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18 febbraio 2012

Cacio e pepe in Campo de' Fiori

Angelo Peretti
Ordunque, sappiate che anche dove c'è un gran via vai di turisti si può mangiar bene, e che magari d'estate, quando si può star fuori, si mangia bene stando in piazza, sotto gli ombrelloni, e guardando i turisti accaldati che vagano per il centro, ed è una pacchia. Roma, Campo de' Fiori. Centro-centro. Il posto si chiama Antica Hostaria Romanesca, e quell'Hostaria con la acca e poi anche quell'Antica e quel Romanesca sembrerebbero messi lì apposta per far solo da specchietto per le allodole per il forestiero e io confesso che per il nome l'avrei snobbata questa trattoria, ma certi amici mi ci hanno portato giurando e spergiurando che si mangia bene, e infatti ci ho mangiato bene, e ci ho mangiato bene due volte, una all'aperto, in estate, e una al chiuso, nella microscopica saletta che sa un po' di olio fritto, d'inverno.
I tonnarelli cacio e pepe li sanno fare bene, col sughetto (acqua di cottura, pecorino, pepe) che, come regola vuole, non è né troppo fluido né troppo denso, e sopra un'abbondante grattugiata di pecorino romano aggiuntivo. E buone erano anche le mezzemaniche (i miei compagni di tavola hanno insistito per le mezzemaniche al posto dei canonici bucatini) col sugo all'amatriciana. E soprattutto ho trovato deliziosa la trippa, col pomodoro, come si usa a Roma.
Conto sui trentacinque euro, col vino.
Antica Hostaria Romanesca - Campo de' Fiori, 40 - Roma - tel. 06 6864024

27 gennaio 2012

La coratella al Pantheon

Angelo Peretti
Il loro sito internet dice che sono a trenta metri dal Pantheon, che è forse la più bella tra le tante cose belle che si possano ammirare a Roma. Se non sono trenta metri saranno cinquanta, sta di fatto che Armando al Pantheon è proprio lì, in un vicolo (si chiama Salita dei Crescenzi, ma salita mi pare proprio un termine eccessivo) a due passi dal Pantheon, e se andate a fare una visita a Roma, be', pensate magari di mettere in agenda una capatina in questa trattoria che fa cucina romano-romanesca alleggerita quel tanto che basta, ingentilita quel che di sufficiente per renderla ghiottissima senza imbastardirla. Oh, badate: anche se è in pieno-pieno centro e se davanti passano colonne di turisti, questa è una trattoria di quelle autentiche, e dentro è abbastanza piccina, per cui prenotare è d'obbligo.
Ci ho mangiato degli spaghetti alla grigia notevolissimi e poi una coratella d'abbacchio indimenticabile (con la cicoria al posto del carciofo, perché nel carciofo c'è un po' d'aglio, e io l'aglio non lo tollero, purtroppo). Chi stava con me è stato felice della zuppa di orzo, lenticchie, porcini e tartufo e dei classicissimi spaghetti all'amatriciana.
Conto sui quaranta euro, col vino.
Armando al Pantheon  - Salita dei Crescenzi, 31 - Roma - tel. 06 68803034

9 novembre 2011

Napoli di mare e di terra

Angelo Peretti
Lo stereotipo è quello: il golfo di Napoli col pino in primo piano, dalla collina di Posillipo, e sullo sfondo il Vesuvio. Quante volte l'avevo già vista 'sta immagine? Tante, e tutte le volte mi ero concentrato sul mare, e così per me Napoli è sempre stata una città di mare, e le città di mare sono piane. Invece no, Napoli non è piana per niente. Napoli è in salita. Me ne sono accorto una mattina che facevo jogging in via Toledo: ora presta, strada deserta, e mi sono impressionato a vederla in salita, la strada, ché nelle altre ore, strapiena di gente, non me n'ero accorto. Eppoi ho corso fino a Posillipo, e la salita c'è, e la senti nelle gambe, e mi sono dato dello stupido: se il golfo lo si vede dall'alto, nelle oleografie, allora c'è la collina. Stupidamente, non avevo mai riflettuto che è la terra a plasmare anche la cucina partenopea: che c'azzecca col mare la pizza? La pizza è terragna, altroché. Napoli s'affaccia verso il mare, ma dalla campagna e dal monte e dalla collina, e le case sono a strati, colline di case.
Ci pensavo, ed è stata una rilevazione, cenando a Palazzo Petrucci, ristorante nel cuore della città, a lato della splendida piazza di San Domenico Maggiore, che s'apre su Spaccanapoli. Ci pensavo perché la cucina di Lino Scarallo, lo chef, è così, di terra e di mare, insieme. Fusione, integrazione di prodotti terricoli e marinari. Dico: lasagnette di mozzarella di bufala campana e crudo di gamberi su salsa di fiori di zucca. A far da supporto ai gamberi, fette di mozzarella. Splendido. Oppure: raviolo di lingua di vitello ripieno di gamberi crudi su zuppetta di bucce di limone di Sorrento e sconcigli (sono molluschi). Il raviolo non è "con" la lingua, ma "di" lingua, tagliata sottile sottile e modellata per contenere i gamberi. Piatto che mette insieme la Napoli plebea e quella aristocratica. Ancora: ravioli ripieni di capocollo di maiale alla genovese su guazzetto di vongole, pecorino e mirto. Et voilà, ancora terra e mare, uniti. Eppoi un assaggio d'una proposta che Lino m'ha detto essere ancora in sperimentazione: battuto di seppia, ostriche e lime con tartare di vitello, carciofo e maionese d'astice, e qui ci voleva l'applauso.
Se vi capitasse d'essere a Napoli, andate a provarla la mano di Scarallo a Palazzo Petrucci. Un altro dei luoghi di culto della grande ristorazione campana. Anche il locale è bello: essenziale, silenzioso (a Napoli!), su due piani, cucina al superiore, a vista. Un buon motivo in più.
Ristorante Palazzo Petrucci - Piazza San Domenico Maggiore, 4 - Napoli - tel. 081 5524068

