande presenza e maturità del frutto, senza però eccedere in alcol o concentrazione.
Rispetto al Timorasso di Massa mi sembra che manchi un pizzico di eleganza e di finezza, siamo comunque di fronte ad una bottiglia convincente ed originale.
Due faccini :-) :-)

28 ottobre 2010

Barbaresco Basarin 2006 Marco e Vittorio Adriano

Angelo Peretti
Ordunque, metti che per tutto il giorno di sia capitato di degustare Barolo. Cosa ti vien voglia di bere la sera, stando in Langa? A me, trovandomi nella fattispecie di cui sopra, e avendo voglia di restare in tema nebbiolista, m'è venuta voglia d'un Barbaresco, e ho scelto un 2006 degli Adriano, il Basarin.
Ordunque, questo Basarin del 2006 l'ho trovato di considerevole piacevolezza di beva, ed è bella cosa, ed è soprattutto caratteristica che appunto mi piace rintracciare nel Barbaresco (mentre se bevo rossi barolisti ricerco magari maggior complessità). Al punto che talvolta stappo un Barbaresco perfino coi pesci di mare, quando siano di pezzatura consistente.
Il frutto è nitido, succoso, ben delineato, rotondo senz'essere eccessivamente polputo, croccante.
Il tannino è di già ben integrato. E è levigato.
C'è buona freschezza, che bene accompagna la tavola.
E il bicchiere ne chiama un altro, che non è cosa da poco.
Due lieti faccini :-) :-)

4 ottobre 2010

Barbera d’Alba 2004 Giuseppe Rinaldi

Mario Plazio
Vi confido un segreto. La Barbera di Rinaldi è uno dei migliori vini d’Italia e costa pochissimo.
Lontanissima da sdolcinature barricose, questa Barbera esibisce una purezza esemplare.
Direi che è più marcata dal territorio che dal vitigno.
Come dice il buon Citrico (soprannome di Beppe Rinaldi), “baroleggia”.
Più che premere sulle sensazioni fruttate e primarie, il vino profuma di erbe, terra e minerali.
Al palato è profondo, sapido e continuo, senza bisogno di buttarla sui muscoli.
Ancora in fasce, saprà evolvere con grazia.
Una bottiglia memorabile.
Tre faccini :-) :-) :-)

14 giugno 2010

Barolo Albe 2001 G.D. Vajra

Massimo Zanichelli
Mi rendo conto che parlare bene di un vino di Aldo Vajra è un po’ come scoprire l’acqua calda, ma l’exploit di questo Barolo Albe 2001, per certi versi inaspettato (quantomeno nelle proporzioni), merita più di un appunto.
Quasi cinque anni dopo la sua uscita, questo assemblaggio di vigne del comune di Barolo (Fossati, La Volta e Costa di Vergne) stupisce infatti per l’alto tasso di naturalezza: è fragrante, è fresco/succoso, ha tannino sapido e terroso.
Eloquentemente Barolo.
Niente male davvero per il “fratello minore” del Bricco delle Viole.
Due faccini e mezzo, quasi tre :-) :-)

No, non avete letto male la firma: è quella di Massimo Zanichelli. Per me, uno dei nomi migliori del giornalismo italiano del vino. Ottimo degustatore, eccellente divulgatore. M'ha fatto l'onore di inviarmi un suo pezzo per quest'InternetGourmet. Ne sono lietissimo, ammesso che si possa usare il superlativo di lieto.
Grazie, Massimo. E speriamo ci siano altre occasioni.

