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19 marzo 2012

Dieci Sauvignon della Loira

Angelo Peretti
Chi mi conosce, sa che non sono un bevitore dei Sauvignon di casa nostra: troppo verdi, troppo segnati da quell'odore di piì di gatto che a me disturba e tanto. E se non sono così, allora sono troppo densi e alcolici. Insomma, di solito non fanno per me, salvo rarissime eccezioni.
Chi mi conosce sa che invece adoro bere i Sauvignon Blanc della Loira, con quella loro strepitosa freschezza e quel fiore e quel frutto succoso.
Orbene, sabato scorso con un manipolo di amici di Sauvignon della Loira ne ho aperti una decina, trovando qualche sorpresa (un inaspettato, economico Touraine, "firmato" da un grande nome della zona) e delle conferme (Pelle, per esempio, che ormai bevo con soddisfazione da cinque anni, oppure Chateau de Tracy, che ogni volta mi sorprende per come sappia sempre proporre vini di grande eleganza e insieme di fantastica beva).
Ecco qui sotto com'è andata, con un elenco "in ordine di apparizione" sulla mia tavola. Alla fine della descrizione, succinta, del vino, c'è il prezzo in euro che ho pagato acquistandolo on line.
Jardin de La France Le Petit Bourgeois 2010 Henri Bourgeois
L’avrei detto un (buon) altoatesino. Quella nota verde e terpenica non è ciò che cerco. (10,30 euro)
Un faccino :-)
Quincy 2010 Jean-Michel Sorbe
Teso, secco. Polpa e sostanza. Alla lunga concede accenni piacevoli di erbe. Elegante. (12,50)
Due lieti faccini :-) :-)
Menetou-Salon Morogues 2010 Henry Pelle
Il solito gioiellino. Salmastro, iodato, floreale, succoso di frutto bianco. Una certezza. (15,10)
Due lieti faccini e quasi tre :-) :-)
Sancerre Le Tournebride 2010 Vincent Gaudry
Pompelmo, litchie, ma anche tanta – troppa – morbidezza. Non fa per me. (17,50)
Un faccino :-)
Sancerre La Moussiere 2010 Alphonse Mellot
Un fuoriclasse. Floreale, elegantissimo. Salato, tesissimo. Da strabere. (19,60)
Tre lieti faccini :-) :-) :-)
Jardin de La France Mmm Sauvignon 2009 Fournier Pere et Fils
Era meglio appena uscito. O forse questa era una bottiglia sfortunata. (9,10)
Niente faccini
Sancerre Cuvee Silex 2008 Fournier Pere et Fils
Frutto giallo e pietra focaia e sale: gli serve ancora tanta bottiglia. Lunghissimo. (23,10)
Due lieti faccini e quasi tre :-) :-)
Touraine Sauvignon Les 2 Pentes 2009 Vincent Careme
Grande rapporto qualità-prezzo. Bacca di gelso bianco, pera. Tracce gessose. (8,00)
Due lieti faccini :-) :-)
Pouilly-Fumé 2008 Chateau de Tracy
La solita straordinaria grazia dei vini di Tracy. Fiori, frutti, sale, lunghezza infinita. (17,90)
Tre lieti faccini :-) :-) :-)
Pouilly-Fumé Blanc Fumé de Pouilly 2008 Didier Dagueneau
Giovane, tanto giovane. Frutto denso, ampio. Sale. Occorre attenderlo ancora. (43,50)
Due lieti faccini :-) :-)

14 marzo 2012

L'eleganza suprema del Vouvray démi-sec

Mario Plazio
Una tipologia sottostimata e poco conosciuta dalle nostre parti quella dei vini démi-sec, con un leggero residuo zuccherino. A torto considerati né carne né pesce, sanno invece reggere con eleganza abbinamenti di grande armonia. Purchè si tratti di un grande vino, così come è il caso di questo 2005 di Philippe Foreau, dalla perfetta definizione
Lo chenin si esalta nel terroir tufaceo di Vouvray e nella versione démi-sec. Dominante è la nota minerale e vulcanica, assorbita in un insieme compatto e stilizzato, così come è nello stile di questa splendida realtà. Sullo sfondo timide note di frutta esotica, ananas e frutto della passione, poi pepe bianco e mela cotogna. Il tutto molto ordinato e composto, flemmatico come un lord inglese. In bocca sfodera tutta la sua classe. È dinamico, sottile e venato da una magnifica nota amarognola.
Ancora giovanissimo, dirà la sua tra almeno dieci anni.
Una grandissima bottiglia, che non trova uguali tra i vini del nostro Paese.
Eleganza suprema.
Vouvray Domaine de Clos Naudin démi-sec 2005 Philippe Foreau
Tre faccini :-) :-) :-)

