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4 novembre 2010

Slow Wine, i Grandi Vini e i vinini della quotidianità

Angelo Peretti
Confesso: sono uno di coloro che non hanno gradito che Slow Wine, la nuova guida dei vini italiani edita da Slow Food con un considerevole lavoro di squadra, riporti un elenco di Grandi Vini. Personalmente, credo che un vino sia "Grande" solo ed esclusivamente quando esprime in pienezza il suo terroir d'origine, che è fatto di vigna, di terra, di clima, ma soprattutto d'umanità. E non m'importa se quel tal vino sia concentrato o invece più leggerino, se possa invecchiare o se sia da godere nella giovinezza, se reclami attenta riflessione oppure chieda "soltanto" spensierata beva. Per me il vino "Grande" è quello che ti offre piacevolezza raccontando di sé e della propria terra e delle donne e degli uomini che su quella terra ci vivono e han trovato appunto espressione in un vino.
Il prevedere invece, accanto ai Vini Slow (ed è scelta che convince quella d'indicare bottiglie vicine alla "filosofia" del movimento della chiocciolina) e ai Vini Quotidiani (ché, vivaddìo, ci vogliono anche i vini "buoni" - e magari anche puliti e giusti - che si possano mettere in tavola ogni santo giormo), anche i Grandi Vini mi pare sia quasi una contraddizione. Insomma: comprendo, o mi sforzo di farlo, quel che voleva signficare lo staff di Slow Wine prevedendo questa categoria, ma penso si potesse trovare un'altra definizione, perché il Grande non facesse ritenere che il resto è "piccolo".
Una risposta indiretta - ma non so invero se indiretta sia pienamente, visto che abbiamo in precedenza all'uscita del post intrattenuto corrispondenza epistolare sul tema - me l'ha comunque fornita Giancarlo Gariglio, co-curatore di Slow Wine, persona che stimo davvero molto, direttamente sul sito enoico di Slow Food.
Titolo del post di Giancarlo: "I Grandi Vini esistono e vivono fra noi..."
Dice: "Ieri sera durante una piacevole cena fra amici è stato servito alla cieca un Sassicaia 1979. Un vino che ci ha impressionato per forza, carattere, longevità e piacevolezza. Una riflessione nasce spontanea: con la proposizione della categoria Grandi Vini nella guida Slow Wine, abbiamo colto nel segno, soprattutto perché al loro fianco abbiamo indicato i Vini Slow e i Quotidiani".
Aggiunge Gariglio: "La categoria dei Grandi Vini è stata oggetto di forti discussioni in rete. Molti si sono chiesti il perché Slow Food abbia deciso di riproporre nella sua nuova Guida i classici vini da concorso, quelli che normalmente prendono punteggi sopra i 90 centesimi sulle varie pubblicazioni di settore. Ieri dopo aver assaggiato una bottiglia di Sassicaia 1979 ho avuto la percezione chiara e distinta che il fornire tre differenti chiavi di lettura su Slow Wine ha senso ed è molto importante che ci siano sia i Grandi Vini sia i Vini Slow, oltre naturalmente i Quotidiani. Il vino che avevamo nel bicchiere era in tutto e per tutto un'espressione piena e convincente di toscanità a livelli altissimi. Tanto che alla cieca abbiamo detto che si trattava di una bottiglia toscana, ma non si riusciva ad individuare i vitigni di origine. La sensazione vegetale legata al cabernet si era attenuato e lasciava spazio a un'intensa acidità di bocca, a note soffuse di cuoio e caffé (queste molto eleganti e non certo volgari), con tannini dolci e lunghissimi. E come meglio definire questo Sassicaia se non dicendo che è un Grande Vino? Un'etichetta che ha attraversato i decenni con grazia ed eleganza per arrivare a noi con un'integrità da primato".
La spiegazione regge, anche se insisto: a mio avviso, non necessariamente un Grande Vino deve avere fra le proprie prerogative quella di sapere invecchiare. Ad esempio, personalmente classifico fra i "miei" Grandi Vini del cuore alcuni rosé provenzali: non mi si dica che, siccome non possono evolvere per trent'anni, ma sono invece strepitosi nella loro gioventù, non meritano il riconoscimento! Accetto dunque la spiegazione di Giancarlo, ma spero si trovi miglior definizione.
Chiudo - per mia vanagloria - riportando un altro passaggio di Giancarlo, ché qui lo devo proprio ringraziare, datosi che m'ha fatto dono di citare i "miei" vinini. Dice infatti: "Poi abbiamo deciso di creare altre due categorie ugualmente importanti: Vini Slow e Vini Quotidiani. I primi sono quelle etichette che hanno come obiettivo quello di rompere un certo schematismo: da un parte i prodotti cari e famosi (i vinoni) e dall'altra i vini meno possenti (i vinini). Abbiamo deciso di fornire ai nostri lettori una terza categoria dello spirito: i vini del cuore, quelli che ci emozionano, vuoi perché si tratta di novità, vuoi perché sono le specchio fedele di un terroir, vuoi, infine, perché hanno un approccio in bocca e al naso privo di sovrastrutture".
Oh, sì sì: se i "vinini" sono i Vini Quotidiani di Slow Wine, allora ho trovato la mia guida. E se c'è qualcosa che non m'aggrada, be', mica posso pretendere che facciano proprio una guida come piace a me (a me piace la Hachette francese), e comunque qualche peccatuccio di gioventù ci può stare su un lavoro che è solo alla prima edizione ed è frutto dell'opera di squadre che talvolta d'esperienza n'hanno maturata ancora molto poca. Alla prossima, dunque.

