27 giugno 2009

Colli Berici Tai Rosso 2008 Cavazza

Angelo Peretti
Mi piacciono, da sempre, i vini che si bevono. E quindi non disdegno i vinini, in contrapposizione coi vinoni tutto muscolo e paestra. Il che non vuol dire che un vino che abbia struttura e concentrazione non possa essere anche dotato di beva, ma certe marmellate tannico-alcoliche, scusate, ma io non riesco proprio a berle.
Tra i vinini che si bevono con piacere, quando son ben fatti, ci son quelli ottenuti in terra vicentina col tocai rosso, parola tabù, ché tocai è vietato dalle norme europee, epperò bisogna pur capirsi: se l'han sempre choamato tocai rosso, è dura adesso, tutto d'un tratto, passare a dire tai, come s'è legiferato. che poi sarebbe giusto dire grenache, visto che questo è, in verità, il vitigno.
Ora, per non farla troppo lunga, segnalo un Tai Rosso del 2008 che ho trovato godibile: quello dei Cavazza.
Ha colore cerasuolo, leggero. Roba da far accapponare la pelle a chi il vino lo vuole d'un nero impenetrabile, ma non a me, che invece amo il colore vero, quello che viene dall'uva d'origine, e basta.
Il naso è fruttatino, ma di non grande ampiezza.
La bocca è assolutamente tipica: sa di grenache, di Rhone, e scusate se è poco. E poi ecco amarena, fragolina, leggera speziatura. E una sottile amabilità, che non guasta.
Da bere nel ghiaccio, in torride giornate estive.
Due lieti faccini :-) :-)

26 giugno 2009

Scendono, oh, se scendono i prezzi dei Bordeaux

Angelo Peretti
Sissignori che scendono i prezzi dei Bordeaux. Soprattutto i prezzi drogati dell'annata 2005. Saliti alle stelle in maniera impressionante, come se non ci fosse limite.
Bell'annata, certo. Ma i prezzi, in continua ascesa dal 2000, hanno raggiunto valori inaccettabili. E adesso il meccanismo s'è inceppato, e le cantine son pienotte.
Allora ecco che arrivano le offerte.
Compro spesso vini - e mi trovo gran bene - su Vinatis.com.
Ho visto che il Saint Julien 2005 di Chateau Lagrange (buon vino, già provato) lo vendono a 45 euro, contro i 60 di listino: sconto del 25 per cento.
D'accordo, 45 euro è ancora un prezzo che mica tutti se lo possono permettere, però il calo è netto.
Scendono, oh, se scendono. E io aspetto ancora a comprare. Dopo l'estate.