26 gennaio 2012

Il lato bianco di Bordeaux

Angelo Peretti
Quando pensi a Bordeaux ti viene in mente il vino rosso. Ma c'è mica solo quello. C'è qualche rosato, anche se è quisquilia, in genere. Ci sono i bianchi dolci, botritizzati, vedi alla voce Sauternes eccetera. E i bianchi secchi, che ho sempre fatto parecchia fatica a capire.
Ora, m'è capitato di stappare una bottiglia del Bordeaux Blanc del 2006 dello Château du Gran Plantier che avevo dimenticato in cantina e che quand'è uscito era di esplosiva freschezza. Vino, aggiungo, che aveva raccolto le sue belle soddisfazioni sulla guida Hachette, sempre quand'era uscito. Mi domandavo come avesse superato questi annetti. Ne sono rimasto impressionato. Per la croccantezza.
Sì, era tutto frutto croccante. L'albicocca quando ancora è duretta e scrocchia sotto i denti eppure ti rilascia di già il suo profumo. E la pesca nettarina bianca appena tratta dall'albero. E la meletta di montagna staccata dai rami.
In fondo, c'era un tappeto di fiori estivi, di prato.
E una freschezza che faceva rotolare i frutti ed esaltava il fiore.
Buonissimo.
Penso che presterò attenzione maggiore ai bianchi bordolesi.
Bordeaux Blanc Sec 2006 Château du Gran Plantier
Tre lieti faccini :-) :-) :-)

19 gennaio 2012

Stephane Aladame e la Borgogna bianca

Mauro Pasquali
Chi pensa alla Borgogna generalmente va subito con la mente al pinot nero e ai suoi Grand Cru, ottenuti da questo straordinario ma scorbutico vitigno. Poi, subito dopo, il pensiero corre ai grandi bianchi di Borgogna, in primis allo Chabils, nelle sue varie declinazioni. Infine, pochi arrivano (e hanno potuto assaggiare) alla Borgogna minore, ma che poi tanto minore non è: la Côte Chalonnaise e quello scrigno di Premier Crù che è Montagny. Qui, partendo da meno di 3 ettari di vigneto a soli 18 anni, dopo gli studi a Beaune, Stephane Aladame ha lentamente ma costantemente ingrandito il suo scrigno (perché tale è) fino agli attuali 7 ettari dei quali ben 6 in Premier Cru. E chi conosce la Borgogna sa cosa questo significhi.
Oggi, a neppure quarant’anni, Stephane è uno dei grandi alfieri dello chardonnay di Borgogna, riconosciuto tale non solo in Francia ma ovunque sono stati assaggiati i suoi vini. Ecco: lui è rimasto quel ragazzo di diciott’anni, quasi timido e più avvezzo a parlare con le sue viti che in pubblico. Lascia volentieri la parola ai suoi vini che, in verità, molto hanno da dire.
Agricoltura biologica da una decina d’anni, vigne di diverse età (da venti a novant’anni), per un totale di circa 40.000 bottiglie, uso di legno (ovvio in Borgogna) ma anche di acciaio: questo è Stephane Alamande. E la sorpresa maggiore è proprio l’uso molto parco del legno e una lenta ma convinta conversione alle botti grandi e all’acciaio. Tanto che il vino che più mi è piaciuto della breve ma intensa degustazione, è proprio uno chardonnay che il legno non lo ha visto.
Cremant de Bourgogne Blanc Domaine Stephane Aladame
L’unico vino fatto con uve non di proprietà. Ancora per poco, perché dalla prossima annata anche questo Cremant sarà interamente prodotto con lo chardonnay che Stephane produce.
Naso complesso con profumi forse compressi ma con evidente e forte mineralità. In bocca entra morbido tanto che non gli daresti i soli 6 grammi/litro di zuccheri residui. Buona sapidità e grande salinità. Finale morbido ma pulito e di buona lunghezza.
Due beati faccini :-) :-)
Montagny 1er Cru Découverte 2009 Domaine Stephane Aladame
Il frutto tropicale è evidente ma la cosa che stupisce di più è la grande freschezza e salinità, accompagnate da note minerali e notevole sapidità. Il vino che mi è piaciuto di più: fresco, pulito, lungo. Uno Chardonnay che invoglia a bere il secondo bicchiere. E, poi, anche il terzo.
Tre beati faccini :-) :-) :-)
Montagny 1er Cru Les Maroques 2008 Domaine Stephane Aladame
Grande complessità e profumi che spaziano dalla frutta gialla alla speziatura. La nota salina, caratteristica dei vini di Stephane Alamande, ritorna marcata ma non prepotente. La fermentazione e la permanenza in legno del 30% del mosto si sente ed è evidente, non perfettamente bilanciata dal rimanente che ha sostato solo in acciaio. Da riassaggiare dopo la sostituzione della barriques con le botti grandi.
Un faccino e quasi due :-)