31 maggio 2010

Vinino: se ne parla su Vino 24

Angelo Peretti
Oh, accidenti, questo mi era sfuggito: un post dedicato al vino pubblicato da Cosimo Ricciato su Vino 24 (la foto qui accanto è presa proprio dal blog) Che scrive a proposito del convegno-degustazione che, insieme con Santa Margherita (e su loro espressa ispirazione e sollecitazione), ho potuto realizzare a Vinitaly.
Leggo così: "Un evento interessante che mi ricollega alla parola autoctono e territorialità c’è stato, ho assistito con molto interesse al dibattito-degustazione: bere col sorriso ovvero l’elogio della piacevolezza del vino, organizzato e presentato dall’azienda Santa Margherita e dall’Internet Gourmet Angelo Peretti, colui che, in poche parole ha dato vita ai Vinini".
Poi, Ricciato si chiede: "Che cosa sono i Vinini?" E risponde: "I vinini, brevemente, vogliono essere quei vini che vengono raggruppati in una fascia ben derminata; quella dell’ immediata godibilità, la genuina convivialità, vini capaci di accompagnare tutto il pasto, la fascia di prezzo (massimo otto-dieci euro), non essere mai banali come vini, la facile reperibilità e infine un legame con il territorio da cui provengono, quest’ultimo molto importante. Penso che non sia facile fare una selezione accurata seguendo tutte queste caratteristiche, ma basandomi sulla degustazione dei vini fatta al dibattito, tutto si è rivelato molto piacevole, specialmente nel caso del vino bianco da tavola ottenuto con l’autoctono campano: Catalanesca (penso che ne parlerò più avanti), davvero molto interessante. Secondo me si può fare".
Poi, le considerazioni finali: "Buon punto di partenza sicuramente, per quanto riguarda i vinini, ma la mia riflessione principale si sposa con l’educazione al bere, specialmente per quanto riguarda il bere dei nostri giovani, a mio avviso bisognerebbe coinvolgere le grandi e piccole aziende vitivinicole a partire con progetti mirati a questo tipo di educazione, i giovani, gran parte di loro non conoscono nemmeno la differenza tra alcolico e superalcolico e poi, in tanti il vino non sanno proprio cosa sia. Mi faccio due domande che ritengo essenziali, chiedendo un parere e qualche risposta: sono loro i consumatori del futuro? Se si, i vinini o qualcosa di simile quanto dureranno? E poi a conclusione della mia riflessione penso che il nome Vinini sia troppo riduttivo per un prodotto che è stato ottenuto da un lavoro duro e impegnativo durato come minimo un anno".
Il dibattito prosegue, dunque.

28 maggio 2010

Vinino: ne parla Marina Alaimo

Angelo Peretti
Un vinino in Calabria. Ne parla Marina Alaimo, sommelier campana ed ottima wine writer sul blog di Luciano Pignataro, recensendo il Magno Megonio 2008 - un igt della Val di Neto - di Librandi.
"Sto sicuramente infilando la strada maestra dei luoghi comuni - scrive Marina - asserendo che non si finisce mai di imparare, ma mai come in questo caso la massima trova giusta conferma. Tra le occasioni perdute della vita ritrovo il magliocco, questo sconosciuto, antico vitigno calabrese, che finalmente ho avuto il piacere di incontrare alla degustazione Slow Food dei vini Librandi all’Hotel Romeo di Napoli. Magno Megonio 2008 di Librandi è il vino in questione, prodotto appunto con uve magliocco dolce in purezza, il vinino per eccellenza, come direbbe l’amico Angelo Peretti, pensando questo termine per identificare un vino che sappia raccontare con estrema sincerità il proprio territorio, a piccoli prezzi".
Ora, ringraziando per la citazione, segnalo anche che Marina Alaimo abbina a questo vino un brano musicale, che mi pare perfetto: la fuga dal "Clavicembalo ben temperato" di Bach reinterpretata in chiave jazz dagli Swingle Singers. Un adattamento apparentemente semplice, addirittura orecchiabile, in realtà dotato di bella personalità. Come ha da essere un vinino. Provare per credere: l'articolo, con relativo video musicale d'antan, si raggiunge anche cliccando qui.

