6 maggio 2009

Baùsk: la fascina del merlòt

Angelo Peretti
Ohi, ohi: qui adesso va a finire c'è qualcuno che si mette a pensare che ci sia del torbido. E anche quest'incipit non aiuta: excusatio non petita... Ma tant'è, se uno vuol pensar male, comunque lo fa, e dunque sappiatelo: è giusto un caso che su quest'InternetGourmet si parli per due volte di fila di un'azienda trevigiana, Val del Lovo, e de' suoi vini. Casualità assoluta: quando Mauro Pasquali m'ha mandato la sua mail con la recensione del Salariato, io stavo giusto stappando la bottiglia di Baùsk che m'aveva donato un mesetto abbondante fa Aurora Endrici, donna del vino.
Ora, dico che l'azienda non la conosco: mai stato a vederla. Conosco, certo, Susegana, ed è terra bellissima. Prosecchista. Ma nell'aziend'agricola di Luca Ricci non ci sono entrato mai, per ora.
Mi si dice che lo strambo nome del vino che ho nel bicchiere, ed è un merlot e solo merlot, vien dal dialetto del posto: baùsk sarebbe la fascina di tralci di vite. Una volta, i potatori se la portavano a casa per il focolare. Tempi grami. Mi si racconta anche che da un baùsk di marze sarebbe stato riprodotto un vigneto più che sessantenne, che di lì a poco, per questioni ereditarie, avrebbe cambiato proprietà: me ne parla Paolo Ianna, wine lover, in una mail che m'ha fatto avere, mercé l'intercessione d'Aurora. E lui, Paolo, mi spiega anche che si tratterebbe - dico delle marze - d'una vecchia tipologia di merlot (da quelle parti mica lo pronunciano alla francese, merló, bensì alla venetica, con tanto d'accento bello schioccante e con sonora t finale, merlòt), acclimatatasi col tempo, e quindi sui generis (miseria quanto latino che ci sta in questo pezzo).
Poi, poco m'importa che l'allevamento sia "un cordone speronato molto castigato a bassa produzione", ché n'ho provato di vini partiti da buone uve, epperò massacrati in cantina da apprendisti stregoni e fattucchiere militanti che concentrano all'inversomile e aromatizzano co' legni franzosi, sloveni, americani e via discorrendo. Quel che m'interessa è provare il vino nel bicchiere. Prima un sorso, e poi, se c'è beva giusta, un altro e un altro, e se c'è buona compagnia la bottiglia si svuota. Confesso: di bicchieri ne ho bevuti tre, e dunque m'è piaciuto il Baùsk. Nonostante...
Già, nonostante io, che amo i vini di Bordeaux - soprattutto quand'invecchiano - sia sempre riluttante quand'ho a che fare coi bordolesi di casa nostra. E dunque, quando tasto carbernet e merlot ammetto che parto un pochetto prevenuto. Anche stavolta.
E invece eccomi qua a dire che il vino l'ho trovato buono. E c'è tanto, tanto fruttino di già al naso, e t'aspetteresti - e dubiti: che malfidente... - di trovarti in bocca magari la solita marmellatona, magari legnosetta, dei supervattelapesca di moda filoamericana. E invece no. E invece in bocca ecco ancora il fruttino, tanto, tantissimo, ma anche una beva invitante, appagante. E 'sto rosso delle colline della Marca - igt Merlot Colli Trevigiani - accompagna la tavola che è un piacere. Ed è dunque succosità fruttata, e poi spezia, e un filo di dolcezza ben equlibrata dal tannino.
Buon vino. Se son rose, lasciate che fioriscano: da seguire, 'sta Val del Lovo (se non sbaglio, lovo è il lupo, dialetto venetico).
Consigli? Uno. Non sul vino, però. Sulle presentazioni, internet ed etichette: un po' di leziosità in meno gioverebbe, ritengo. Ma sono solo pensieri miei.

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