27 dicembre 2011

Un vecchio rosso borgognone

Angelo Peretti
Oh, certo, in questi giorni sui blog e su Facebook spopolano le informazioni essenziali sui pranzi e sulle cene del periodo natalizio: io ho bevuto questo, io quest'altro. Vabbé, perché sottrarsi? Tra le varie (forse troppe) bottiglie stappate in questi ultime giornate decembrine io cito un pinot nero borgognone che avevo comprato tempo fa da un mio pusher di fiducia. Un Morey-St-Denis 1er Cru Clos Sorbés del 1990 di Truchot-Martin. Buono. Direi buonissimo.
Perché scelgo proprio questo vino per il mio outing natalizio? Ma perché non sono una grande bevitore di vecchi rossi borgognoni: confesso che in fatto di rossi d'antan preferisco i Bordeaux, purché ante '83, al massino '85 (poi si sono parkerizzati anche loro). Epperò questo m'è piaciuto davvero. Colore tra il bruno e l'aranciato e il porporino. Naso tra la spezia e il frutto macerato. Un'incredibile bocca di lampone e fragolina di bosco. E una bella, minutamente rotonda lunghezza. Austerità è gioiosità insieme. Ecco: se ne avessi un'altra bottiglia ne sarei felice. Non ne ho più, ma sono stato contento di condividerla con degli amici. Che hanno gradito. Sennò a che servono gli amici?
Morey-St-Denis 1er Cru Clos Sorbés 1990 J. Truchot-Martin
Due lieti faccini e quasi tre :-) :-)

22 dicembre 2011

Rosé rosé e poi rosé

Angelo Peretti
E se per il pranzo di Natale stappassimo dei rosé? Mica le bolle, i rosé rosé, quelli fermi. Oh, me li vedo i detrattori del vino in rosa, quelli che il vino è bianco e rosso, pronti a dire: ma dai, il rosé, quel mezzosangue, quel vino leggerino. Mezzosangue leggerino? Be', convertitevi.
Vi racconto di una degustazione che ho organizzato quest'estate. In agosto. Non ne ho scritto allora perché ero in "pausa di riflessione". Poi me ne sono dimenticato. Adesso la cosa viene buona proprio perché si avvicina il Natale e qualcheduno dei vini bevuti quella sera mi pare perfettissimo per la mangiata cui ci stiamo avvicinando.
Ordunque, a tavola con me c'erano bevitori e produttori. Gente che comunque di vino se n'intende, e che di bocce ne ha aperte sin qui tante e tante. In ogni caso, gente di manica mica tanto larga quando si tratta di valutare un vino. Ebbene, quando a fine cena, com'è mia abitudine, ho chiesto di esprimere per ciascun vino tastato un giudizio decimale che indicasse la piacevolezza del vino (da zero a dieci, compresi i mezzi punti, tenendo conto solo della piacevolezza personale), per quattro rosé sono fioccati punteggi tra il nove e il dieci. Con tanti dieci. Mica scherzi.
I rosé in questione venivano dall'area della Provenza e dintorni, sud della Francia. Li descrivo qui di seguito, rapidamente, mettendo il mio personalissimo voto decimale, giusto per rendere l'idea (e dunque, per una volta, non i faccini). Ovviamente, quelli con punteggio da 9,5 a 10 son vini da tre lieti faccini, e son perfetti per Natale. Dico: perfetti, perché ormai del tutto pronti per una bevuta indimenticabile. Indimenticabile, giuro.
Oh, dimenticavo: fra parentesi metto anche il prezzo: acquisto on line. Vedrete che in alcuni casi la grandezza ha il suo prezzo, e il prezzo, garantisco, ha il suo perché.
Côtes de Provence Cuvée Marie 2010 Château Saint Pierre
Spezie, fiori bianchi. Leggerissima vena aromatica. Ben fatto. 8 (11,40 euro)
Coteaux Varois en Provence 2010 Château Margüi
Polposetto e fresco. Frutto. Fiori. Molto "italiano" nello stile. 7 (11,80 euro)
Tavel 2010 Guigal
Il solito fuoriclasse. Tanto frutto, tanta spezia. Potenza ed equilibrio. 9,5 (13,10 euro)
Côtes de Provence Cru Classé Éloge 2010 Domaine de la Croix
Asciutto, sapido. Piccolo frutto. Acidulo. Da estate. 7,5 (13,30 euro)
Côtes de Provence Cru Classé 2010 Château Sainte Marguerite
L'inconfondibile eleganza di Sainte Marguerite. Semplicemente splendido. 10 (13,50 euro)
Côtes de Provence Cuvée Lampe De Méduse 2010 Château Sainte Roseline
Potente, speziato, ampio, croccante, succoso. Grande personalità. 9 (14,50 euro)
Bandol 2010 Château de Pibarnon
Polpa e potenza. Un vino "enorme", forse troppo. Persistente. 8,5 (21,10 euro)
Bandol 2010 Domaine Tempier
Grande naso! Fragola, lampone, cassis. Perfetta corrispondenza in bocca. 10 (21,60 euro)
Côtes de Provence La Londe Confidentielle 2010 Domaine Saint André de Figuière
Oh, che profumi! Fruttini, fiori macerati, spezia dolce. Strepitosa lunghezza. 10 (25,80 euro)
Palette 2010 Château Simone
Come sempre, si offre con ritrosia. Poi si apre ed è spettacolare. Infinito. 10 (29,50 euro)