25 giugno 2009

Dal primo agosto cambia il mondo del vino? Forse

Angelo Peretti
Indubitabilmente. Avverbio lungo, desueto. Lo ricordo squillare dalla mia radiolina arancione: era Lelio Luttazzi che lo sillabava quando faceva Hit Parade. Dopo aver chiesto se il tal disco avrebbe mantenuto la prima posizione e se quell'altro invece non foss'in grado di scalzarlo, sanciva che "è ciò che indubitabilmente sapremo la prossima settimana". E poi invece la settimana dopo era ancora in testa "Pensieri e parole" o "Pazza idea".
Ecco, cosa porterà la nuova Ocm - leggi Organizzazione comune di mercato - del vino, lo sapremo indubitabilmente dopo il primo d'agosto. Che è la data della sua entrata in vigore.
O meglio, dubbi ce ne sono, eccome. Si naviga a vista, nel mondo vinicolo, e c'è proprio nebbia. E forse in molti la cosa l'han presa sottogamba e forse, per contro, altri l'hanno sovrastimata. Vallo a sapere.
Uno che ne capisce è di certo, Giuseppe Martelli (nella foto). Che non è solo il (bravo e potente) direttore generale dell'Assoenologi, ma anche il presidente del Comitato nazionale vini e che dunque adesso ha un bel daffare, visto che deve passare al setaccio le millanta richieste di modifiche dei disciplinari di produzioni delle italiche doc.
Se dunque lui ne capisce, è importante leggere quel che scrive sul numero di giugno dell'Enologo, "la voce della categoria". L'organo di stampa ufficiale dell'associazione degli enologi italiani.
nel suo editoriale comincia a mettere alcuni punti fermi. E a toglier di mezzo leggende.
"Di fatto - dice - i consorzi non potranno più svolgere le odierne attività di controllo e anche le camere di commercio dovranno operare si sensi e nel rispetto della norma". E dunque a far da controllori avranno da essere degli "enti terzi", come accade per il sistema comunitario delle dop. Solo che, nonostante manchi poco al big bang, non è ancora chiaro quali e quanti siano 'sti benedetti enti autorizzati a far da controllori.
Epperò, dice Martelli, è da ritenere che "a scegliere l'organismo di controllo siano i produttori e gli operatori di ogni denominazione, visto che sono le aziende che si accollano i costi diretti, ma soprattutto quelli indiretti che potrebbero eventualmente derivare dalla inefficienza del sistema o da una eccessiva rigidità burocratica".
Ci tornerò su.

24 giugno 2009

I cibi segreti che danno dipendenza

Angelo Peretti
Leggo sulla Repubblica di oggi che un libro americano conterrebbe "il segreto dei cibi che creano dipendenza, proprio come le droghe o il tabacco".
L'autore è nientemeno che David A. Kessler, responsabile della Food and Drug Administration sotto ben due presidenti Usa. Secondo lui, dice il quotidiano, "alcune industrie alimentari condirebbero i loro prodotti con un mix di zuccheri, sali e grassi ai quali è impossibile resistere".
Accidenti, ora che penso agli alimenti che mi danno dipendenza, mi domando cosa cavolo ci mettano i francesi dentro al loro dannato Champagne.

14 giugno 2009

Dispensa Pani e Vini - Adro (Brescia)

Angelo Peretti
Dalle sue parti, ossia in Franciacorta e comunque dalle parti del lago d'Iseo, Vittorio Fusari è considerato una sorta di semidio, per come ha saputo valorizzare in cucina i prodotti tipici, anche i più negletti, del territorio. Ora è impegnato in un nuovo progetto, quello della Dispensa Pani e Vini. Un posto gioioso, giocoso e al tempo stesso rilassante, in piena terra franciacortina, dentro a una sorta di piccolo centro commerciale, a ridosso della rotonda di Torbiato. Là dove in fondo neppure te l'aspetteresti di trovarci un gioiellino così. E ci sono, assieme, banco dei formaggi, botteguccia di prodotti sfiziosi, enoteca, lounge per l'aperitivo e ristorante.
Io che son lacustre - gardesano, vabbé, e non sebino - devo dire che da Fusari ci ho mangiato ier l'altro uno dei più buoni piatti d'acqua dolce che mi sia sin qui capitato d'incrociare in tavola. Una sorta di gazpacho con un trancetto (una scaloppa) di trota, croccante nella pelle e morbidissima nella polpa, eppoi ancora nella stessa scodella una tartare di trota iseana pur'essa e una granita di basilico. Tutt'insieme, dicevo. Con una sensazione di freschezza fascinosa.
Buonissimo era anche il piccione col foie gras e con la caponatina di verdure avvolta nella foglia di spinaci e con della polentina avvolta pure, ma nel lardo. E altrettanto il vitello tonnato, fatto col vitello, appunto, ma anche col tonno, e con la salsa di capperi e un'insalata russa preparata al momento.
Splendida e delicata cucina. Ci tornerò, e spero presto.
Dispensa Pani e Vini - Loc. Torbiato - via Principe Umberto - Adro (Brescia) - tel. 030 7450757

13 giugno 2009

E dopo il super Prosecco arriva anche il super Pinot Grigio?