25 giugno 2011

Da Maria - Fano (Pesaro e Urbino)

Angelo Peretti
Se vi piace il pesce di mare - e quando dico pesce intendo quello con le pinne e la coda e le squame, ché gli altri sono molluschi o crostacei -, ecco, in questa trattoria di Fano prima o poi dovete andarci, perché - ascoltatemi - la Maria è un genio. Insomma, da lei ci ho mangiato del pesce che era delicatissimo e si scioglieva in bocca e sapeva di mare. Ed era pesce di quello che spesse volte gli altri neppure prendono in considerazione: roba "minore", dal nome in dialetto, che non finisce neanche sui banchi della pescheria. La Maria ha il "suo" pescatore che glielo porta, e lei cucina solo "quello che ha dato il mare" in quella giornata, nient'altro. Per questo qui non c'è menù: si mangia quello che c'è, e quello che c'è è straordinario.
C'è, chiaro, anche qualche crostaceo - canocchie e scampi anche quelli di freschezza perfino disarmante - e se vi capita magari anche le lumachine di mare. Ma è il pesce che più di tutto mi ha entusiasmato. Ed ho avuto anche la buona sorte di potermi godere il brodetto fanese, dentro alla pentola di coccio, e ci ho fatto la scarpetta col pane più volte.
Vini di territorio, a prezzi onesti (bella l'idea di mettere nella lista i depliant dei produttori). E un servizio che è davvero familiare, a cura di Domenica, la figlia.
Non dimenticatevi di prenotare con largo anticipo. E se vi dicono che non sanno se c'è posto insistete. Ma sappiate che in ogni caso se la notte il mare non ha dato nulla, non si mangia: dunque, ritelefonate prima di partire. E se ci capitate, credo ne sarete felici.
Da Maria - via IV Novembre, 86 - Fano (Pesaro e Urbino) - tel. 0721 808962

7 maggio 2011

Antiche Sere - Torino

Angelo Peretti
Come fare un salto indietro nel tempo di quaranta, cinquant'anni almeno. Entri, e trovi una trattoria di quelle d'una volta. Fronzoli zero, ma proprio zero. Bancone del bar. Due salette coi tavolini piccoli e la tovaglia bianca. I tubi dell'acqua che escono dal muro e fan la giravolta sopra alla stufa (la stufa: mica il riscaldamento) e sopra ci sono appesi i mestoli e i paioli in rame strausati.
Torino, quartiere Borgo San Paolo, fuori dal centro, ma mica lontanissimo. Nel menù quattro antipasti, quattro primi, quattro secondi. Scritti a mano, su carta da macelleria.
Magari, a prima vista, ti vien qualche dubbio. Poi arrivano e i piatti e i dubbi svaniscono e benedici la sorte che t'ha fatto arrivare fin lì, prenotando, ché è pieno, e non è mica un caso.
Be', quegli agnolotti al sugo d'arrosto me li sogno ancora. Strepitosi, succulenti, gustosi: ne mangeresti due, tre porzioni. Gli gnocchi fatt'in casa son conditi col Gorgonzola vero, saporito. Il brasato è perfetto, sissignori, perfetto, per sapore e tenerezza, per personalità e delicatezza. I capunèt di carne trita avvolta nella foglia di verza da tenere vivi nella memoria.
La cura dell'ospite è totale. Al tavolino dietro al mio c'era una coppia che cenava. Vicino alla porta che dava sul cortile, e la porta era continuamente aperta da chi andava in bagno (che è nel cortile: una volta era così dappertutto). Appena s'è liberato un altro tavolino, le donne di casa cos'han fatto? Han preso il tavolino libero e l'hanno tolto. Poi han preso il tavolino apparecchiato dei due e l'han portato di peso nel posto che s'era liberato, vicino alla stufa. Così non c'era più il disturbo dell'andirivieni e lo spiffero della porta. Ma dico io, in quant'altri posti la vedreste una scena del genere? Applauso.
Ecco: segnatevelo quest'indirizzo. Una trattoria dove andare. Magari chiudendo col bonèt, classicissimo, e aprendo con quegli antipasti che io, intollerante all'aglio, ho dovuto saltare.
Vini ce n'è, e ovviamente son rossi piemontesi, Barbere in primis.
Antiche Sere - Via Cenischia, 4 - Torino - tel. 011 3854347