14 dicembre 2011

Al Domaine de la Tournelle

Angelo Peretti
Premetto: adoro i bianchi del Domaine de la Tournelle. Così, andando ad Arbois e scoprendo che in paese hanno anche un bistrot, non ho saputo proprio resistere e ci ho fatto una sosta, e consiglio a chi dalla primavera in poi avesse intenzione di passare di là di fermarcisi a mangiare a bordo fiume (ci sguazzano le trotelle), sotto i muraglioni vetusti: pane e formaggi e salumi e vini da tastare, tutti, e ve li servono a bicchiere. Relax, tranquillità assoluta, splendida sosta davvero.
Detto questo, eccomi ai vini. I bianchi, dicevo, mi piacciono da tempo, e mi hanno raccontato di Arbois e del Jura ben prima che ci andassi a fare una gita. Mi piace la loro affilata freschezza, la loro personalità montanara. Ma ho scoperto che... Ho scoperto che fanno anche un rosso che metterei al top nella categoria dei miei adorati vinini e che fanno un vino dolce fortificato, il Macvin, che non ho mai bevuto così buono.
Arbois Rouge Ploussard L'Uva Arbosiana 2010 Domaine de la Tournelle
La sorpresa. Un vinino rosso da uve ploussard. Rosso da bere, ribere, strabere. Leggermente vivace. Piccolo frutto. Succosissimo.
Due lieti faccini :-) :-)
Arbois Rouge Trousseau des Corvées 2009 Domaine de la Tournelle
L'uva è il trousseau, semisconosciuto. Colore nero. Naso di ciliegia stramatura. Bocca tannica. Frutti di bosco. Rusticissima personalità.
Un faccino e quasi due :-)
Arbois Chardonnay Les Corvées sous Curon 2007 Domaine de la Tournelle
Vero, in genere non amo lo Chardonnay, ma in Arbois è un'altra cosa. Avvolgente di spezie e frutti gialli. Scattante. Elegante e favoloso.
Tre lieti faccini :-) :-) :-)
Arbois Savagnin de Voile 2006 Domaine de la Tournelle
Oh, che profumi intriganti! Da Vin Jaune, direi. E in bocca è un rincorrersi tra note evolute e sensazioni giovanili. Splendido match.
Tre lieti faccini :-) :-) :-)
ArboisVin Jaune 2003 Domaine de la Tournelle
Strepitoso per freschezza, nonostante sia figlio dell'anno della calura. Tipicissimo nelle sue memorie di noce e di fiori secchi e di fieno.
Tre lieti faccini :-) :-) :-)
Macvin du Jura Domaine de la Tournelle
Wow! Un terzo di marc, due terzi di chardonnay. Sa di albicocche sotto grappa e ti avvolge come una coperta morbidissima. Grande.
Tre lieti faccini :-) :-) :-)