Angelo Peretti
Il super-Prosecco adesso è realtà. Lo dice un comunicato della Regione Veneto. Che parla del definitivo "via libera tecnico al Progetto Prosecco”. E il via libero l'ha dato, ovviamente, il Comitato nazionale vini. Che ha bocciato le controdeduzioni ch'erano emerse in merito all'ipotesi d'un Prosecco doc interregionale. Un Proseccone da milioni di bottiglie, capace d'invadere il mercato globale. E dunque, d'ora in poi ci saranno il Prosecco doc e le docg Conegliano Valdobbiadene e Colli Asolani (denominazione, quest'ultima, che potrà chiamarsi anche più semplicemente Asolo). Non solo: i vini fatti nella provincia trevigiana con le uve di quella terra, potranno scrivere in etichetta Prosecco Treviso doc.
Fin qui le novità prosecchiste, sulle quali peraltro m'ero ampiamente già esercitato tempo fa.
Poi però bisogna soffermarsi su un dettaglio, che tale non è. Parlo di un dettaglio del comunicato regionale. Che, dopo aver spazio alle parole di soddisfazione del vicepresidente della giunta veneta, Franco Manzato (nella foto), si conclude con una sua battuta sulla quale magari occorrerà soffermarsi. Dice infatti Manzato, parlando ancora del nuovo super-Prosecco a denominazione: "Se lavoreremo bene, questo nostro vino potrebbe diventare in breve tempo la più importante realtà spumantistica mondiale: un’occasione da non perdere per il futuro dell’enologia del Nord Est, rispetto alla quale dobbiamo concretare i nostri sforzi su altre importati realtà comuni come Pinot Grigio e su altre perle venete come l’Amarone, il Soave, il Tai, solo per citarne alcune”.
Perché mi ci si soffermo su quest'affermazione? Perché gli è che da qualche tempo serpeggia in vigna veneta un'ipotesi. Quella di cercar di replicare l'effetto Prosecco anche col Pinot Grigio, Che adesso è solo in piccola parte appannaggio di qualche doc: la maggior parte di questo bianco che ha conosciuto tanta fortuna nel Regno Unito e negli States è sotto l'igt del Veneto. E sull'onda del Pinot Grigio venetico, si son messi a piantarlo un po' ovunque. E nella terra che fu della Serenissima si teme lo scippo, come peraltro stava accadendo coi prosecchini vinificati qui e là, ed ora di fatto stoppati.
E dunque dopo il super-Prosecco nascerà anche un super-Pinot Grigio?

12 giugno 2009

Osteria Casa Vino - Verona

Angelo Peretti
Vicolo Morette, a Verona, lo trovate quasi di fronte all'Arco dei Gavi, o se preferite poco discosto da Castelvecchio. O a un tiro di schioppo da piazza Brà, percorrendo via Roma. Un vicoletto che proprio a metà è in parte occupato dagli ombrelloni e dai tavolini d'un ristorantino: Osteria Casa Vino è l'insegna. Ci sono stato qualche sera fa, dopo aver ricevuto un sms che me lo suggeriva. E non me ne sono assolutamente pentito.
Sia chiaro: non cercateci romanticismo o privacy. Sia nella salettina (bene arredata) che sul plateatico i tavolini sono appiccicati l'uno all'altro. Eppoi concettualmente a me piacerebbe mangiare territorio, e dunque se siamo a Verona, in un'osteria vorrei mangiar veronese, e mica trovare in lista di tutto un po', ma sono solo idee mie.
Se invece v'interessa la cucina in sé, e magari anche il buon rapporto fra prezzo e qualità, be', ho l'impressione che qui vi troverete bene.
Provata la zuppa di fagioli, delicata, lo splendido carrè di agnello, il delizioso mascarpone al caffè. Chi mi accompagnava, è stato piuttosto contento dei suoi fiori di zucchina ripieni e del suo misto mare gratinato, di bella freschezza. Con l'aggiunta di una minerale e di una mezzina di onesto Valpolicella della Cantina sociale di Negrar, s'è speso, in tutto, 62 euro in due, cifra che rapportata, appunto, al valore di quel che abbiamo avuto nel piatto, è un invito a ritornare.
Osteria Casa Vino - Vicolo Morette, 8a - Verona - tel. 045 8004337

