Angelo Peretti
Ho latitato un bel po’ sulle pagine d’InternetGourmet: ferie, impegni, di tutto un po’. Anche un ripensamento sul futuro di questo web magazine, che potrebbe cambiare di qui a non so quando. Ma, a proposito di ferie, rieccomi qui con una piacevole scoperta fatta nella settimana che sono stato in Costa Azzurra. Un bianco.
Reload. M’ero ripromesso di bere soprattutto rosé, da quelle parti. E ce ne sono tanti e di buoni assai di vini rosati, e ne fanno un vanto, e hanno successo: basta entrare in un supermercato per trovarci venti, trenta, anche settanta etichette diverse. Mica come in Italia, dove i rosati son tre o quattro tutt’al più, come se ci si vergognasse a metterli in vendita.
Ora, sono invece - ho detto - a parlar d’un bianco. Un Bandol bianco, per di più. E chi ha avuto modo d’avvicinare quella denominazione, sa che il bianco è prodotto in quantità esigua: è aoc rossista e rosatista, quella (e fa rossi e rosé di impressionante consistenza e d’ottima longevità, anche).
Dice il sommo Hugh Johnson che quella di Bandol è una piccola appellation costiera francese vicino a Tolone, «che produce i migliori vini di Provenza: rossi splendidi, vigorosi e serbevoli, soprattutto da mourvèdre», la quale è, aggiungo, una delle uve principe della Rhône. E fanno anche rosé dalle vigne più giovani. E il bianco è del tutto irrisorio come numeri.
Sia chiaro: mica posso dirmi esperto dei Bandol. N’ho bevuto qualcheduno (pochi) quando me n’è capitata occasione. Compro poi ogni anno da un triennio (su internet, ovvio) il rosé di Château de Pibarnon, che mi si è confermato affidabilissimo. Teso, secco, vibrante, che gratta in bocca come carta vetrata, e dentr’al bicchiere sta in equilibrio anche dopo mezz’ora, un’ora che l’hai versato, senza flettere dal lato dell’olfatto, senza cedere in fatto di personalità. Ed è privo - evviva! - di quelle sdolcinature che connotano troppi italici vini in rosa.
Di Pibarnon avevo provato anche qualche volta, con soddisfazione, il rosso, e che se proprio volete potete anche gustarvi in giovinezza, ma meglio è attendere i cinque-sei anni almeno d’affinamento, ché ha bella struttura e tannino, e fonde col tempo spezie terziarie col frutto avvolgente.
Ma il bianco loro l’avevo snobbato sempre. E avevo sbagliato. Ed ho rimediato all’errore quasi casualmente.
Ero dunque una sera a Vence, una ventina di chilometri sopra Antibes e Nizza. Ristorante Les Templiers, tre forchette sulla guida rossa, mica un colosso del gusto. Piccolo menù degustazione a base di astice. Buona carta vini, con tante mezzine, e dunque n’approfitto per chiedere un rosé (un Côtes de Provence, nulla di stratosferico) e poi domando se mi suggeriscono anche un bianco. M’indicano il Bandol 2007 di Pibarnon, in bottiglina 0,375. Tentenno: possibile che insieme al rosso e al rosé quelli di Pibarnon facciano bene anche il bianco in una denominazione che bianchista non è? Poi, stante la convinzione del maitre, cedo. E meno male che ho ceduto.
Bianco di grande struttura, s’è aperto pian pianino. Ma è stata un’escalation di profumi, di fragranze, d’aromi. Elegante all’olfatto, deciso al palato. Fresco. Ha fiori (il gelsomino, netto, e il tiglio) e frutto (l’albicocca, la pesca nettarina, quella bianca). Bianco «importante», che potrebb’essere anche – credo – longevo. Regge a meraviglia nel calice. Ho poi letto che usano le vigne (poche) esposte a nord, in modo che l’uva abbia maturazione lenta. Quanto all’uvaggio, è 40% clairette (pour la finesse, dicono sul sito), altrettanto Bourboullenc, per favorire la consistenza, e il resto altri vitigni, per la complessità.
Se vi capita, non esitate: è da bere.
Ringrazio il maitre che me l’ha fatto conoscere, il ristoratore che accetta di tenere in carta così tante mezzine, e mi domando anche in quanti ristoranti italiani avrei potuto avere simile professionalità.
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