Angelo Peretti

28 maggio 2010

Colli Tortonesi Derthona Timorasso Costa del Vento 2007 Walter Massa

Mario Plazio
Uno dei temi alla moda di questi tempi riguarda la presunta mineralità del vino. È vero che c’è una proliferazione e un abuso del termine. È anche vero che non è semplice capire in che cosa dovrebbe consistere questa supposta mineralità. È altrettanto vero però che molti vignaioli hanno affinato le loro competenze, hanno adottato schemi produttivi più rispettosi e “naturali” (non apriamo il dibattito su questo termine) che consentono alle piante di affondare le radici più in profondità. Oppure hanno recuperato vecchie vigne, terreni o uve abbandonate per la difficoltà di ottenere un prodotto valido sul piano organolettico e redditizio economicamente. Fatto sta che nemmeno io ho la risposta pronta in merito alla questione iniziale. Come si esprime la mineralità in un vino?
Una certezza però credo di averla. Il Timorasso di Walter Massa sprigiona mineralità. È una sensazione immediata, ne vieni travolto e non puoi che definirla in questo modo.
Il Costa del Vento è per me un vino “freddo”, spietato nella sua essenzialità fatta di pura tensione. Così si prova ad accostarlo ad un grande Riesling alsaziano, di quelli più introversi e meno disponibili.
Poi però trovi anche certe sensazioni che hai provato negli chenin della Loira, dal lato di Vouvray, meno solari ad aperti dei cugini di Montlouis o di Savennières.
Non posso fare a meno di citare come il liquido sia implacabile nella sua progressione, la bocca è cesellata, regala fini ricordi di agrumi e di fiori di cappero, di mare. Uno dei pochi bianchi d’Italia in grado di emozionare.
Tre lieti faccini :-) :-) :-)

1 maggio 2010

Piemonte Brachetto Passito Pian dei Sogni 2006 Forteto della Luja

Angelo Peretti
Mi piace, il brachetto. O meglio, mi piacerebbe quest'uva e il vino che se ne trae, se solo fosse un po' più facile trovarlo e trovarne di buono. E invece - ammettiamolo - è un po' derelitto, ché l'hanno disdegnato in tanti, quasi come non fosse degno d'attenzione dopo l'ubriacatura modaiolo d'una certa versione bollicinosa di venti e passa anni fa.
Ordunque, ho bevuto con vero piacere un bicchierino d'un fascinoso Brachetto passito.
O meglio, leggo sul sito del Forteto della Luja, che lo produce, che si fa vendemmia tardiva e poi breve appassimento e in seguito fermentazione - lenta - in piccole botti, epperò il legno - almeno m'è parso - non lo si avverte, tant'è vibrante e intensa la presenza fruttata.
Brachetto passito Pian dei Sogni, dunque. Del 2006.
Rubino-granata alla vista.
Ed ecco: è fragola stramatura e amarena e anche lampone il primo impatto quando ce l'hai nel bicchiere. E fiori. Fiori freschi, fiori essiccati.
Persistentemente. In perfetta corrispondenza e sintonia fra olfatto e gusto.
Vino ammaliante.
Tre lieti faccini :-) :-) :-)

23 marzo 2010

Asti Metodo Classico De Miranda 2002 Contratto

Angelo Peretti
Ci sono vini che per loro intrinseca vocazione fanno discutere, e non se ne può fare a meno di chiacchierarci sopra quando se ne stappa una bottiglia. E spesse volte sono proprio questi i vini che più intrigano, e che più son prossimi a descrivere quel misterioso concetto che è il terroir.
Per me, a questa categoria appartiene l'Asti (spumante) De Miranda, che in casa Contratto si fa col metodo classico.
Sissignori, è un vino per certi versi spiazzante. Non foss'altro perché di solito l'Asti lo si fa in autoclave, mica facendogli prendere spuma in bottiglia. E invece questo non solo prende rifermentazione nel vetro, ma fa addirittura la prima, di fermentazione, in legno, e ci sta qualche mese (com'è ovvio che sia per un metodo classico). Ma è chiaro che non è tutta e solo qui, la ragione del contendere.
Gli è che il De Miranda è vino che supera, bypassa le convenzioni e gli stereotipi astigiani. Porgendosi insieme con dolcezza ed eleganza, con carattere e morbidezza, con personalità e carezza, e dunque non ci entri subito in sintonia, e ti costringe a concentrarti nell'assaggio o nella bevuta. In più, è bolla che affronta gli anni con una certa nonchalance.
Ho bevuto di recente una bottiglia del 2002: vino perfetto in quanto a cremosità del perlage e dell'assieme e convincente assai per giovinezza del frutto. Ed erano tra il frutto esotico e l'erba officinale le sensazioni che ho avvertito, in perfetta continuità, al naso e alla bocca.
E al palato ecco, di più, la brioche ripiena di confettura d'albicocca e poi la nocciola langarola.
Ma è stato soprattutto il velluto della struttura a impressionarmi.
A proposito: De Miranda è il nome del vigneto, sulle colline di Canelli, e anche quest'indicazione del cru distanzia quest'Asti dalla media.
Tre lieti faccini :-) :-) :-)