13 maggio 2010

Vinini: ne parla Giuseppe Casagrande su L'Adige

Angelo Peretti
Oh, caspita! Il contagio del vinino si diffonde, dopo la pubblicazione del Manifesto per la piacevolezza dei vini da bere su quest'InternetGourmet e il convegno realizzato a Vinitaly assieme a Santa Margherita, celebre brand del panorama enoico italiano.
Ora a parlar di vinino è il collega ed amico Giuseppe Casagrande su Pantagruel, la sua rubrica sul quotidiano L'Adige di Trento.
L'occasione è un pezzo dedicato ad un nuovo vino "firmato" da Mario Pojer, eclettico e bravissimo vigneron tridentino (è lui nella foto, presa dal sito di Pojer e Sandri).
Riporto qui di seguito la parte iniziale dell'articolo di Casagrande.
"Una recente indagine presentata a Vinitaly dal giornalista gardesano Angelo Peretti ha dimostrato il rinnovato interesse degli amanti di Bacco per i vini di bassa gradazione alcolica e dal prezzo abbordabile. Vini accessibili ad una vasta platea di consumatori e che si prestano ad un facile abbinamento con il cibo. Vini quotidiani che Peretti ha soprannominato «vinini » in contrapposizione ai «vinoni» di alto lignaggio e dalla gradazione alcolica elevata.
In questa ottica si inserisce il progetto di Mario Pojer: creare un vino piacevole, di facile approccio, ma non banale. Così è nata l’idea di «Filii»: rilanciare il Riesling ed i suoi figlioli (Müller Thurgau, Kerner, Incrocio Manzoni) seguendo le orme dei vignaioli della Mosella che hanno sempre puntato su vini di facile beva sfruttando al meglio le caratteristiche (elevata acidità delle uve e basso contenuto alcolico) del loro vitigno principe: il Riesling. Una sfida, quella di Mario Pojer, che nasce anche per venire incontro a quanti amano bere un buon bicchiere di vino senza rischiare il ritiro della patente. «Noi proponiamo un vino di 9 gradi imbottigliato nelle classiche renane da mezzo litro - precisa Mario Pojer - una quantità giusta per accompagnare il pasto di due persone senza incorrere nelle pesanti sanzioni legate ai controlli sul tasso alcolemico».
Un uvaggio bianco sicuramente destinato a far parlare di sè. Nasce da un mix di uve Riesling e dei suoi «figli»: il Müller Thurgau (madre Riesling, padre Madeleine Royale), il Kerner (madre Schiava grossa Trollinger, padre Riesling) e l’Incrocio Manzoni (Riesling per Pinot bianco)".

23 aprile 2010

E adesso i vinini sono anche in un libro

Angelo Peretti
Oh, accidenti, questa non me la sarei aspettata. I "miei" vinini adesso sono finiti anche in un libro. Li ho trovati con - piacevole - sorpresa fra le pagine di "Mercato del Vino", il recentissimo volume scritto da Fabio Piccoli per le edizioni dell'Informatore Agrario.
Fabio è un collega che stimo parecchio: un analista attento del mondo del vino e di tutto quello che ci ruota attorno. Sul libro penso - spero - che ci tornerò più avanti, perché contiene una serie di riflessioni su cui merita soffermarsi. Intanto dico che è la sintesi della ricerca condotta fra il 2007 e il 2009 dall'Informatore Agrario insieme con Veronafiere, in collaborazione con il Centro di formazione in Economia e politica dello sviluppo rurale di Portici. Consiglio di leggerlo.
A un certo punto della sua trattazione, Fabio Piccoli parla delle prospettive del vino italiano. E dice: "Appare sempre più evidente una certa disaffezione nei confronti del consumo quotidiano di vini 'beverini' durante i pasti. Su questo aspetto, si stanno aprendo nuovi interessanti opportunità nei confronti dei cosiddetti 'vinini', un neologismo coniato recentemente per indicare quei vini meno 'pretenziosi' che potrebbero riportare a un consumo quotidiano più adeguato all'offerta finale".
Caspita!