12 novembre 2010

Dal Cavalier Gino - Roma

Angelo Peretti
Vicolo Rosini è un pertugio a ridosso di piazza del Parlamento. Fate così: quando siete nella piazza, mettevi di fronte al retro dell'ingresso del Palazzo Montecitorio e guardate verso destra. Là dove la piazza finisce e si apre via di Campo Marzio, vedrete, appena di là da un negozio, l'inizio del vicolo. Sulla destra del vicoletto si apre la porta della Bottiglieria Gino, ribattezzata Dal Cavalier Gino, uno dei simboli della romanità in cucina. Imperdibile per chi frequenti la capitale. Purché ci si ricordi di prenotare, sennò l'impresa di trovar posto ritenetela quasi impossibile. E voi ricordatevi di prenotare: ne vale la pena.
I coperti, suddivisi su due salette coi tavoli molto, molto vicini l'uno all'altro (insomma, ci si deve adattare), sono appena una quarantina. L'ospitalità, l'accoglienza, la cortesia, la simpatia sono quelli che t'aspetti in un'autentica trattoria del cuore di Roma.
La cucina è spettacolarmente tradizionale. Il menù del giorno l'avrete trovato scritto su una lavagnetta fuori dall'uscio: pochi piatti, ma vale la pena. Dentro la lista ve la reciteranno: fidatevi dei consigli.
Accanto alla cassa il Cavalier Gino (l'attestato di conferimento dell'onorificenza è appeso proprio sopra alla cassa) è lì a dirigere tuttora, dopo mezzo secolo d'onoratissima carriera, l'andirivieni dei clienti e del personale.
Ho mangiato un spettacolare spaghetto alla gricia con l'aggiunta della cicoria ripassata: da applauso. Eppoi i fagioli con la cotica, altrettanto ghiotti. Mi dicono che sono da provare, quando si trovano, anche l'amatriciana, il cacio e pepe, l'abbacchio, la trippa, la coda alla vaccinara. Vedrò di riuscirci.
Vini pochi, ma non male.
Il conto: un primo, un secondo, un dessert, acqua e vino, 30 euro.
Che volete di più? Grande!
Dal Cavalier Gino - Vicolo Rosini, 4 - Roma - tel. 06 6873434

14 ottobre 2010

Trattoria Da Laura - Sorgà (Verona)

Angelo Peretti
Se avete in mente di portare a cena la persona del cuore per una serata romantica, lasciate perdere: alla trattoria Da Laura ci si va per mangiare (tanto) in maniera molto, molto ruspante. E i piatti sono rusticamente spartani. Grazie al cielo. Sì, grazie al cielo, ché ce ne vorrebbero di posti così, dove la leziosità non si sa cosa sia e neppure l'algida "rivistazione della tradizione". No, qui la tradizione è tradizione, e basta.
Ora, da Sorgà non ci passi per caso, e se ci passi per caso è perché ti sei perso fra le campagne e le risaie della Bassa Veronese, per cui avresti di che preoccuparti sull'affidabilità del tuo navigatore. No, a Sorgà ci devi andare apposta, magari uscendo a Mantova Nord o a Nogarole Rocca sulla Brennero-Modena. Ed avendo l'avvertenza di prenotare, ma mica perché qui se la tirino: semplicemente perché il posto è così poco battuto dal visitatore occasionale che alla Laura non conviene tenere aperto se non ha prenotazioni.
Poi, non fornalizzatevi se le stoviglie e i bicchieri non sono all'ultimo grido e neppure se la cameriera insisterà nel rimettervi sulla tovaglia la forchetta usata che avete lasciato nel piatto: il cambio delle posate non è previsto, accidenti. Sappiate però che, nonostante il coperto (il coperto?) e l'abbuffata, il conto sarà più che popolare, e allora vada.
Che si mangia? Pessìn de fòsso e poi risotto col pessìn d fòsso e poi rane fritte e poi pesce gatto fritto e poi anguilla fritta e poi che il Signore ve la mandi buona con la digestione, con tutto quel fritto. E se non siete pratici, sappiate che il pessìn de fòsso sono gli avannotti di pesce allevati nelle risaie, che vengono fritti fino a farli diventare secchi-croccanti: ve ne portano un vassoio colmo per antipasto. Il risotto col pessìn è semplice: un piatto (abbondante) di riso in bianco, sgranato come fanno in questa zona, e poi, a parte, un altro vassoio (altrettanto abbondante: le mezze misure non sanno cosa sono) di pessìn fritto da mettere sopra al riso.
Pochi vini, ma più che adatti alla cucina (e di qualità apprezzabile, oltretutto).
Provare per credere. Per me è un must, nel Veronese.
Ubicazione: sulla strada principale (principale?) di Sorgà, a due passi dal municipio (che è il palazzotto che compare nella foto qui sopra).
Trattoria Da Laura - Via Cesare Battisti 5 – Sorgà (Verona) - tel. 045 7370222