11 giugno 2009

Villa di Maser: quando il genio non è solo Palladio

Mauro Pasquali
Raccontare di una degustazione fatta all'ombra di colonne palladiane e a due passi da uno straordinario ciclo di affreschi di Paolo Veronese, è al tempo stesso emozionante (la stessa emozione provata entrando nella villa e varcandone la soglia) e stimolante.
Villa di Maser. A Maser, Treviso.
È difficile staccare gli occhi dalle armonie dell'architettura della villa, questo straordinario complesso nato, come quasi tutte le ville palladiane, per il governo ed il controllo del territorio circostante. Questa villa con una forma che sembra voler avvolgere la campagna circostante, posta com'è sul fianco di un dolce rilievo collinare e che allarga le sue ali, quasi come braccia che si protendono a voler proteggere la campagna.
Ma non dobbiamo dimenticare che il genio di Andrea Palladio aveva concepito la villa come luogo di lavoro e di ricovero degli attrezzi e dei prodotti. Ecco quindi che, fino a metà del XIX secolo l'uva veniva lavorata e conservata nelle barchesse e nei locali della villa, fino a quando fu costruita l'attuale cantina, anch'essa frutto, qualche secolo dopo della genialità minore, ma non per questo da disprezzare, non solo dello sconosciuto progettista ma, anche, di coloro che suggerirono gli accorgimenti tecnici per favorire il lavoro dei vignaioli e dei cantinieri. Geniale è la costruzione, distribuita sui tre livelli di cui si compone la cantina e che permettono di tenere separati i materiali e le attrezzature, riposte al primo piano, dalle uve in lavorazione e dai mosti che trovano la collocazione ottimale al piano terra, dal vino che trova l'ambiente ideale per la sua conservazione e affinamento nella cantina sotterranea.
Entrare nella zona di affinamento del vino dà un colpo d'occhio straordinario: per tutta la lunghezza botti storiche ancora in uso e barriques che riposano nel silenzio e nella penombra del locale.
Ma torniamo all'esterno, ammirando i vigneti curati come giardini, tutti rigorosamente allevati a guyot, nella spasmodica ricerca della qualità da ottenere già in vigna, con una resa molto bassa per pianta. Ma questo, ovviamente, non basta. E' necessario selezionare l'uva e raccogliere solo quella al giusto punto di maturazione, anche a costo di lasciare sulla pianta i grappoli non pronti o imperfetti, cosa che getta nello sgomento i vecchi vignaioli, abituati a raccogliere tutto, fino all'ultimo acino, memori di anni di difficoltà economica e carestie. Ma tant'è: la scelta che Diamante e Vittorio, gli attuali proprietari ed artefici della decisa virata verso la qualità di Villa Maser, è irreversibile e decisa: qualità, qualità e, ancora, qualità.
Ci spostiamo per provare alcuni dei prodotti di Villa di Maser quasi a malincuore, tanta è l'armonia che le proporzioni dell'architettura palladiana ci hanno donato. Ma le sorprese non terminano qui: ben lontani, almeno qui a Villa di Maser, i tempi di una produzione banale e scontata.
Prosecco Montello e Colli Asolani 2006
Il vino è più che interessante e detto da me, che non amo particolarmente la tipologia, credo possa essere preso per un complimento. Il motivo è presto detto: è un prosecco non prosecco, a partire dalla raccolta delle uve, che avviene molto tardi, quando tutti gli altri produttori hanno ormai finito e il loro vino ha già iniziato a fermentare, per proseguire con una fermentazione in acciaio lunga lunga, oltre tre mesi, quasi quattro. Non bastasse ciò, il vino viene messo in vendita un anno dopo gli altri, dopo un lungo periodo di affinamento in bottiglia. E il risultato si sente: una struttura che non sospetteresti in un prosecco e una notevole lunghezza gustativa che fanno da contorno ad una complessità insospettata. Insomma un prosecco da provare, soprattutto da parte di chi, come me, non ama il genere.
Due beati faccini: :-) :-)
Colli Trevigiani Manzoni Bianco 2007
Non si fa fatica a pensare che, quando il professor Manzoni a metà degli anni '30 selezionò l'incrocio denominato 6.0.13, facendo accoppiare, mi si passi il termine, pinot bianco e riesling renano, aveva in mente di ottenere un vino proprio come questo. Il figlio di questo matrimonio non avrebbe potuto essere più degno di genitori così nobili: un vino fortemente caratterizzato dall'aromaticità del riesling e che dona al naso forti sensazioni di frutta, mela e pesca in primis e che, pian piano, lascia spazio a note di fiori di geranio, al pomodoro verde. Ma è in bocca che il vino esprime tutta la sua pienezza: fresco, morbido, sapido, con una lunghezza incredibile. È un continuo ritorno, anche dopo molto tempo dall'averlo bevuto, di sensazioni quasi balsamiche.
Due beati faccini pieni e convinti, quasi tre :-) :-)
Colli Trevigiani Verduzzo 2007 Il colore che non t'aspetti: giallo oro, di un giallo caldo, brillante, che ti scalda il cuore solo a vederlo. Un profumo ampio, profondo, raffinato con note vinose che ti avvolgono e ti portano ad assaggiarlo cercando di cogliere anche in bocca le stesse sensazioni. Il primo sorso rivela una grande complessità, con una spiccata sapidità che lo rendono più che piacevole, con un finale lungo lungo. Il secondo sorso ti riempie la bocca e te la lascia gradevolmente pulita. Il terzo sorso… in poche parole un vino più che piacevole, di quelli che vorresti incontrare tutti i giorni. Di quei vini che, stappati alla sera, ti riconciliano anche con le giornate più storte e negative.
Tre beati faccini, pieni e convinti :-) :-) :-)
Maserino Rosso 2005
Taglio bordolese che più bordolese non si può: merlot, cabernet sauvignon e cabernet franc, in proporzioni decrescenti nell'ordine, che portano ad un vino di grande equilibrio e complessità.
In bocca quello che si dice “un vino con una grande beva”: semplice ed immediato ma, al tempo stesso con una personalità che lo rende non banale. Un vino da pasto, e scusate se è poco, in un panorama di vini che prendono grandissimi voti in degustazione e poi, messi di fronte ad un arrosto o a un piatto di pesce, crollano miserevolmente. Un vino che regge il confronto con più blasonati cugini, che nascono anche a pochi chilometri da qui ma che, alle volte, non hanno neppure lontanamente quella piacevolezza che contraddistingue il Maserino.
Due beati faccini: :-) :-)