21 aprile 2010

Ma non è che abbiamo paura del vinino?

Angelo Peretti
Del convegno di Vinitaly co-prodotto con Santa Margherita sul “mio” vinino s’è cominciato a discorrere sul web. Il primo a scriverne, subito dopo l’appuntamento veronese, è stato Stefano il Nero. Che a suo tempo era stato colui che mi aveva dato il la per lanciare, appunto, l’Elogio del vinino. “È stato un successo - dice - e tutti contenti ma veramente tutti”. E più avanti: “L’idea del vinino corre nel dibattito e si dimostra valida perché fa riscoprire le radici profonde del vino, le sue tradizioni, lo fa apprezzare per il suo terroir, perché punta ad allargare la base dei consumatori con uno strumento veramente in grado di farlo ed una metodologia adeguata proponendosi come compagnia giornaliera sulla tavola nella famiglia”. Poi, entra nel cuore della questione: “La domanda sospesa rimane ‘si deve davvero chiamare vinino o che alternativa?’, un nome che non piace a troppi diventa il simbolo della paura di farcela, il comprensibile timore di aver trovato una strada, cosa rara di questi tempi. L’esortazione dalla sala è quella a continuare nella analisi e nella ricerca di una strategia, questa pare essere una occasione unica nella storia del wine-world, potremmo avere presto un nuovo prodotto senza dover piantare nuove vigne o studiare nuovi affinamenti. Bisogna andare avanti, la cosa non può finire qui”.
Va bene, prendo atto che bisogna andare avanti.
Maria Grazia Melegari sul suo blog Soavemente a proposito del convegno scrive, magari un po’ troppo entusiasticamente, così: “Un vero evento, credetemi: forse non stiamo facendo la rivoluzione, ma poco ci manca!”. Però ammette: “Per più d'un produttore il termine vinino suona riduttivo, non piace. Forse bisognerà trovare un altro termine. Bisognerà studiarci un po'.”
Va bene, capisco che bisogna rifletterci se si vuole andare avanti.
Ne parla anche Elisabetta Tosi sul suo Vino Pigro. Così: “La sostenibile leggerezza del bere. Alla degustazione-dibattito sulla piacevolezza del bere si è aperto un nuovo fronte di discussione: come si riconoscono questi vini? quando un vino può a buon diritto definirsi... ino? In attesa di risposte, mi sono guardata in giro. La degustazione era affollata, i vini in degustazione cinque (li accompagnavano gli ottimi snacks della Scuola di Alma, e generosi vassoi di prosciutto crudo).
Alla fine del tasting i bicchieri erano vuoti. Tutti. Vinini: quelli che finiscono.”
Wow! Bella questa definizione di vinini: sono i vini di cui vuoti il bicchiere e anche la bottiglia.
Chiudo con la citazione-flash di Slawka G. Scarso su Marketing del Vino: “Tavola rotonda dedicata ai ‘vinini’ e nel pieno spirito del tema una volta tanto al Vinitaly si beve più che degustare. Tante belle facce, aggiungo un volto a qualche penna”.
Chiudo tornando a Stefano il Nero. E stavolta cito il suo titolo: "Cronache dal Vinitaly 2010: il vinino è un successo che fa... paura". Mi ha fatto riflettere. Non è che abbiamo davvero paura del vinino? Un po' come c'è paura della capsula a vite. Non è che abbiamo paura di cambiare?

18 aprile 2010

Ma il bicchiere del vinino è mezzo vuoto o mezzo pieno?