5 ottobre 2010

Da Oio a Casa Mia - Roma

Angelo Peretti
Devo ringraziare l'amico Josef che m'ha fatto una testa così, a me, patito del cacio e pepe, perché andassimo una sera a mangiare Da Oio, zona Piramide, a Roma. Devo ringraziarlo perché i tonnarelli cacio e pepe che ho mangiato lì erano veramente squisiti. La pasta di bella consistenza, il condimento né troppo rappreso, né troppo liquido (e la magia del cacio e pep sta tutta lì), il cacio di buona qualità (mica strasalato come spesso accade). Insomma: valeva la pena.
Valeva la pena anche per la simpatia del gestore, che quando gli ho chiesto di portarmi qualcosa d'altro di romano-romano m'ha chiesto se gli davo il permesso che ci pensasse lui (avete letto bene: m'ha chiesto il permesso, il che fa una grossa, sostanziale differenza col "ce penso io, dottó" di troppi mangifici dell'Urbe dove cercano di rifilarti gli avanzi "della casa"), e alla fine, tra la trippa e la coda alla vaccinara, ha scelto per me un'impeccabile, sontuosa (e untuosa, e quando ce vò ce vò) coda alla vaccinara, del cui sugo ho anche fatto la scarpetta. E m'ha anche consigliato - e poi, vedendo che non seguivo il consiglio, m'ha pure rimbrottato - di mangiarla con le mani, e volete che vi dica? non c'è paragone tra usar la forchetta e rosicchiare. Ha ragione lui.
Il conto è più che umano (ma nelle trattorie di Roma - quelle non turistiche, intendo - non si spende mai molto) e c'è anche una piccola, ma discreta lista di vini.
Se posso, ci torno.
Ristorante Da Oio a Casa Mia - Via Galvani, 43 - Roma - tel. 06 5782680

20 settembre 2010

Tripperia Il Magazzino - Firenze

Angelo Peretti
Vi piace la trippa? Se, come accade nel mio caso, la risposta è affermativa, sapete certamente che Firenze è una sorta di paradiso terrestre, ché qui la trippa - pardon, il lampredotto - lo si trova ad ogni angolo, servito nei panini dai trippai piazzati con le loro bancarelle negli angoli storici della città.
Ma se non vi va di mangiar la trippa per strada, allora segnatevi l'indirizzo di questo ristorante: Il Magazzino in Piazza della Passera, vicino a Ponte Vecchio, subito di là dall'Arno.
Il locale è piccolino. Fuori ci son quattro o giorni minuscoli tavolini, a lato della piazzetta. Dentro, alle pareti ci sono dei poster d'autore che interpretano il tema dell'uccelletto che dà nome allo slargo antistante.
In tavola è trippa e trippa e trippa. L'antipasto del trippaio prevede lingua in salsa e, ovviamente, trippa. Poi c'è la straordinaria, strepitosa trippa fritta che da sola vale la sosta. Poi ancora gli spaghetti alla chitarra col ragù di lampredotto (che sempre trippa è). Poi di nuovo trippa (e verdure) nel cartoccio.
Oh, non spaventatevi: se la trippa non vi piace c'è dell'altro. Un esempio? I buonissimi coccoli con la stracciatella, che son poi delle frittelle di pane con la burrata.
Lista dei vini con tanta Toscana, ovviamente.
A proposito: sui tavolini tovagliette di carta da macelleria. E conto sui 30 euro.
Il Magazzino - Piazza della Passera 2-3 - Firenze - tel. 055 215969

7 marzo 2010

Wine Bar dei Frescobaldi - Fiumicino (Roma)

Angelo Peretti
Ebbene sì, quando, per tornare a Verona la sera, prendo l'Alitalia delle 21 e qualcosa all'aeroporto di Fumicino, mi fermo prima a mangiare un boccone al Wine Bar dei Frescobaldi. Dentro all'aeroporto, intendo. Di wine bar della celebre casa toscana ce ne sono un paio. Di solito preferisco quello installato nell'area B, un po' più appartato, e se ho tempo vado lì anche se dovessi avere il volo che parte dall'altra parte. E scelgo i tavolini verso il corridoio. Manie mie.
La preferenza è per la tartare di chianina, accompagnata da verdure fresche e sott'olio. Costa 18 euro - che non è pochissimo - ma ti risolve la cena prima del volo. A volte - non so come mai - la condiscono in maniera un po' piccante, ma preferisco quand'invece è proprio nature, come qualche sera fa: eccellente, appena tagliata. Mi si dice che la carne viene dalle tenute dei marchesi de' Frescobaldi pur'essa.
Quella stessa sera l'ho associata a un bicchiere di Nipozzano, il Chianti Rufina Riserva, che per me resta sempre un bel rosso toscano (e a 7 euro a bicchiere è un po' caruccio, accidenti).
Altra annotazione positiva per la crostata di visciole: un po' dolcina, ma una fetta ti tira su dopo una giornata romana.
Aggiungo; servizio rapido, cortese ed efficiente.
Poi, l'imbarco: arrivederci e grazie - good bye thank you, com'è scritto sullo scontrino.
Wine Bar dei Frescobaldi - Aeroporto Leonardo Da Vinci - Molo T1B - Fiumicino (Roma)