11 febbraio 2010

Langhe Freisa 2002 Rinaldi

Mario Plazio
Uno dei (pochi) grandi interpreti di questo (banalizzato) vitigno, la freisa.
Che la Freisa di Beppe Rinaldi sia una cosa seria lo si nota da questa 2002, ancora in forma e tutt’altro che al capolinea. È anzi giovanissima, fresca e floreale, profuma di piccoli frutti, amarena, agrumi e spezie.
Al palato non concede nulla alla semplicità. Tannino e acidità colpiscono fin da subito con violenza.
È un vino che chiama il cibo e se ne frega della degustazione pura. Un esempio di cosa significa fluidità di beva senza cadere nel tranello del vino diluito.
Nello scorrere dei giorni si fa più complesso: rosmarino, ferro e china sono sensazioni ricorrenti. Grande sapidità e profondità non smussano però la sua incredibile “cattiveria” che non cede nemmeno dopo una settimana dall’apertura della boccia.
Un vino che “respira” il Barolo coma ama dire Beppe Rinaldi.
Andatelo a cercare, costa meno di 10 euro in cantina.
2 faccini molto lieti :-) :-)

25 gennaio 2010

Gattinara 2001 Antoniolo

Mario Plazio
Nel corso di una degustazione di vini triplamente bicchierati al Lingotto di Torino (era la presentazione della Guida ai Vini d’Italia del Gambero Rosso), mi sono imbattuto in un vino che mi è rimasto profondamente impresso nella memoria. Si trattava di un Gattinara, credo il cru Osso San Grato, di Antoniolo. L’annata non la ricordo, non è questo l’importante. Quel che mi colpì fu la sensazione di aver ritrovato fuori dalle Langhe alcuni di quegli aromi e di quei sapori che ormai da anni faticavo (e fatico) a trovare in molti dei Baroli più blasonati.
Già, perché da quelle parti (intendo nelle Langhe) ci vanno giù pesante con tecniche di cantina volte ad ottenere un frutto immediato, tannini più docili e vini in fin dei conti pronti subito da bere.
Certo non sarò io a dire che hanno sbagliato: il mercato ha reso moltissimi vignaioli ricchi e famosi. Pochi di loro credo rimpiangano gli anni in cui non si vendeva una bottiglia di Barolo nemmeno a regalarla.
Da consumatore devo però dire che certe pratiche hanno contribuito ad omologare le bottiglie, tutte figlie di standard produttivi che alla lunga rischiano di soffocare il mercato. Troppe etichette, troppa ripetitività, scarsa aderenza al territorio. Certi vini non ti viene proprio voglia di berli, e men che meno di comprarli (complice anche il prezzo).
Il base di Antoniolo mi predispone bene già dal colore, di quelli di una volta.
Il naso respira la terra e le radici, poi odora di china, di buccia d’arancio fino a sfumare in cenni di ferro e sangue.
L’ottima annata si rivela al palato, dove ogni elemento è al suo posto e concorre a formare un insieme vibrante e vivido senza alcuna concessione a inutili modernismi.
È buono da subito. Sarà magnifico anche tra parecchi anni. Alla faccia di chi continua a dirci che certe uve vanno “domate” e che gli spigoli vanno smussati altrimenti il nebbiolo non si può bere.
Un consiglio: andatevi a cercare i cru, ne vale davvero la pena.
Ultima annotazione: la bottiglia costa intorno ai 7 euro in cantina. Soldi ben spesi.
2 faccini molto lieti :-) :-)