Angelo Peretti
Perplimere è un verbo che non esiste nei vocabolari. Viene dalla televisione. Epperò se ne occupa anche l'Accademia della Crusca. E dunque non posso utilizzarlo anch'io? Dico allora che mi perplime la piega che ha preso il dibattito sul "mio" vinino. Mi lascia perplesso, insomma. Neologismo per neologismo, perplimere ci può state se si parla di vinini.
Chi ha la bontà di seguirmi, saprà che a Vinitaly s'è svolto un convegno in qualche modo co-prodotto da Santa Margherita (l'azienda vinicola) e me. Lorenzo Biscontin, che di Santa Margherita è responsabile marketing, ha illustrato in sintesi i risultati di un'indagine che una primaria società di ricerca ha condotto sul tema, appunto, del vinino. E ne tratto il giudizio che il termine "vinino" abbia un'interpretazione negativa. Che non funzioni, insomma, e che dunque occorra trovare un'altra definzione. Perché anche dopo sollecitazione il 43,3% degli intervistati non si è convertito alla bontà del termine.
Dico che ha ragione. E che ha torto. Dipende da come si guarda la faccenda. Come quando c'è un bicchiere a metà: chi lo vede mezzo pieno, chi mezzo vuoto.
Ha ragione perché il dato di sopra, di per sé, è chiaro.
Ha torto se si considera che la definizione di vinino è appena nata e non ha avuto battage pubblicitario, se non il tam tam di alcuni blog. E questo tam tam ha portato a far sì che il 21,5% degli intervistati avesse già sentito parlare dei vinini. Il 21,5% dico! Attenzione: come ha sottolineato Biscontin, conoscenza non significa per forza gradimento. Però se mi avessero detto che saremmo arrivati a una simile percentuale mi sarei messo a ridere. Fin qui ho considerato il web un buon incubatoio di idee. Vuoi vedere che invece è più potente di quanto io sia disposto a credere? Arrivare a una conoscenza del 21 e passa per cento è un sogno anche per marchi affermatissimi. Lanciato solo sul web da pochi blog, il vinino è arrivato a un risultato impensabile. E, permettete, il bicchiere in questo caso comincia a tornare verso il pieno.
Lorenzo Biscontin ha poi sottolineato come, a suo parere, vi sia una evidente decodifica negativa del termine vinino: il 16,3% lo identifica spontaneamente come un vino di bassa qualità, l'11,8% come un vino economico, il 19,6% come un vino leggero. E c'è anche confusione: per il 10,6% del campione fa riferimento a vini in bottigli di piccolo formato. Il bicchiere va verso il mezzo vuoto.
Anche dopo una più completa spiegazione del termine, si diceva, la percezione negativa del termine "vinino" resta alta: (43,3%). Ma i positivi sono comunque il 30,9%, e c'è una fetta del 25,8% di indecisi da convincere. La maggioranza non dice no a priori, insomma, se il bicchiere si volesse vederlo mezzo pieno.
A questo punto gli intervistatori, durante il test, si sono scoperti, e hanno spiegato questo agli interrogati: "La definizione 'vinini' è stata coniata di recente per indicare i vini meno impegnativi e di facile bevibilità. Sono vini 'quotidiani', che si possono bere spesso in quanto piacevoli, con gradazione alcolica non eccessiva e prezzi più accessibili. Si contrappongono ai cosiddetti 'vinoni', ovvero a vini piuttosto impegnativi, in quanto più strutturati, corposi e complessi". Domandando se a questo punto, spiegato l'arcano, trovassero il termine vinino adatto o meno alla bisogna. Esito: più o meno adatto per il 51,7%, così così per il 23,7%, più o meno non adatto per il 24,5%. Però con variazioni significative fra chi aveva espresso precedentemente un giudizio positivo o negativo sulla tipologia di vino. Fra i positivi di prima, il 76% è d'accordo sulla bontà della definizione. Ed anche il 37,5% di chi aveva dato un giudizio negativo trova comunque la definzione adatta 37,5%, mentre è incerto il 25,6% (e non è poco, se pensiamo che si tratta di gente che il vinino non lo gradisce da bere) E qui il bicchiere a mio avviso va decisamente verso il mezzo pieno.
Nuova domanda: "Volendo usare la definizione di cui abbiamo parlato finora, Lei personalmente quanto direbbe di gradire i cosiddetti vinini?" Esito: molto e abbastanza 42,7%, così così 25,6%, poco o per niente 31,7%.
Bisogna rifletterci.
Chiudo con l'ultima domanda: in che momenti eventualmente berli, i vinini? A casa, per accompagnare i pasti di ogni giorno per il 34,1%, in compagnia nelle serate con amici per il 21,8%, fuori casa quando si beve l'aperitivo al bar per il 17,1%. Accidenti: ma questo è proprio il posizionamento del vinino!
Adesso, non so più se il bicchiere sia mezzo pieno o mezzo vuoto. Ma mi pongo un problema: non è che per verificare se è metà di qui o metà di là si perde di vista il bicchiere nel suo assieme?