15 ottobre 2009

Hopfen & Co - Bolzano

Angelo Peretti
Quando mi capita d'essere a Bolzano, un salto da Hopfen & Co, in pieno centro, piazza delle Erbe, quella del mercatino, lo faccio proprio volentieri. Ci si beve soprattutto birra, la Bozner Bier, la birra di Bolzano. Chiara & dolce (e lasciate perdere le rimebranze poetiche del liceo), dissetante, piacevole.
La birreria è al piano interrato. La stube di sopra. Qualche tavolino all'interno, qualcheduno fuori, lungo la via. Preferisco l'esterno, soprattutto quand'è aperto il mercato in piazza. Proprio di fronte alla birreria c'è il banchetto che vende i pani sudtirolesi, da comprare.
Alla Hopfen & Co ci si può mangiare anche qualche piatto, altoatesino pur'esso, ovviamente. Salumi, zuppe. Buoni i weisswurstel, i wurstel bianchi, portati in tavola nella pignattella con l'acqua calda: si accompagnano con la senape, quella dolce e speziata.
Una birra piccola e un piatto, andate sui 12-13 euro: ideale per una merenda.
Hopfen & Co - Piazza Erbe, 17 - Bolzano - tel. 0471 300788

9 ottobre 2009

Caffè Monte Baldo - Verona

Angelo Peretti
Uno dei miei rifugi enoici preferiti: il Caffè Monte Baldo, a Verona, in via Rosa, in pieno centro, a due passi da piazza delle Erbe.
Gianni Vesentini, patron del locale, è uno degli osti più validi che abbia la Verona del vino. Qui, al Monte Baldo, c'è approdato da qualche anno, dopo altre esperienze cittadine. Ha trasformato il vecchio bar in un'osteria rigorosamente condotta secondo i canoni della veronesità.
E dunque: vini in mescita scritti alla lavagna (una ventina almeno: bianchi, rosati, rossi, bollicine), banco con i bocconcini (con l'uovo, il tonno, l'acciuga, il Gorgonzola, la salsa di radicchio, la salsa di asparagi, il sedano rapa eccetera eccetera), i paninetti (con la mortadella, la soppressa, il prosciutto) e le immancabili, buonissime polpettine. A pranzo anche qualche piatto caldo. Bottiglie esposte sugli scaffali. La sera è il momento dell’aperitivo e del gòto del dopo cena.
Caffè Monte Baldo - Via Rosa, 12 - Verona - tel. 045 8030579

7 ottobre 2009

Da Giretiello - Ottaviano (Napoli)

Angelo Peretti
M'hanno detto, e ho letto, che quest'osteria da Giretiello, rinata da qualche anno in una nuova collocazione, era un'istituzione ad Ottaviano, terra vesuviana. O meglio, popolosa cittadina sulle pendici del Monte Somma, ché qui ci tengono alla distinzione dal Vesuvio. Per me, è stata una piacevolissima sorpresa cenarvi, da Giretiello. Assaporando la cucina terragna della zona. Con una sfilza d'antipasti che hanno fatto pasto.
La pizza di scarola ( con acciuga, uvetta e pinoli), l'immancabile, freschissima mozzarella, una parmigiana di melanzane da bis anche per me che non è che ami particolarmente la melanzana, i peperoni ripieni (carne, melanzana, olive, capperi), la papaccella (un peperone in frittella, all'insegna del contrasto dolce-piccante), una zuppetta di ceci e porcini e una di fagioli e pomodorini del piennolo da scrivere nella memoria: grande sequenza di sapori, profumi, consistenze.
Mi si assicura che varrebbe la pena anche provar le carni e lo stocco (il baccalà), ma li riserverò, se capiterà, per un'altra volta. Perché se torno da quelle parti, mi piacerebbe davvero sedermi nuovamente in saletta.
Osteria con Cucina Vesuviana da Giretiello - Corso Umberto I, 42 - Ottaviano (Napoli) - tel.081 8278285

5 ottobre 2009

Ristorante Perbellini - Isola Rizza (Verona)