5 gennaio 2010

Piemonte Moscato 2009 Piero Gatti

Angelo Peretti
Ancora un Moscato del 2009? Sissignori, ma stavolta della doc Piemonte, fuori dalla denominazione astigiana garantita, dunque. Quello di Piero Gatti.
Al naso s'avvertono curiose memorie di mosto che fermenta, di uva bianca stramatura. Perfino richiami al miele.
In bocca sfoggia una notevole florealità estiva, e vene di uva sultanina, di uva moscato molto matura quanto meno, eppi anche di pesca gialla matura e a tratti financo sciroppata.
La dolcezza è in rilievo, ma vien compensata da una bella freschezza.
Sul finale lo zucchero da uva sultanina tende ad uscire, lasciando impressioni quasi da vino passito, piuttosto persistenti.
Due lieti faccini e quasi tre :-) :-)

12 dicembre 2009

Dolcetto d'Alba Brusalino 2008 Cascina Fonda

Angelo Peretti
Con tutta questa mania di farli neri impenetrabili e alcolici e iperconcentrati, in ossequio alle mode d'importazione, avevo un po' perso la speranza di ritrovare un Dolcetto di quelli sbarazzini, che si fanno apprezzare perché stanno sulla tavola, mica perché vanno bene nelle degustazioni.
L'ho ritrovato, invece, un Dolcetto di quelli tutta beva. Il 2008 albese della Cascina Fonda, da Neive.
M'è piaciuto soprattutto per quella sua spiccatissima vena agrumata con cui ti si propone sia al naso che alla bocca: arancia rossa, e un che di pompelmo rosa perfino. E poi il fruttino di bosco, un po' acidulo, come sono i lamponi appena raccolti. Ancora, un po' di marasca. Insieme, un tocco di spezia, giusto per arricchire il tutto.
C'è poi buona freschezza, e un tannino per niente aggressivo.
Un vino che puoi stappare sopra a una marea di piatti della cucina autunnale o invernale. E non dite che è poco.
Due lieti faccini :-) :-)

28 ottobre 2009

Barbera d'Alba Ornati 2007 Parusso

Angelo Peretti
In genere faccio un po' fatica a stappare bottiglie con 14 gradi di alcol (figurarsi quelle che sono oltre). Ho una qualche reticenza ad affrontare tutta quell'alcolicità, che molto spesso è sinonimo di frutto iperconcentrato, di tannicità sopra le righe, di fastidiosa muscolosità. Così questa Barbera d'Alba, l'Ornati di Parusso, annata 2007, l'ho a lungo lasciata sullo scaffale, in cantina, mai decidendomi d'aprirla. Finché mi son fatto forza, e ne sono stato, devo proprio ammetterlo, parecchio contento.
Perché, sì, l'alcol c'è - è dichiarato in etichetta -, ma è così ben integrato con un frutto piacevolissimo e succoso, che quasi non te n'accorgi.
Ci sono anche, all'olfatto e al gusto, vene di liquirizia e di spezia dolce. Ma soprattutto sono la mora, la ciliegia, direi pure il ribes ad avvolgere. E c'è buon tannino, ma per nulla aggressivo. E una compattezza d'assieme di tutto rispetto.
Insomma, finisci per versartene subito un altro bicchiere.
Due lieti faccini e quasi tre :-) :-)