8 giugno 2009

Nebbiolo d'Alba Ca Veja 2004 Paitin

Angelo Peretti
M'è capitato di bere questo Nebbiolo albese del 2004 qualche sera fa a cena in Langa, al ristorante. E ne son rimasto favorevolmente impressionato. Per la sua bella beva, certo, ma anche e soprattutto per quanto sapeva donare all'olfatto in termini di ampiezza ed eleganza.
Piccolo frutto rosso, eppoi fiori, freschi ed essiccati, violette soprattutto. E ancora un che di liquirizia, appena accennata, sul fondo. Gran bell'insieme di profumi.
E in bocca ecco, dicevo, la piacevolezza del bere, talché in primo bicchiere tira il secondo. Frutto maturo, croccante. Tannino disteso. E un accenno di cuoio e tabacco.
Vino di bella compagnia col cibo.
Due lieti faccini :-) :-)

6 giugno 2009

Vini & vulcani

Mario Plazio
È già da qualche annetto che il Consorzio Tutela Vini di Soave organizza degustazioni a tema attorno ai vini bianchi. La cosa è fatta estremamente bene (e questo è tutt'altro che scontato), quindi merito vada al direttore Aldo Lorenzoni e allo staff tutto. Vulcania è il titolo della degustazione svolta il 5 giugno, e subito pensiamo a quella fetta di territorio di Soave che riposa su terreni vulcanici. La questione sul banco è di quelle da far venire mal di testa: esiste un carattere comune tra i vini bianchi prodotti su terreni vulcanici?
La discussione porta immediatamente verso la definizione del concetto (tanto caro ai cugini francesi) di terroir. Probabilmente servirebbe scrivere un tomo di treccanesca memoria, e forse ancora non avremmo capito niente del soggetto. Quanto è emerso dalla degustazione complica ancora di più le carte in tavola, o nel bicchiere.
In alcuni vini è indubbia l'influenza del suolo. In altri prevale forse il carattere varietale dell'uva, mentre per altri la tecnica di vinificazione ha completamente preso il sopravvento.
Il Durello metodo classico riserva 2004 di Fongaro conserva l'impronta salina e minerale nonostante i cinque anni di permanenza sui lieviti. Ancora sapidità e mineralità per il troppo giovane Vermentino di Gallura 2008 Monteoro di Sella & Mosca, mediterraneo nella sua struttura potente e alcolica. Una accennata nota di pietra vulcanica l'ho sentita nel Frascati Superiore 2008 di Castel de Paolis, vino però semplice semplice, di non grande complessità.
Il principe dei vulcani europei è l'Etna, intorno al quale sono piantati alcuni tra i vigneti più affascinanti che si conoscano. Non sempre però i vini sono all'altezza. L'Etna Biancodicaselle 2004 di Benanti è sorprendentemente giovane e deriva da uve carricante. Solo dopo alcuni minuti esce la nota sulfurea, mentre il profilo resta dinamico ed elegante. Chi può lo tenga in cantina almeno cinque anni e troverà un grande vino. Del 2001 era il succoso Etna Bianco superiore di Villagrande. Qui la nota legnosa, pur ben fusa, toglie qualcosa al fascino del vino, che freme senza riuscire a dire tutto quello che vorrebbe. Comunque la vena minerale esce e anche qui potremmo avere delle sorprese fra qualche anno.