Angelo Peretti
L'ha scritto Anthelme Brillat-Savarin nella sua Fisiologia del Gusto che "la scoperta di un manicaretto nuovo fa per la felicità del genere umano più che la scoperta di una stella". Il che magari può essere - e in effetti è - affermazione sopra le righe, ma sta a significare che, per il gastronomo, l'opera d'un grande cuoco appartiene a tutti gli effetti alla dimensione del genio. E geniale ho trovato la cucina di Giancarlo Perbellini, nel suo bi-stellato ristorante di Isola Rizza, nel sud est della provincia veronese, un luogo che ci devi andare apposta, e se non ci sei mai passato resti un po' basito a trovarti di fronte a una sorta di capannone e poi invece entri e comincia la magia.
Ora, mettersi a descrivere questo o quel piatto potrebbe apparire fuori luogo, ché è come voler dissertare su un colpo di pennello d'un pittore e non sul complesso dell'opera pittorica scaturita dal suo talento e dallo studio e dall'intelligenza e dall'applicazione. E infatti quando c'è talento nella cucina, preferisco affidarmi allo chef nella sequenza dei piatti, in modo di trarne una visione più d'assieme che di dettaglio. E non si pensi che sia facile, per il cuoco, scegliere per te sei-sette piatti in sequenza, ché nulla sa dei tuoi gusti, delle tue passioni, del tuo carattere, del tuo umore di quel giorno e di quell'ora. Così ho fatto anche da Perbellini, e l'assieme è stato davvero di valore.
Capisco che per qualche esemplificazione ci si deve pur passare. Così, sì, proprio ad esempio, il "wafer al sesamo con tartare di branzino, caprino all’erba cipollina e sensazione di liquirizia" è uno di quei piatti che giustamente appartengono alla mitologia della grande cucina italiana d'oggidì, ma che vuoi mai provare a darne conto con le parole se poi il descrivere nulla vale al confronto dell'armonia che ti sei ritrovato al palato?
Eccola, la parola magica: armonia. Questa è l'opinione che vien fuori quando mi ci provo a descriverla, la cucina di Giancarlo Perbellini. Che è poi la quadratura del cerchio, l'elemento di reale fascinazione d'un piatto memorabile, così come d'un vino dell'emozione, così come d'una composizione musicale: armonia che fonde in sé i contrasti, li doma, li plasma.
Per provare a rendere l'idea devo esemplificare di nuovo, e allora torno a un'altra proposta della carta: "alici, sgombro e capelonghe su pane al pomodoro, olive, carciofi e profumo di menta". Detto così, pare giusto un elenco d'ingredienti, una lista d'appunti prima dell'uscita verso il mercato, ma poi ti ritrovi in tavola un piatto dalla simile intitolazione e senti il mare e la mediterraneità che ti si riassumono sui rebbi della forchetta, ed è istantanea rievocazione di panorami e paesaggi e profumi ed afrori che hai accumulato nella memoria. Come la si descrive un'esperienza come questa? Coi semplici canoni dell'analisi organolettica? sarebbe riduttivo.
Mi fermo, ché finirei per elencare e ripetermi. Aggiungo che la sequenza delle portate è stata in crescendo, Col tripudio finale del carrello dei dolci, preceduto dal sublime "pane & fichi". Confesso: non resisterò mai alla millefoglie “strachìn”, simbolo di famiglia, composto lì davanti a tuoi occhi.
Grande lista dei vini, con la Francia in trionfo. Servizio impeccabile, ma quest'è quasi ovvio.
Perbellini - Via Muselle, 130 - Isola Rizza (Verona) - tel 045.7135352

3 ottobre 2009

Albergo Ristorante Castello - San Leo (Pesaro Urbino)

Angelo Peretti
Il castello è un alberghino semplice semplice che dà sulla piazzetta, affascinante, di San Leo, proprio a ridosso dell'antichissima Pieve, ai piedi della fortezza celebrata dai depliant turistici. Ha un ristorante, pur'esso d'assoluta semplicità nell'arredo, aperto al pubblico. E se mai vi capitasse, magari durante una giornata di vacanza marina dalle parti di Rimini, che dista non tantissimo da qui, fateci un salto. Ché qui si mangia ruspante cucina di tradizione e si spende poco.
La lista, a dire il vero, non è enorme, ma è difficile scartare qualche piatto. A cominciare dalle paste, ché se date un'occhiata in cucina (la porta è sempre semiaperta), vedrete che le tirano a mano. E dunque anche le semplicissime tagliatelle al ragù son di quelle che han sapore e sostanza. E imperdibili sono i ravioli di magro conditi col pecorino di fossa. E che dire delle minestre in brodo? Brodo vero, grasso il giusto e bollente sempre: ci si cuociono i cappeletti o i passatelli, e consiglio di provarli entrambi. E poi gli strozzapreti.
Come secondo, se chiedete la bistecca, sappiate che qui intendon la costata: carne della zona, cotta al punto giusto. Oppure c'è il coniglio in porchetta. E il pane è senza sale, e potete domandar la piadina anche, per accompagnare il piatto. Piadina vera anch'essa, fatt'in casa, intendo.
Per dolce, una soffice torta di mele.
Senza vino, difficile andare a spendere 25 euro.
Di vini ce n'è pochini, e dentro in lista c'è di tutt'un po'. Però fra i bianchi ho trovato del bel bere.
Aggiungeteci un servizio familiare ma di straordinaria gentilezza, e avrete fatto bingo.
A proposito: ho scritto che la provincia è Pesaro e Urbino, ché ancora, burocraticamente, sulle carte è così, ma San Leo è fra i sette comuni dell’Alta Valmarecchia che col referendum del dicembre 2006 scelsero di passare, a furor di polo, dalle Marche alla Romagna, e il cambio di regione e provincia dovrebb'essere ormai faccenda di breve periodo, ché il Senato ha dato in luglio il suo via libera.
Albergo Bar Ristorante Castello - Piazza Dante, 11 - San Leo (Pesaro Urbino) - tel. 0541 916214