26 settembre 2009

Moscato d'Asti Lumine 2008 Ca' d'Gal

Angelo Peretti
Sono un fan del Moscato d'Asti. Quello che gioca le sue carte sulle note della florealità e del frutto, mica sulla dolcezza. Quello che porge una freschezza vibrante e un'effervescenza cremosa.
Ne ho trovato uno che ho molto gradito sul tavolo d'un ristorante piemontese: il Moscato d'Asti Lumine di Ca' d'Gal. Da sei ettari e mezzo di vigne - leggo sul sito internet dell'azienda - d'età fra i venti e i trentacinque anni. A rese contenute.
Il vino è gioioso e giocherellone.
I fiori di tiglio, la pesca bianca, la mela croccante li trovi all'olfatto e al gusto.
La vena di dolcezza è calibrata. E tenuta in equilibrio dall'acidità.
Buona la persistenza.
Piacevole.
Due lieti faccini :-) :-)

8 agosto 2009

Moscato d'Asti 2008 Paolo Saracco

Angelo Peretti
Nutro passione sfrenata per il Moscato d'Autunno di Paolo Saracco, che reputo uno dei più eleganti, intriganti, affascinanti bianchi d'Italia in senso assoluto. Ma stavolta il vigneron astigiano m'ha stupito col suo Moscato d'Asti. Che in passato è sempre stato buono, certo, ma che coll'ultimo millesimo sfodera un'armonia di quelle che non ti dimentichi.
Al naso quei toni floreali quasi da sauvignon blanc della Loira che riconosci solitamente nel Moscato d'Autunno. E il fruttino che ritrovi in genere nei grandi brut, pensate un po'.
In bocca un gran bell'equilibrio fra vena aromatica, freschezza, dolcezza. E una cremosità da applauso.
Potete servirlo, certo, a fine pasto, ma alla Taverna Kus di San zeno di Montagna ce lo siamo bevuti su un petto di faraona croccante con le pesche nettarine.
Meglio ancora in magnum.
Tre lieti faccini :-) :-) :-)

8 giugno 2009

Nebbiolo d'Alba Ca Veja 2004 Paitin

Angelo Peretti
M'è capitato di bere questo Nebbiolo albese del 2004 qualche sera fa a cena in Langa, al ristorante. E ne son rimasto favorevolmente impressionato. Per la sua bella beva, certo, ma anche e soprattutto per quanto sapeva donare all'olfatto in termini di ampiezza ed eleganza.
Piccolo frutto rosso, eppoi fiori, freschi ed essiccati, violette soprattutto. E ancora un che di liquirizia, appena accennata, sul fondo. Gran bell'insieme di profumi.
E in bocca ecco, dicevo, la piacevolezza del bere, talché in primo bicchiere tira il secondo. Frutto maturo, croccante. Tannino disteso. E un accenno di cuoio e tabacco.
Vino di bella compagnia col cibo.
Due lieti faccini :-) :-)

10 maggio 2009

Barolo Cannubi 2003 Damilano

Angelo Peretti
Sì certo, l'estate del 2003 ce la ricordiamo tutti, con quella calura. E dunque quella non è stata certamente la migliore annata per i rossi, e soprattutto per quelli che di solito le carte le giocano sull'eleganza, sulla finezza. E sulla capacità di durare nel tempo. Di solito, quelli che ne sono usciti dall'uve surriscaldate di quell'anno, son vini più immediati e fruttatoni.
Ordunque, capisco che anche in terra barolista non si son generalmente fatti dei Barolo indimenticabili. Epperò questo qui, il Cannubi dei Damilano, l'ho bevuto gran volentieri, e se n'avessi in cantina un altro paio di bottiglie non mi dispiacerebbe affatto.
Vero: la frutta è stramatura, il fiore è macerato. E credo non sia boccia da tener lì anni, ché è vino già pronto da star nel bicchiere, e anche il tannino s'è di già ben levigato. Ma nella sua immediatezza - se immediato può essere un Barolo, ed anzi comprendo che è un azzardo usare 'sto termine - è un rosso che m'è piaciuto.
Al naso e in bocca, dunque, il frutto s'interseca con le violette appassite, col cacao amaro, con la liquirizia. E, sul fondo, c'è quasi un sentore di chinotto, o magari d'arancio amaro in confettura.
Due lieti faccini e quasi tre :-) :-)

