27 settembre 2009

Il turbinoso ribollire nel mondo delle bolle

Angelo Peretti
Allora, fatemi capire. Capire cosa succede nel mondo spumantistico italiano, intendo. Troppo difficile? Cerco di riepilogare quanto s'è sentito e letto negli ultimi mesi.
Il Prosecco d'ora in poi si chiamerà Prosecco e basta, e sarà una portaerei gigantesca, che traversa mezza Padania. Ma a Conegliano e Valdobbiadene potranno fare un docg. E anche sul Montello e sui Colli Asolani.
Il Trento doc, lo spumante metodo classico trentino, attivando una costosa campagna di marketing (devo dire, con un'immagine decisamente accattivante), ha deciso di chiamarsi Trentodoc tuttoattaccato. Mi domando cosa succederà quando la gente comincerà ad abituarsi alla nuova ocm (organizzazione comune di mercato, leggi legge europea del settore) del vino, e al fatto che le doc (denominazione di origine controllata) siano a tutti gli effetti delle dop (denominazione di origine protetta): inventeranno il Trentodop tuttoattaccato? Dite: ipotesi futuribile. Dico: chi vuole, tra i produttori, può già scrivere dop in etichetta da quest'anno.
Il Franciacorta insistono che dobbiamo chiamarlo solo Franciacorta, senza parlar di spumante o di bollicine, così come a nessuno verrebbe in mente di chiamare spumante uno Champagne, che infatti tutti chiamano solo Champagne e sanno benissimo cos'è.
L'Asti (spumante) si chiama Asti, d'accordo, anche se mi par di capire, da spizzichi di conversazione colti in zona, che chi invece produce Moscato d'Asti (frizzante) gli sta scomodo chiamarsi come l'Asti (spumante). Ché il Moscato d'Asti (frizzante) lo fanno spesso piccoli produttori e l'Asti (spumante) i mega gruppi industriali. E intanto l'Asti da più di un anno ha messo in piedi una forte campagna di comunicazione sui media cartacei.
Il Talento, il marchio che doveva unire gli spumanti italiani fatti col metodo classico, si vorrebbe rilanciarlo, anche se in realtà non è mai partito. Che fare? Adoperarlo per le bollicine che non hanno una doc tutta loro? Ma allora non c'è massa critica. Oppure aggiungerlo alla denominazione, tipo Talento-Trentodoc? Mi pare eccessivo.
In Oltrepò stanno provando a lanciare il Cruasè, che dovrebbe essere lo spumante rosé fatto col pinot nero. Dovrebbe significare “selezione naturale pinot nero rosè”, mettendo dunque assieme il concetto francese di crû con quello altrettanto francofono di rosé. Se avesse successo come la tipologia Satèn lanciata in Franciacorta, sarebbe una buona trovata di marketing.
Però temo che - oh, signùr - con tutte queste pieghe e pieghette della comunicazione bollicinosa il consumatore rischi di farsi venire il mal di testa.
Il tutto con solenni dichiarazioni del sorpasso degli spumanti italiani sullo Champagne. Ma cosa cavolo c'entra? Lo Champagne è uno, è una denominazione, è una storia, è un simbolo, ha un'identità precisa. Le bollicine italiane sono un coacervo, dove c'è dentro di tutto e di più, dal secco al dolce, dal metodo classico allo charmat. Che se poi i francesi mettessero insieme - e se ne guardano bene! - Champagne, Cremant e le altre bolle di casa loro, noi ci troveremmo ad affogare.
Oh, detto per inciso, se poi coi nostri italici proclami facessimo passare la logica che le bolle son buone quando son tante, finiremmo per pentircene: la Germania non avrebbe rivali coi suoi spumanti (spesso spumantini) sekt, se è vero, come mi pare, che i tedeschi ne fanno più di chiunque altro al mondo.

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