29 novembre 2011

Macle, leggi Chateau Chalon

Angelo Peretti
Ecco, una delle differenze tra l'Italia e la Francia del vino è questa: di là dalle Alpi i produttori non fanno fatica a consigliarti altri vignaioli, ed anzi ci tengono a farlo. Ad Arbois, Jura, terra dei Vin Jaune che amo, quando dicevo che volevo fare un salto a provare i vini gemelli di Château Chalon, a pochi chilometri da lì, non c'era uno fra i vigneron che non mi dicesse che dovevo assolutamente passare da Macle. Così ci sono passato. Mi ha ricevuto Elyane Macle, che s'è scusata e riscusata perché il suo Jean non poteva esser lì ad accogliere il visitatore, sebbene io fossi visitatore sconosciuto, turista per caso.
M'ha fatto tastare i vini del domaine, fatti, come tradizione vuole, sous voile, sotto cioè quel velo di microrganismi che da noi chiamano fioretta ed è vista, da noi, generalmente male. Mi ha spiegato che lì da loro i lieviti per la voile non occorre inocularli, perché la cantina ne è piena e dunque si attivano naturalmente.
Dico che il Côtes du Jura è fatto per l'ottantacinque per cento di chardonnay e il quindici savagnin, entrambi sous voile e assemblati solo quando il vino va in bottiglia. Lo Château Chalon è tutto savagnin che sta in legno pressappoco sette anni. Il Macvin è quella strana, fascinosa cosa che si fa con una mistella di mosto e di marc, la grappa del Jura, ottenuta dagli acini.
Côtes du Jura 2008 Jean Macle
Naso "da Jura", con quei tipici toni di lieviti, di noci, di spezie. In bocca s'espande: da mangiare, da masticare. Alcol un po' sopra le righe.
Due lieti faccini :-) :-)
Côtes du Jura 2007 Jean Macle
Elegantissimo bianco di carattere. Floreale, perfino. Ed ha tracce di fieno secco e le classiche memorie di noce. Lunghissimo e croccante.
Tre lieti faccini :-) :-) :-)
Château Chalon 2004 Jean Macle
Tanto, tanto fieno secco, un pizzico di curry, la nocciola. Delicato, elegante. C'è bisogno di aspettarlo un bel po' d'anni ancora prima di berlo.
Due lieti faccini e quasi tre :-) :-)
Château Chalon 2003 Jean Macle
Si sente l'annata calda, eccome. Se ne avverte il calore quasi bruciante. Eppure l'interpretazione è comunque degna di nota, ed è lunghissimo.
Un faccino e quasi due :-)
Macvin du Jura 2006
Quanta mandorla che trovi subito al naso e poi in bocca. E poi ancora il mirto e il frutto succoso. E il tono del marc. Morbido, avvolgente.
Due lieti faccini :-) :-)

30 luglio 2011

Alsace Grand Cru Riesling Goldert 1995 Les Vignerons de Pfaffenheim et Gueberschwihr

Mario Plazio
Le cantine sociali sono una cosa seria in Francia. Ricordo la Cave de Tain l’Hermitage, la Chablisienne, Les Sieurs d’Arques e molte altre. In alcuni casi sono state fondamentali per salvare una denominazione altrimenti destinata a scomparire. In Alsazia, e in questo il parallelo con il nostro Alto-Adige è molto calzante, le unioni dei produttori sono spesso sinonimo di altissima qualità proposta a prezzi fra i più competitivi. Tra queste vorrei parlare della Cave de Pfaffenheim, un colosso che negli anni ha inglobato anche le cantine dei paesi confinanti. Dispone di una serie di grand cru impressionante, ed è qui che la qualità è maggiore.
Questo Goldert (per il colore dorato del succo che ne deriva) rivela la grassezza e la materia dei riesling da terreni calcarei che si manifesta con decisi tocchi di limone confit, vaniglia (non fa legno), frutto della passione e liquirizia. Tutto sommato conserva un ottimo equilibrio globale, la mineralità resta discreta, a metà tra la pietra e l’idrocarburo. Sapida e balsamica l’uscita di bocca.
Se avesse un pizzico in più di complessità e di eleganza sarebbe ai massimi livelli, per il momento è semplicemente molto buono, e questo mi basta.
2 + faccini :-) :-)