16 aprile 2010

Il sorriso, il vinino e Vinitaly

Angelo Peretti
Ordunque, s'è parlato a Vinitaly anche del mio "Manifesto per la piacevolezza dei vini da bere", ovvero dell'Elogio del vinino. E l'occasione è stata offerta da un convegno che Santa Margherita, importante brand del settore vinicolo italiano, m'ha proposto di allestire, come s'usa dire, in sinergia reciproca.
Devo ammettere che la cosa è andata oltre ogni mia aspettativa: aver gente a un convegno a Vinitaly è in genere un'impresa titanica (e anche quest'anno la regola è stata puntualmente rispettata) , ma noi in sala avevamo il tutto esaurito. Mica male davvero.
Le riflessioni che ne sono scaturite sto ancora cercando di metabolizzarle, e dunque tornerò sull'argomento più avanti.
Per il momento, riporto qui di seguito il comunicato stampa diffuso da Santa Margherita.
Eccolo.
"Del concetto della piacevolezza del vino si è discusso nell'ambito del recente Vinitaly, in occasione della degustazione/dibattito "Bere con il sorriso, ovvero elogio della piacevolezza del vino" promosso da Santa Margherita congiuntamente ad Angelo Peretti, giornalista e blogger, che lo scorso ottobre lanciò l'"Elogio del vinino, ovvero Manifesto per la piacevolezza del vino da bere".
In apertura Santa Margherita ha presentato una ricerca realizzata ad hoc da cui risulta un forte interesse degli eno-appasionati per i vini accessibili ed eleganti, che per il loro profilo sensoriale si prestano ad un facile abbinamento con il cibo e quindi ad un consumo anche quotidiano di qualità. Allo stesso tempo la ricerca ha evidenziato che un numero piuttosto ampio di consumatori percepisce il termine "'vinino" come sminuente.
Durante la degustazione, realizzata in modo conviviale con le bottiglie sui tavoli e libertà per i partecipanti di scegliere l'ordine in cui assaggiarli - con l'accompagnamento di prosciutto crudo e di cinque diversi creakers gourmet preparati per l'occasione da ALMA - sono sorti numerosi spunti per definire e valorizzare meglio questa tipologia di vini.
Proprio per questa ricchezza di stimoli si è deciso di far proseguire il dibattito sul web, creando "#vinini" su Twitter, in modo da raccogliere tutte le idee, anche di chi non ha potuto trovare posto in sala. La prima proposta per un nuovo nome viene da Santa Margherita ed è i "Vini del sorriso".
Il web si conferma un'eccellente incubatore ed anticipatore di tendenze, considerando che il tema della bevibilità, accessibilità e semplificazione dell'approccio al vino è stato uno dei leit motiv nelle conversazioni che si sono sentite al Vinitaly 2010.
Santa Margherita si dimostra ancora una volta all'avanguardia nell'utilizzo del web 2.0 come strumento di comunicazione e di dialogo, non solo tra gli esperti ma anche tra semplici appassionati del bere di qualità".

19 marzo 2010

Elogio del vinino: il 10 aprile se ne discuterà a Vinitaly, perché non venite a trovarmi?

Angelo Peretti
Opperbacco, adesso rischio che mi dicano che sto esagerando. Ve la ricordate la faccenda dell'Elogio del vinino, ovvero il mio Manifesto per la piacevolezza dei vini da bere? Ebbene, dopo che il vinino ha girato in lungo e in largo sul web, ecco che adesso approda alla maggiore kermesse enologoca nazionale: il Vinitaly. Sissignori, ci sarà un convegno sul vinino. O meglio, più che di un convegno spero si tratti di una conversazione, e tecnicamente sarà infatti una "degustazione-dibattito", ché il vinino non vuole formalismi, ma condivisione gioiosa. Ecco: mi piacerebbe si trattasse soprattutto d'una modalità di compartecipare un'idea. E l'idea è quella, appunto, della piacevolezza dei vini che nascono per essere beatamente, gioiosamente, giocosamente bevuto a tavola, e mica per forza nei convivi formali, ma invece soprattutto nella quotidianità. Con un piatto di pasta, una grigliata di carne, o anche solo un tozzo di pane e una fetta di salame. Vini da compagnia. Vini semplici ma non banali.
Se andate a vedervi le pagine web ufficiali del Vinitaly, leggerete questa presentazione per l'appuntamento in fiera: "Molto probabilmente si dovrà trovare loro un nome più immediato e accattivante, ma i 'vini da bere', che gli appassionati sul web hanno definito 'vinini' per contrapposizione al concetto di 'vinone', sono la più sincera espressione della nostra cultura e tradizione. Il dibattito-degustazione porrà quindi l'attenzione sia sui caratteri che contraddistinguono questa tipologia di vini (l'immediata godibilità, l'attitudine alla convivialità, la vocazione a servire il cibo, il legame col territorio di provenienza, la reperibilità e accessibilità d'acquisto, la sostenibilità dello stile di vita a essi associato) sia sulle corrette modalità di valutazione e di comunicazione. Il tutto presentato in modo informale e leggero, ma non banale: come questi vini, appunto!" E non credo di dover aggiungere altro.
Detto questo, slcune informazioni - come dire - teniche.
La prima: a propormi di realizzare l'evento è stata Santa Margherita, una delle aziende leader del mercato italiano del vino. E ringrazio. E dico anche che mi han fatto l'onore di scrivere che la faccenda è loro e mia, cioè di Santa Margherita SpA e di Angelo Peretti - InternetGourmet.
La seconda: il titolo ufficiale dell'incontro è "Bere col sorriso ovvero Elogio della piacevolezza del vino".
La terza: la data è quella si sabato 10 aprile.
La quarta: si comincia alle ore 11 e si andrà avanti per un paio d'ore, degustazione giocherellona compresa.
La quinta: saremo alla sala A del Palaexpo A2 (al primo piano).
La sesta: insiema me ci saranno Fabio Piccoli, giornalista, e Lorenzo Biscontin, direttore marketing di Santa Margherita.
La settima: la partecipazione è aperta e gratuita, ma bisgna accreditarsi e dunque si prega di farlo scrivendo una mail a gagliardi@gagliardi-partners.it, oppure telefonando al numero 049 657311.
L'ottava: se ci venite, è evidente che ne sarà felice.
La nona: chi volesse rileggersi l'Elogio del vinino, può cliccare qui.
La decima: chi volesse rileggersi gli Appunti per una estetica del vinino, può cliccare qui.
E comunque, lunga vita al vinino.

