23 novembre 2009

Il Brunello, il sangiovese, forse gli antichi mari scomparsi: Il Marroneto

Angelo Peretti
Avete presente quando si dice "come un fiume in piena"? Ecco, se gli dai la parola, Alessandro Mori non lo fermi più, come un fiume nei giorni di piena, appunto. Che se poi non gliela dai, la parola, lui se la prende comunque, tant'è la voglia (e l'amore) che ha di parlar della sua terra e delle sue vigne e del suo vino. E il suo vino è il Brunello che si fa sui terreni dell'azienda agricola Il Marroneto, a Montalcino, località Madonna delle Grazie.
Brunello di Montalcino fatto col sangiovese, a scanso d'equivoci, e che del sangiovese ha veramente i caratteri, a cominciar dal colore, mica carico come invece ci hanno abituati i filoamericani. Talché lui se ne fa un vanto di quando un tale a una degustazione gli disse che il suo poteva esser mica Brunello, ché non era nero nel bicchiere. Appunto. E qui ci sarebbero da dir molte cose su come la filosofia produttiva del posto si sia dagli anni Novanta in qua andata modificando e imbastardendo per rispondere ai dettami del mercato internazionale, che garantiva quattrini e ha portato dove ha portato.
M'è capitato d'averlo a cena, Alessandro, in una serata che ho mess'in piedi alla Taverna Kus di San Zeno di Montagna: in tavola otto suoi vini, prima cinque annate del Brunello e poi tre della selezione Madonna delle Grazie, e quando si dice selezione, s'intende la cernita di grappoli nel vigneto, per farne un rosso diverso dall'altro già nella filosofia d'iniziale vinificazione. Nel senso che il Brunello incomincia il suo ciclo di vita in vasche d'acciaio con rimonta continua per i primi due giorni, mentre la selezione muove i pimi passi in tini di rovere di Allier, ma rimanendo del tutto ferma per nei primi due giorni. L'uno opposto all'altra.
Entrambi i vini hanno bel tannino e acidità spiccata, doti che garantiscono longevità. Col secondo che mette in campo magari maggior complessità. Ma col primo che piace per l'eleganza. Il che ti fa venir voglie di berlo entrambi.
Lui, il padron di casa, è perentorio nel dirti che no, non s'ha da decantare il suo vino anche delle annate più vecchie (e comunque è Brunello che esce sul mercato molto tardi, il suo) e che neppure s'ha da rigirarlo nel bicchiere, perché deve uscire fuori man mano. Mi permetto di dire che concordo col primo diktat, ché anch'io penso mai vada usato il decanter per i rossi d'età (pena fulminea ossidazione), mentre sono discorde sull'altra prescrizione, perché a me piace invece condurre il gioco, rigirando il vino nel vetro, in modo da coglierne meglio l'evoluzione, ed anzi accelerandola e rallentandola a piacer mio. Son io che devo goder del vino, mica lui di me che l'attendo, accidenti! Ma insomma resta la comune opinione sul fatto che il vino che sa invecchiare va goduto momento per momento, cogliendone le trasformazioni nel calice, e i tanti doni che ti sa elargire nel paio d'ore d'una conversazione o d'una cena. E qui mi par che, appunto, si concordi in pieno.
Dicevo del colore e del tannino e dell'acidità, propri dei vini del Marroneto. Ma altri caratteri ho ritenuto trasversali alle annate che ho avuto nel bicchiere. E sono un bel frutto, succoso e polposo il giusto senz'arrivare alla muscolosità, e poi curiose memorie di iodio - al punto che m'è venuto da scrivere sul mio taccuino d'appunti che somigliano a vini di mare - e di terra rossa bagnata. Ora, sul frutto mi pare che chi stava a tavola con noi fosse pienamente concorde, ma sull'altre due suggestoni ho preferito tacere sinché il Mori, lasciandomi di stucco, ha raccontato che la vigna sta su terreni che son zeppi d'antichissima sabbia (forse d'arcaici mari scomparsi coll'affiorare delle terre, e c'è ricchezza di fossili infatti) e che il resto è appunto terra dalla colorazione rossastra. Vuoi vedere che c'entra il terroir? Terra, vigna, orgoglio, passione: terroir.
M'accorgo d'essere andato lungo, e allora è il momento d'alcune note sui vini bevuti (mica assaggiati, bevuti). In 100 battute al massimo ciascuno.
Brunello di Montalcino 1989
Piccola annata, ma aggraziata e fresca. Succosissimo di fruttino. Cioccolato al latte. Adorabile.
Tre faccini :-) :-) :-)
Brunello di Montalcino 1995
Fresco, robusto. Tannino di velluto. Fiori appassiti, frutto che si concede con lentezza.
Due faccini :-) :-)
Brunello di Montalcino 1998
Un fuoriclasse. Gran frutto. Vene officinali e salmastre. Tannino fitto. Carattere, eleganza e beva.
Tre faccini :-) :-) :-)
Brunello di Montalcino 2001
Frutto surmaturo e polposo. Rotondità e tensione. Ricordi di iodio e di terra e d’erbe alpestri.
Due faccini e quasi tre :-) :-)
Brunello di Montalcino 2004
Vino maschio. Trama tannica piuttosto fitta. Frutto nero, gran polpa. Chinotto. Cenni balsamici.
Due faccini e quasi tre :-) :-)
Brunello di Montalcino Madonna delle Grazie 2001
Appena nel bicchiere concede tanto frutto. Polpa e succosità. Vene di pellame e cioccolato al latte.
Tre faccini :-) :-) :-)
Brunello di Montalcino Madonna delle Grazie 2003
Frutto abbastanza dolce, com’è tipico dell’annata (e non è la mia annata). Conserva freschezza.
Un faccino :-)
Brunello di Montalcino Madonna delle Grazie 2004
Eterno. Grandioso per tannino e freschezza e frutto. Elegante e compatto. Buono da qui all’infinito.
Tre faccini :-) :-) :-)

4 commenti:

  1. Mi perdoni l'ignoranza, ma sento spesso parlare di Brunello tradizionale e Brunello moderno. E' il caso dei 2 de Il Marroneto? Oppure è solo la barrique la discriminante?
    Antonio

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  2. I due Brunello del Marroneto sono tradizionali.
    Generalizzando, Brunello tradizionale vuol dire grosso modo: sangiovese ben presente come caratteristiche del frutto, colore non eccessivamente carico, freschezza considerevole, tannino fitto e quasi rustico.
    Sempre facendo un discorso generale, Brunello moderno per me vuol dire colore piuttosto carico, frutto dolce, vaniglia, ricordi di legno, tannini morbidi.
    Ripeto, sono generalizzazioni. Ma credo rendano l'idea.
    C'è chi ama gli uni, chi predilige gli altri.
    Io sto coi tradizionali.

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  3. Vedo che anche a te è piaciuto l'89...non c'è niente da fare, non sono vini da bere giovani, anche se invogliano e si può fare. Il meglio lo danno sempre "dopo".
    A volte "molto dopo", come certi Amarone (sempre più rari, purtroppo...)

    L.

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  4. Be', allora ho fiducia: vuol dire che a 50 anni ho ancora da dare il meglio. O ti riferivi solo ai vini?

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