23 luglio 2011

Cahors 2007 Château du Cèdre

Angelo Peretti
Per chi cerca i rossi caldi - che hanno cioè sia il calore dell'alcol, ma ben modulato, sia quello del sole, e soprattutto questo: il sole - il sud-ovest della Francia è fertilissimo terreno. Cahors, per esempio, offre vini nel contempo e densi e bevibili e longevi e solari.
Chi volesse farsene un'idea assaggi - beva - questo Cahors del 2007 di Château du Cèdre. Uve soprattutto di malbec - al novanta per cento, credo - con un pizzico di tannat e di tannat.
Il colore è rosso cupo, con sfumature nere e violacee. All'olfatto porge il frutto maturo di bosco, intenso ma non marmellatoso, e un che di pepato. La bocca è ampia, vellutata, calda di solarità, eppure anche fresca, e fruttata di mirtillo e prugna selvatica e amarena. Un bell'equilibrio, che fa pensare a un potenziale notevole in termini di longevità.
Due lieti faccini :-) :-)

19 luglio 2011

Sauternes 1997 Château Haut Bommes

Mario Plazio
Prodotto dalla équipe dell’eccellente Château Clos Haut-Peyraguey e proveniente dalle vigne non classificate come premier cru, questo Sauternes è un ottimo affare per gli appassionati di vini dolci o moelleux, come dicono i cugini d’oltralpe.
Il 1997 è oggi perfetto da bere, con un naso di liquirizia e più sulle note confit che non sulla botrytis (pesca in confettura, menta, fichi). Al palato colpisce l’elegante ossidazione che lo rende etereo e ne bilancia la naturale concentrazione. E poi quella netta sensazione di zafferano, davvero bellissima. Finale lungo e denso su ricordi di frutta secca.
Rispetto ai fratelli maggiori manca ovviamente di raffinatezza, ma rimane un ottimo liquoroso che si può reperire ad un prezzo onestissimo. Io l'ho abbinato ad una crème brulée alla liquirizia ed è stato semplicemente perfetto.
Due faccini :-) :-)

12 luglio 2011

Sancerre Les Herses 2000 Gitton Père et Fils

Mario Plazio
Gitton dispone di un incredibile patrimonio di vigne a Sancerre, che copre tutti i diversi tipi di suolo presenti sul territorio. È l’unico, almeno a quanto mi risulta, a vinificare individualmente ogni singolo vigneto, tanto che le etichette proposte dalla cantina sono circa una quindicina. In questa zona nascono i più grandi sauvignon del mondo, dotati di grande freschezza e capacità insospettate di invecchiamento.
La vigna Les Herses produce dei vini che emergono per la grande sensazione di mineralità che riescono a comunicare. Negli anni di maturità risicata ricordano a tratti un Riesling tedesco per gli aromi di idrocarburi. Questo 2000 invece propone un minerale sassoso, con un frutto maturo che però non diventa esotico. È poi speziato, agrumato, e alla fine arrivano il kiwi e il melone. L’acidità vibrante di cui è dotato ben si sposa ad una materia matura, ma senza eccessi. In nessun momento prevalgono le note varietali, e questo è uno degli aspetti che più mi intrigano dei vini prodotti a Sancerre.
Due faccini e mezzo :-) :-)

7 luglio 2011

Fronton Cuvée Don Quichotte 2006 Château Le Roc

Angelo Peretti
Se siete come me tra coloro che amano il ribes - rosso o nero che sia , be', allora avete trovato il vostro vino: la Cuvée Don Quichotte di Château Le Roc. La denominazione è quella di Fronton, nel sud ovest della Francia. C'è chi li chiama, questi vini, i Beaujolais di Tolosa, e credo sia perché con i rossi borgognoni a base di gamay condividono la splendida beva. Splendidissima è la beva di questo vino, che trae il frutto, e un che di floreale, dall'uva di negrette, e quel po' di pepe dal sirah.
Fresco, davvero succoso - ribes, tanto, a manciate -, con un tannino ben delineato e per nulla invadente e, dicevo, una pepatura sottesa che ci sta bene. Non lo conoscevo, ed è stata una bella scoperta.
Tre lieti faccini :-) :-) :-)