10 marzo 2010

Elogio del vinino: è sul Corriere Vicentino

Angelo Peretti
Era da un po' che non ne parlavo più del mio Elogio del vinino, ossia del Manifesto per la piacevolezza dei vini da bere. Adesso ci torno con questo post che ha un titolo che sembra una rima. Perché Mauro Pasquali, che scrive anche su quest'InternetGourmet, l'ha ripreso, l'Elogio, sul Corriere Vicentino.
Dice Mauro: "Angelo Peretti è un amico oltre che collega e fine conoscitore di vini e oli. A lui il merito, per primo, di aver infranto un tabù: basta con i vinoni muscolosi e concentrati che più che berli, si degustano. A lui il merito di aver redatto il Manifesto del Vinino che sottoscriviamo". E segue, appunto, il testo dell'Elogio.
Ora, ringrazio Mauro, ovviamente, e m'autogratifico con le sue parole.
Dico di più: sta per venir fuori qualcosa d'interessante, a proposito del vinino. Di più non posso dire, per ora. Dico solo che se passerete dalle parti del Vinitaly...

30 dicembre 2009

Elogio del vinino: sul web arrivano le recensioni

Angelo Peretti
Ancora citazioni per il vinino sul web. E cominciano ad arrivare anche le recensioni di bottiglie che rientrano a tutti gli effetti nella tipologia. Ne sono (portate pazienza per la nota autocelebrativa) molto contento.
Parla dei vinino Andrea Petrini sul blog Percorsi di vino in un post titolato "Dalla Calabria al Piemonte, un viaggio alla ricerca del buon vino quotidiano". Dice: "Quando sei considerato esperto di vini tutti si aspettano a Natale che tiri fuori bottiglie strabilianti, costosissime, tali da confermare la tua fama da enosborone e da sciupa soldi. Lo ammetto, l’ho fatto gli anni scorsi ma, quest’anno, le cose sono cambiate. Il motivo? Ho ritrovato dopo tanto tempo gli appunti che presi allo scorso Squisito 2009 e mi sono tornate in mente le parole di Luciano Mallozzi, docente AIS di Roma (che ora possiamo vedere anche alla Prova del Cuoco), che in una intervista diceva di essere 'stufo' di bere sempre e solo grandissimi vini. Non si possono sempre stappare bottiglie di grande Solaia, Sassicaia, non possiamo ogni volta cucinare il capriolo perché abbiamo nel bicchiere un Barolo d’annata. Non si può bere sempre al massimo. Queste la parole che mi riecheggiano la vigilia di Natale, ogni tanto bisogna riscoprire anche il vino quotidiano, il vino franco, sincero, quello del focolare familiare e per alcuni il vinino". I suoi "vinini" consigliati? Il Cirò Rosso Classico Superiore 'A Vita di Vigna de Franco e lo Scaparon Bel Beive di Casa Scaparon (una Barbera piemontese).
Altra citazione sull'Enofaber's Blog in un post dedicato al Colli Orientali del Friuli Schioppettino 2007 di Dorigo. Dice: "Per mia fortuna, una persona che frequenta abitualmente il Friuli, la scorsa estate mi ha portato una bottiglia di questo Schioppettino 2007 di Dorigo ed è stato uno dei vini che ho bevuto durante il pranzo di Natale. Sicuramente è uno di quei vini che si potrebbe definire vinino: il termine non per è nulla dispregiativo, anzi; la valenza principale che si vuole sottolineare utilizzando questo 'neologismo', coniato da A. Peretti sul suo Internet Gourmet, è quella della piacevolezza e della convivialità, come Jacopo Cossater esemplifica in questo splendido post su Enoiche Illusioni. Infatti questo vino rientra in questa sfera di piacevolezza e apparente semplicità: utilizzo il termine apparenza perché ritengo che questo vino possieda una complessità (soprattutto olfattiva) non indifferente, rendendo l’assaggio molto interessante. Vino da bersi abbastanza giovane, almeno questa è l’idea che mi sono fatto durante l’assaggio". E dopo le note di degustazione conclude dicendo: "Insomma, un gran bel vinino…"