Due i Soave degustati. Il Monte di Fice 2006 de I Stefanini fa percepire il luogo di provenienza, ma sembra un po' troppo prevedibile e tecnico. Archetipo del Soave in accaio, La Froscà 1997 di Gini è un vino ancora integro e complesso con rimandi di pietra bagnata e gomma tipici della zona.
La sorpresa della serata è stata la Malvasia seco Lanzarote '08 di Bermejo. Da questa isola magnifica è uscito un vino di puro terroir e splendida eleganza, caratterizzato da una sottile aromaticità perfettamente tenuta a bada dall'impronta vulcanica del suolo di Lanzarote.
I vini che mi hanno lasciato perplesso e che fatico a collocare su un suolo di questo tipo sono la Falanghina dei Campi Flegrei 2008 di Grotta del Sole e il Muller Thurgau '07 di LaVis. Vini ben fatti sicuramente, me troppo tecnici e perfettini per riuscire a prendermi.
Da rivedere il Santorini Assyrtiko Thalassitis 2008 di Gaia, troppo ridotto e bruciante per l'alta dose di solforosa, ma intrigante per la sua acidità vibrante. Potente e scomposto il Pinot Grigio Baden Henkemberg '07 di Salwey, forse anche troppo compiaciuto dei propri muscoli.
Infine i vini passiti: il Fior d'Arancio Colli Euganei Donna Daria 2006 di Emo Capodilista e il Recioto di Soave La Perlara '07 di Cà Rugate sono due eccellenti vini, nei quali però fatichiamo a trovare il terroir, tanto sono caratterizzati dalle note varietali dell'uva. Il passito di Pantelleria Mueggen '06 di Murana è davvero travolgente e lascia pochi dubbi sulla zona di provenienza, tanto coerente è la nota minerale e di polvere di roccia vulcanica.
Alla fine credo si possa dire che, ancora una volta, la differenza tra un buon vino e una grande bottiglia è figlia di numerose scelte, dall'uva che si è piantata al terreno in cui cresce la pianta, fino al modo in cui si opera in cantina. Solo quando questo puzzle apparentemente inestricabile si compone, quasiper magia ha origine un vino indimenticabile.
Infine i punteggi.
Lessini Durello Spumante Metodo Classico Riserva 2004 Fongaro
Due lieti faccini e quasi tre :-) :-)
Vermentino di Gallura superiore Monteoro 2008 Sella & Mosca
Due lieti faccini :-) :-)
Falanghina dei Campi Flegrei 2008 Grotta del Sole
Un faccino e quasi due :-)
Muller Thurgau Trentino 2007 LaVis
Un faccino e quasi due :-)
Frascati Superiore 2008 Castel de Paolis
Un faccino e quasi due :-)
Etna Bianco Biancodicaselle 2004 Benanti
Due lieti faccini e quasi tre :-) :-)
Etna Bianco Superiore 2001 Villagrande
Due lieti faccini :-) :-)
Soave Superiore Classico Monte di Fice 2006 I Stefanini
Un faccino e quasi due :-)
Soave Classico La Froscà 1997 Gini
Due lieti faccini e quasi tre :-) :-)
Santorini Assyrtiko Thalassitis 2008 Gaia
Giudizio sospeso
Baden Grauburgunder Henkemberg 2007 Salwey
Due lieti faccini :-) :-)
Malvasia Seco Lanzarote 2008 Bermejo
Tre lieti faccini :-) :-) :-)
Fior d'Arancio Passito Colli Euganei Donna Daria 2006 Emo Capodilista
Due lieti faccini :-) :-)
Recioto di Soave La Perlara 2007 Cà Rugate
Due lieti faccini :-) :-)
Moscato di Pantelleria Mueggen 2006 Salvatore Murana
Tre lieti faccini :-) :-) :-)