28 giugno 2011

Alsace Riesling Grand Cru Florimont 2003 Domaine Bruno Sorg

Mario Plazio
Una versione un po’ sottotono, forse anche qui ha il suo peso la famigerata annata 2003… Al naso è piuttosto reticente e disordinato, come fosse fuori fuoco. Probabilmente c’è un eccesso di solforosa, gli aromi sono inchiodati. Nonostante ciò fa capolino un pizzico di mineralità e il tipico petrolio, accanto ad ananas maturo.
L’ingresso è morbido e dolcino per la presenza di un residuo zuccherino, mentre nella seconda parte manca la giusta persistenza e l’acidità va per la sua strada.
Ad ogni modo il vino si fa bere con piacere e questo mi basta per il momento.
1 faccino e mezzo :-)

21 giugno 2011

Bourgueil Les Perrières 2000 Catherine et Pierre Breton

Mario Plazio
Una coppia di produttori appartenenti alla categoria dei "naturalisti". Niente pesticidi in vigna, molta attenzione alle piante, niente lieviti e pochissima o nulla solforosa a seconda della cuvée.
Questo cru di Burgueil, nel cuore rossista della Loira, rende bene fin dal nome l’idea del vino che troveremo in bottiglia. Si sente appunto il minerale, il sasso, il catrame. Una leggiadra nota vegetale, tipica della varietà (il cabernet franc) resta molto delicata in sottofondo. A tratti esce un aroma di pietra focaia che potrebbe far pensare più a un bianco che a un rosso.
Splendida la bocca, setosa, tutta confettura di fragola, pesca e viola. E poi l’acidità, quella che mi fa tanto amare bianchi e rossi di questa zona della Francia. Lungo vivo e dinamico, termina sul tartufo, sui fiori e su una ampia balsamicità.
Tutta la sottigliezza e la piacevolezza che amo ritrovare nei grandi vini.
Tre faccini :-) :-) :-)

17 giugno 2011

Bourgogne Aligoté 2009 Jean-Luc e Paul Aegerter

Angelo Peretti
Ecco, sì, insomma, devo dirlo: non avevo mai bevuto prima un Aligoté. Perché pensavo che fosse il fratellino minore dei Borgogna fatti con lo chardonnay (e questo invece è fatto col meno blasonato vitigno dell'aligoté, appunto) e che non valesse quasi la pena di bere 'sto vinello bianco. Confesso che quello degli Aegerter l'ho comprato solo perché l'ho trovato in offerta. E me ne vergogno. Perché invece da adesso in posi sarò un fan dell'Aligoté. Anche senza bisogno di correggerlo col cassis per farci il kyr.
Di cosa sa 'sto vino? Boh, forse di mela verde, la Granny Smith, che prima di tutto è acidula, e forse è solo acidula, e per il resto è pressoché neutra, tant'è che la si usa (la uso) come intermezzo tra un olio e l'altro in degustazione, capace com'è di cancellare ogni traccia dell'extravergine che precede.
E allora perché ne sono diventato un fan, dell'Aligoté, se è così lineare? Come spiego il colpo di fulmine? Perché, appunto, è un vino di una freschezza straordinaria, ed è secchissimo e un bicchiere tira l'altro, ché non ci hai quelle melense vene aromatiche da lieviti selezionati che ormai trovi pressoché ovunque nei bianchi.
Ecco, sì, è un bianco immediato, diretto, affilato. O ti piace o non ti piace. A me piace, e lo trovo un aperitivo eccellente.
Mi riprometto di investigare meglio in mondo per me semisconosciuto degli Aligoté. Intanto, invento una definizione per questo che ho bevuto: un perfetto vino minimalista.
Due lieti faccini :-) :-)

8 maggio 2011

Alsace Grand Cru Altenberg de Bergbieten Gewürtztraminer Vendanges Tardives 2002 Roland Schmitt