10 settembre 2009

Osteria La Cantinella - Barolo (Cuneo)

Angelo Peretti
Se siete tra i frequentatori delle vigne di Langa, o se avete in mente di fare un salto fra le terre baroliste, segnatevi quest'indirizzo: La Cantinella, a Barolo. Un posto per mangiar bene. Quasi ai piedi del castello di Barolo. Un locale semplice. Alcuni tavolini all'esterno.
Buonissima la carne cruda tagliata a coltello, da bis l'insalata russa (solo in Langa la sanno fare così), bene la salsiccia cruda di Bra, eccellenti i classicissimi tajarin (io li ho mangiati col tartufo nero: "Ma è nero, neh?" mi ha sottolineato la signora, ribadendo che mica era ancora tempo per il bianco, che da quelle parti è "il" tartufo), notevole il pollo alla cacciatore, ed è pollo ruspante sul serio, da leccarsi i baffi il bonet.
Mettete poi una buona carta dei vini, a ricarichi che mi son parsi onesti, con qualche vecchia annata di Barolo e una selezione anche di mezzine. Alla fine ho preso anche il Moscato d'Asti (vino che adoro) e, piacevolissima sorpresa, ecco che in tavola sono arrivate le coppe "da Moscato", quelle che ormai non tiene quasi più nessuno, ed è un peccato, ché quest'è vino proprio da coppa bassa e larga: bravi!
Senza vino, siete sulla trentina di euro: da andarci apposta.
La Cantinella - Via Acquagelata, 4a - Barolo (Cuneo) - tel. 0173 56267

23 agosto 2009

Locanda di Casalmustia – Castelmuzio (Siena)

Mauro Pasquali
La Val d'Orcia è un luogo tutto da vivere, lontano dal turismo di massa del Chianti e frequentato, poco e bene, da turisti, per lo più stranieri e pochi italiani, che nemmeno lontanamente si sognano di trasformarla in Orciashire. Un luogo del vivere bene, sia che ti interessi la cultura, l'architettura, le terme o, più prosaicamente, l'enogastronomia. Ma poiché anche chi va per chiese, palazzi o terme deve, alla fine, pur mangiare, ecco un posto bello, dove si sta bene e, soprattutto si riescono a trovare quei piatti che fanno tanto Toscana. Ma quella vera.
Al centro di un paesino arroccato su di una collina di tufo, a fianco della chiesa, troverete questo locale, trattoria e locanda al tempo stesso. Se vi arrivate una sera d'estate, come è capitato a me, e vi sedete ad uno dei pochi tavoli all'aperto, avrete come vicini gli anziani del paese che seduti in fila, lungo il muro delle loro case, si godono il fresco. Altri li abbiamo avuti vicini di tavolo, impegnati in una partita a carte interminabile e chiassosa.
Per iniziare non fatevi mancare una bella scelta di salumi toscani, tra cui un memorabile lardo di cinta senese non spacciato per quello di Colonnata, e i classici crostini. Ma poi potete continuare con i pici all'anatra, le pappardelle al cinghiale o la ribollita. Buona la scelta delle carni e se siete stanchi della solita bistecca di chianina, provate la straordinaria faraona al tartufo. Tartufo vero, ovviamente.
Alla fine, quando ne avrete voglia in quanto nessuno vi solleciterà ad andarvene, scoprirete che ne è valsa proprio la pena fermarsi qui. Anche per i prezzi.
Locanda di Casalmustia - Piazza della Pieve 3 - Castelmuzio (Siena) - tel. 0577 665166

20 luglio 2009

Ristorante Vecchia Malcesine - Malcesine (Verona)