27 marzo 2009

Barbaresco 2005 Angelo Pastura

Angelo Peretti
Non è tra i nomi big del Barbaresco, ma il suo vino l'ho trovato interessante.
N'ho bevuto un bicchiere al simposio che Davide Canina, ingegnere elettronico con la passione per la sommelierie, ha organizzato con una serie d'aziendine al Castello di Novello.
Il vino? Barbaresco di Serraboella. Producer Angelo Pastura.
Un po' tanto giovine, ancora, 'sto rosso langarolo, e dunque ovviamente non perfetto in fatto d'equilibrio, ma mi par bottiglia degna d'interesse (non so il prezzo, confesso, e può essere una discriminante, ma a occhio e croce sarà sulla diecina d'euro in cantina).
Colore mica tanto carico, ed è bene, a mio vedere, per un nebbiolo.
Naso che pure nebbioleggia per benino, ed ha fruttino e spezia, e fa apprezzare per buon'eleganza.
La bocca, è vero, è parecchio tannica, su toni di caffè e di cacao, ma sotto avverto ancora il fruttino e un che di violetta.
Due lieti faccini :-) :-)

19 marzo 2009

Coste della Sesia Rosso Cascina Cottignano 2006 Carlo Colombera

Angelo Peretti
Per me, una prima volta. Non m'era mai successo prima di bere un rosso della doc Coste della Sesia, terra biellese e un pelino vercellese, e denominazione, se non sbaglio, decenne e più (decreto del '96), ma proprio poco, poco nota ugualmente. Figlia minore, mi par di capire, di un'altra appellation che ha maggior storicità ma non grandissimi fan, ch'è quella del Bramaterra. Piemonte minore.
Ne ho tastato un bicchiere, quello della Cascina Cottignano, di Carlo Colombera, e devo dire che l'ho trovato interessante: vino piacevole, di buona beva, e a piccol prezzo, che non è cosa che guasti affatto: 5,5o euro in cantina a privati.
Fatto per i due terzi circa coll'uva di nebbiolo, più un 25 di croatina e il resto di vespolina.
Colore non particolarmente carico (ed è un bene, ché il nebbiolo non carica).
Naso magari un po' ritroso a concedersi nella componente fruttata, e fors'ha bisogno ancora di un po' di vetro.
Ma c'è una bocca succosa di fruttino, forse un pochetto dolcina, epperò anche con dei bei tannini.
E si beve.
Due lieti faccini :-) :-)

22 gennaio 2009

Barolo Ravera 2004 Elvio Cogno

Angelo Peretti
E poi dicono che il Vinitaly non serve a niente...
Al Vinitaly di solto chiacchiero molto e bevo poco. L'anno passato, complice la felicissima soffiata d'un amico, tra le bottiglie provate c'è stata quella del Barolo Ravera 2004 di Elvio Cogno, da Novello. Ed è stata una gran fortuna, ché ho potuto fare un ordine d'un paio di casse (prima oltretutto che le guide lo strapremiassero) di quello che considero uno dei più bei rossi tastati negli ultimi tempi. E ogni tanto, così, me lo ristappo.
Giovanilissimo, e quindi ancora un po' ruspante, t'avvince di già adesso, però, per la sua eleganza. Penso a cosa potrà essere con un po' d'attesa ancora nel vetro, epperò è fin d'ora tanto godibile.
Ci trovi, insieme, già all'olfatto, vene di liquirizia e di china e di fieno, direi, e anche di menta ed erbe alpestri.
In bocca, la trama tannica è importante, epperò anche già ora comincia a tirar fuori il velluto. E il frutto rosso è ampio e persistente e avvincente. E il vino t'avvolge senz'essere mai eccessivo.
Tre lieti faccini :-) :-) :-)