3 giugno 2009

Gambellara Pico 1999 La Biancara

Mauro Pasquali
Angiolino Maule è un personaggio che non lascia indifferenti e lui fa di tutto per non esserlo. O lo ami o lo odi: le mezze misure non esistono con lui e con i suoi vini. Vini amati, alle volte sopravvalutati, ma sicuramente vini che fanno discutere e non permettono di rimanere indifferenti.
Come indifferente non mi ha lasciato questo Pico 1999. Garganega in purezza, una fermentazione sulle bucce per alcuni giorni e poi più nulla. Proprio così: nulla. Ma è un nulla che a distanza di dieci anni ha permesso di ottenere un vino straordinario.
Al naso la mineralità della garganega con un leggero fondo di mandorle amare. Ti colpisce subito una complessità che poi in bocca esplode in un grande equilibrio con freschezza e finezza notevoli. E tutto questo a dieci anni dalla vendemmia! Quanti rossi dopo questo periodo sono già alla fine della loro vita?
Questo bianco (o un rosso travestito da bianco, per dirla con qualcuno) non lascia intravedere il suo declino. Un vino che ti porta ad assaggiarlo nuovamente. E, poi, una volta ancora. Insomma, non ti stancheresti di berlo, dando ragione ad Angiolino che ha sempre affermato che i suoi vini cominciano a dare il meglio di sé dopo diversi anni dalla vendemmia.
Un gran bel vino che vorrei assaggiare nuovamente fra qualche anno, magari confrontandolo nuovamente con il 2007 che, ancora in fasce, si è fatto notare per una potenzialità tale da pronosticare anche per quest'annata, l'ultima in commercio, una evoluzione ed una longevità simile.
Tre beati faccini pieni e convinti :-) :-) :-)