Angelo Peretti
Non ho dubbi sul fatto che Leandro Luppi abbia raggiunto la propria maturità professionale. La sua cucina, nel suo piccolo ristorante stellato lacustre, il Vecchia Malcesine di Malcesine, alta riva veneta, è appagante, eppure anche nervosa e personale. E questi contrasti, privi di certe spigolosità d'un tempo, donano armonia. Come un Riesling della Mosella, se dovessi accostarla ad un vino la sua filosofia culinaria.
Ed è cucina, quella del Vecchia Malcesine, che poggia saldamente sul territorio, partendo dai pesci sottovalutati, quelli scioccamente definiti poveri, che non si pescano neanche più. Pur con qualche divagazione extra lago, sana eccezione che conferma tuttavia la regola.
Ho avuto la fortuna di cenare due volte di recente al Vecchia Malcesine: piatti coinvolgenti.
Ha insieme il velluto e il carattere la crema di patate, tartara di sarde del lago di Garda e caviale di aringa.
Pura creatività quel carpaccio bugiardo con olio dop, parmigiano reggiano e germogli che pare proprio carpaccio di carne e invece è anguria salata e scottata.
Splendidamente giocoso il "tonno del lago di Garda" crudo e cotto che valorizza con raffinatezza la carpa e il lavarello su un letto d'insalatina.
Sapidi e pieni gli spaghetti fatti in casa allo "scoglio di lago".
Intrigante e difficile e affascinante il risotto alla tinca affumicata e polvere di caffè hymalaiano, col caffè in polvere, sul fondo del piatto, che col calore del riso diviene gradualmente crema e cede carezzevole aroma.
Eppoi l'extra lago, con uno dei piatti più sensuali e geniali che mi sia capitato d'affrontare: un crudo di gamberi rossi di Sicilia con lime candito e gin tonic, e il sorso del gin tonic dal bicchiedere allunga all'infinito la dolcezza del gambero.
Grande.
Ristorante Vecchia Malcesine - Via Pisort, 6 - Malcesine (Verona) - tel. 045 7400469

14 giugno 2009

Dispensa Pani e Vini - Adro (Brescia)

Angelo Peretti
Dalle sue parti, ossia in Franciacorta e comunque dalle parti del lago d'Iseo, Vittorio Fusari è considerato una sorta di semidio, per come ha saputo valorizzare in cucina i prodotti tipici, anche i più negletti, del territorio. Ora è impegnato in un nuovo progetto, quello della Dispensa Pani e Vini. Un posto gioioso, giocoso e al tempo stesso rilassante, in piena terra franciacortina, dentro a una sorta di piccolo centro commerciale, a ridosso della rotonda di Torbiato. Là dove in fondo neppure te l'aspetteresti di trovarci un gioiellino così. E ci sono, assieme, banco dei formaggi, botteguccia di prodotti sfiziosi, enoteca, lounge per l'aperitivo e ristorante.
Io che son lacustre - gardesano, vabbé, e non sebino - devo dire che da Fusari ci ho mangiato ier l'altro uno dei più buoni piatti d'acqua dolce che mi sia sin qui capitato d'incrociare in tavola. Una sorta di gazpacho con un trancetto (una scaloppa) di trota, croccante nella pelle e morbidissima nella polpa, eppoi ancora nella stessa scodella una tartare di trota iseana pur'essa e una granita di basilico. Tutt'insieme, dicevo. Con una sensazione di freschezza fascinosa.
Buonissimo era anche il piccione col foie gras e con la caponatina di verdure avvolta nella foglia di spinaci e con della polentina avvolta pure, ma nel lardo. E altrettanto il vitello tonnato, fatto col vitello, appunto, ma anche col tonno, e con la salsa di capperi e un'insalata russa preparata al momento.
Splendida e delicata cucina. Ci tornerò, e spero presto.
Dispensa Pani e Vini - Loc. Torbiato - via Principe Umberto - Adro (Brescia) - tel. 030 7450757

12 giugno 2009

Osteria Casa Vino - Verona

Angelo Peretti
Vicolo Morette, a Verona, lo trovate quasi di fronte all'Arco dei Gavi, o se preferite poco discosto da Castelvecchio. O a un tiro di schioppo da piazza Brà, percorrendo via Roma. Un vicoletto che proprio a metà è in parte occupato dagli ombrelloni e dai tavolini d'un ristorantino: Osteria Casa Vino è l'insegna. Ci sono stato qualche sera fa, dopo aver ricevuto un sms che me lo suggeriva. E non me ne sono assolutamente pentito.
Sia chiaro: non cercateci romanticismo o privacy. Sia nella salettina (bene arredata) che sul plateatico i tavolini sono appiccicati l'uno all'altro. Eppoi concettualmente a me piacerebbe mangiare territorio, e dunque se siamo a Verona, in un'osteria vorrei mangiar veronese, e mica trovare in lista di tutto un po', ma sono solo idee mie.
Se invece v'interessa la cucina in sé, e magari anche il buon rapporto fra prezzo e qualità, be', ho l'impressione che qui vi troverete bene.
Provata la zuppa di fagioli, delicata, lo splendido carrè di agnello, il delizioso mascarpone al caffè. Chi mi accompagnava, è stato piuttosto contento dei suoi fiori di zucchina ripieni e del suo misto mare gratinato, di bella freschezza. Con l'aggiunta di una minerale e di una mezzina di onesto Valpolicella della Cantina sociale di Negrar, s'è speso, in tutto, 62 euro in due, cifra che rapportata, appunto, al valore di quel che abbiamo avuto nel piatto, è un invito a ritornare.
Osteria Casa Vino - Vicolo Morette, 8a - Verona - tel. 045 8004337