Mario Plazio
Non sono un grande appassionato di gewürtztraminer. È un’uva così marcata e “sfacciata” che spesso dà alla luce vini volgari o nella migliore ipotesi prevedibili. E purtroppo quelli italiani rientrano spesso in questa categoria.
Qualcuno dei miei tre lettori (ammesso che siano così tanti) dirà che sono il solito esterofilo. Ebbene sì: hanno ragione.
Prendiamo ad esempio il vino di Roland Schmitt (in realtà l’azienda che porta il suo nome è retta dalla vedova e dai figli). Si tratta di uno dei grand cru più a nord della Route des Vins in Alsazia, e che produce vini di indiscutibile finezza, che si amplificano nel corso degli anni.
Questa vendemmia tardiva è al limite di una SGN (selezione di acini nobili) e si demarca per un naso elegantissimo, travolgente ma al tempo stesso di una leggerezza inimitabile. Frutto della passione, lavanda, cannella e una nota di botrite ne caratterizzano gli aromi, che confluiscono in una bocca compatta e lunghissima, sottile ed elegante come di rado mi è capitato di trovare. La botrite conferisce sentori di fungo, mentre il finale chiude sulla frutta secca con un sentore amarognolo di grande purezza. Fascinoso.
Tre faccini :-) :-) :-)

6 maggio 2011

Mâcon-Péronne Réserve 2004 Domaine de la Condemine

Angelo Peretti
Sì, lo so, l'ho detto e lo ripeto, sono un bevitore abc: anything but Chardonnay. Insomma: datemi da bere quel che volete, purché non sia Chardonnay. Con le dovute eccezioni. Perché se per caso spersa nella vostra cantina aveste una bottiglia del Mâcon-Péronne Reserve 2004 del Domaine de la Condemine, be', chiamatei, perché sarà pur fatto con sole uve  di chardonnay (borgognone), ma è buono, accidenti se è buono.
Frutto giallo polposo, tondo, croccante, sodo, dolce, maturo. Lo giri e lo rigiri nel palato, e più che berlo quasi lo mastichi, lo rosicchi, ed è un gran frutto, e dopo il primo sorso ti vien voglia di un secondo.
Grande bianco.
Tre lieti faccini :-) :-) :-)

15 aprile 2011

Morgon Climat Corcelette 2003 Daniel Bouland

Mario Plazio
Strani  i vini delle annate calde. Alla fine ho deciso di inaugurare una degustazione in due puntate visto il comportamento particolarissimo del vino in questione.  Il Beaujolais è una delle mie grandi passioni degli ultimi anni. Lasciando perdere la versione “nouveau” (che purtroppo tanti identificano tout court con l’aoc intera), il Beaujolais rappresenta una delle più riuscite espressioni di territorio che mi sia capitato di incontrare. Inoltre si tratta (per i migliori ovviamente) di vini caratterizzati da una beva strepitosa, lontana da eccessi di concentrazione, legno, alcol, ecc. che (peste li colga) costituiscono ormai la regola presso una sempre più nutrita schiera di produttori (italiani aggiungo). Ci avviciniamo molto alla Borgogna, non solo geograficamente, ma anche come sensazioni, specie dopo qualche anno di invecchiamento.
Il Morgon 2003 di Bouland ha offerto un naso etereo  e minerale con sentori di ciliegia sotto spirito e catrame. A questo  ha fatto seguito una bocca molto potente, poco coerente e soprattutto inficiata da tannini poco gradevoli. Alla pressione iniziale non corrisponde un dovuto allungo nel finale.
Un faccino e mezzo :-)
Il giorno dopo il vino si è letteralmente trasformato, anche nelle sensazioni tattili. Il naso assume un fascino incredibile: succo di liquirizia, fiori, sangue e ferro. Il richiamo ad un grande pinot nero è inevitabile. In bocca si sgonfia e si allunga, acquista eleganza e continuità. Rimane solo una certa aggressività nel tannino, ma la metamorfosi è stupefacente.
Due faccini e mezzo :-) :-)

27 marzo 2011

Coteaux du Loir Pineau d’Aunis 2002 Domaine de la Charrière

Mario Plazio
A metà tra un rosso e un rosato, il pineau d’aunis è un vitigno semi-dimenticato che si coltiva nella valle del Loir, a nord della Loira e di Tours. Molto scorbutico, è in grado di rivelare rare emozioni presso quei produttori che lo sanno trattare e che ci dedicano preziose attenzioni.
Questo 2002 è evoluto (non è un vino da grandi invecchiamenti), profuma di spezie, pepe rosa in particolare, di frutta sotto spirito, di ferro e di ciliegia.A dominare il palato è una sferzante acidità che aiuta la progressione del liquido. I tannini sono appena accennati e il tutto è decisamente e gradevolmente rustico.
Una bottiglia da abbinare al cibo e da bere entro 3 o 4 anni dalla vendemmia.
Due – faccini :-) :-)