9 novembre 2011

Napoli di mare e di terra

Angelo Peretti
Lo stereotipo è quello: il golfo di Napoli col pino in primo piano, dalla collina di Posillipo, e sullo sfondo il Vesuvio. Quante volte l'avevo già vista 'sta immagine? Tante, e tutte le volte mi ero concentrato sul mare, e così per me Napoli è sempre stata una città di mare, e le città di mare sono piane. Invece no, Napoli non è piana per niente. Napoli è in salita. Me ne sono accorto una mattina che facevo jogging in via Toledo: ora presta, strada deserta, e mi sono impressionato a vederla in salita, la strada, ché nelle altre ore, strapiena di gente, non me n'ero accorto. Eppoi ho corso fino a Posillipo, e la salita c'è, e la senti nelle gambe, e mi sono dato dello stupido: se il golfo lo si vede dall'alto, nelle oleografie, allora c'è la collina. Stupidamente, non avevo mai riflettuto che è la terra a plasmare anche la cucina partenopea: che c'azzecca col mare la pizza? La pizza è terragna, altroché. Napoli s'affaccia verso il mare, ma dalla campagna e dal monte e dalla collina, e le case sono a strati, colline di case.
Ci pensavo, ed è stata una rilevazione, cenando a Palazzo Petrucci, ristorante nel cuore della città, a lato della splendida piazza di San Domenico Maggiore, che s'apre su Spaccanapoli. Ci pensavo perché la cucina di Lino Scarallo, lo chef, è così, di terra e di mare, insieme. Fusione, integrazione di prodotti terricoli e marinari. Dico: lasagnette di mozzarella di bufala campana e crudo di gamberi su salsa di fiori di zucca. A far da supporto ai gamberi, fette di mozzarella. Splendido. Oppure: raviolo di lingua di vitello ripieno di gamberi crudi su zuppetta di bucce di limone di Sorrento e sconcigli (sono molluschi). Il raviolo non è "con" la lingua, ma "di" lingua, tagliata sottile sottile e modellata per contenere i gamberi. Piatto che mette insieme la Napoli plebea e quella aristocratica. Ancora: ravioli ripieni di capocollo di maiale alla genovese su guazzetto di vongole, pecorino e mirto. Et voilà, ancora terra e mare, uniti. Eppoi un assaggio d'una proposta che Lino m'ha detto essere ancora in sperimentazione: battuto di seppia, ostriche e lime con tartare di vitello, carciofo e maionese d'astice, e qui ci voleva l'applauso.
Se vi capitasse d'essere a Napoli, andate a provarla la mano di Scarallo a Palazzo Petrucci. Un altro dei luoghi di culto della grande ristorazione campana. Anche il locale è bello: essenziale, silenzioso (a Napoli!), su due piani, cucina al superiore, a vista. Un buon motivo in più.
Ristorante Palazzo Petrucci - Piazza San Domenico Maggiore, 4 - Napoli - tel. 081 5524068

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