2 giugno 2009

Il supermercato, il crollo della qualità e l'effetto domino

Angelo Peretti
Che sia diventato più esigente io? O meno conciliante? O che sia tutto effetto della crisi sistemica in atto? Probabilmente tutt'e tre le cose. Però mi domando se sia solo un'impressione mia quella che da qualche tempo a questa parte i prodotti alimentari freschi che si comprano nei supermercati sembrano più o meno drasticamente calati di qualità. La frutta è acquosa e insulsa. La verdura annerisce in un battibaleno. La carne è stopposa e senza sapore. I formaggi hanno toni plasticosi e fermentativi. Si badi: sugli stessi scaffali dai quali li hai presi negli anni passati.
Il dubbio è che sì, insomma, io sia magari un cliente un po' rognoso, ma che parimenti il peggioramento qualitativo sia palese. E mi viene da attribuirne la causa, fors'anche indiretta, alle conseguenze del crash finanziario. Perché, col potere d'acquisto delle famiglie che s'è drasticamente ridotto, non è certo tempo di vacche grasse neanche per la grande distribuzione. E dunque i margini finanziari si sono ridotti. E dunque nella gdo si deve badare a cercar di fare conto economico tirando sui costi d'approvigionamento. E dunque si strozzano i fornitori, che già vedono gli ordinativi in calo, e che dunque devono a loro volta risparmiare sulle materie prime. Oppure si ordinano prodotti di minor qualità, di seconda scelta.
Tanti "e dunque" ho scritto qui di sopra: ma è così, una catena. Come quando ti fan vedere i mattoncini del domino mess'in piedi uno accanto all'altro: se fai cadere il primo, vanno giù tutti. Effetto domino, appunto, lo chiamano. E alla fine, tu, che tra l'altro hai meno soldi in tasca, sei quello che ci rimette più di tutti. Sei l'ultimo mattoncino: il consumatore.
Solo una mia impressione?

1 giugno 2009

Botticino La Foja 2003 Emilio Franzoni

Angelo Peretti
Di solito non accetto che un vino finisca amaro. Qualcuno parla di retrogusto amarognolo come d'un carattere tipico. E per forza che è retro, il gusto amaro: la sensazione amara la percepisce la parte finale della lingua, altroché se non sta al retro. Gli è che solitamente associo il sentore amaricante a una qualche imperfezione di cantina, ed hanno un bel dirmela che è questione di terra o di terroir.
Stavolta però - e credo sia l'eccezione che comunque conferma la regola - mi tocca contraddirmi. E dico che di questo rosso di Botticino, paesello bresciano famoso sino ad ora più per le cave di marmo che per il vino, ma probabilmente destinato a sovvertire i luoghi comuni e diventar terra enoica di bel profilo, m'è invece piaciuta quella vena amara di mandorla che accompagna a lungo il palato, e l'accarezza, e l'allunga, fondendosi col frutto e rendendolo più profondo, più austero. Direi perfino dandogli quel tono demodé di decadenza che mi piace invece ritrovare in certi rossi.
Fatto con la barbera (un quaranta per cento) e poi col marzemino (trenta), con sangiovese (venti) e con la schiava gentile, ha naso "antico" di frutto stramaturo (retaggio del caldo del 2003) e petali essiccati. Ed ha spezia, e perfino un che, appena appena, di vinoso.
In bocca, ho detto, ancora frutto rosso ipermaturo e mandorla, masticata a manciate.
Due lieti faccini :-) :-)