23 dicembre 2009

Elogio del vinino: Terence Hughes ne parla su Muddy Boots

Angelo Peretti
Terence "Strappo" Hughes è un wine writer newyorkese che conosce piuttosto bene il vino italiano, tant'è che ne fa anche importazione e distribuzione.
Ha un suo wine magazine, Mondosapore, e un blog, Muddy Boots.
Ed è un fan del vinino. Al punto che ne ha parlato proprio su Muddy Boots, gli "Stivaloni infangati", ché il fango sulle scarpe è appannaggio di chi, come diceva Gino Veronelli, cammina le vigne.
Il post s'intitola "In praise of vinino", in lode del vinino. E diffonde presso i lettori a stell'e strisce (ma ho visto che l'ha ripreso perfino un produttore francese) il "verbo", appunto, del "mio" vinino. Il che mi commuove.
Ho provato a tradurre il testo di Terry. Chi non si fida della traduzione (e fa bene...) può sempre leggersi l'originale in inglese.
Ecco qui sotto le (più o meno) sue parole italianizzate.
Qualche mese fa Angelo Peretti, un wine writer della zona di Verona, ha scritto un post nel quale ha lodato le virtù dei "vinini" - piccoli vini - collocandoli in opposizione ai vini grossi, stragonfiati (vinoni) fatti per conquistare consensi della critica e alti punteggi nelle degustazioni.
Per quel che concerne i vinini, Peretti dice chiaramente che non sono vini insignificanti. Quel che vogliono è essere facili da bere, piacevoli da assaggiare, giocosi da dividere con gli amici. Vini del genere sono la "strumentazione" che lubrifica la chiacchiera disimpegnata e i legami sociali; non sono l'argomento principe di conservazione e certamente neppure l'oggetto di prolisse analisi e argomentazioni.
Nel suo un po' pomposo "Elogio del Vinino, o Manifesto per la Piacevolezza dei Vini da Bere", Peretti elenca un chiaro set di contrapposizioni:
- vini facili da bere (più leggeri, meno alcolici, bilanciati) contro i mostri-legnosi super-acolici concentrati in maniera colossale
- vini da da bere contro vini da assaggiare
- vini da condividere e godere con gli amici contro quelli da analizzare criticamente
- vini fatti secondo il gusto personale del singolo produttore (quello legato al proprio territorio e alle sue tradizioni) contro quelli fatti secondo l'idea internazionale di cosa sia un buon vino
- vini che sono quel che sono - nervosi, perfino imperfetti - contro quelli fatti secondo una precisa formula, mirando alla perfezione tecnica
Be', avete capito. Si tratta di un'elegante presentazione dell'attuale disaffezione con l'odierna cultura del vino e la sua ossessione del "più" e del "meglio" così come li hanno definiti una schiera di degustatori le cui degustazioni si stanno facendo esangui.
Quel che mi piace dell'approccio di Angelo è che non predica un qualche ideale di vino "naturale" o biodinamico, che mi desta qualche sospetto perché sta diventando una specie di ortodossia non meno rigida e concettualmente sbagliata della mania "internazionale", in opposizione alla quale è fiorita. Peraltro, questo implica credere il produttore sulla parola, il che, francamente, non è mai la cosa migliore da fare. (Scusate, ragazzi, lo so. Anche voi dovete vivere).
Niente di tutto questo per Angelo. Lui centra l'argomentazione sull'esperienza del piacere (l'edonismo!) nel contesto della convivialità. Questo ha profonde risonanze nella nostra cultura - i simposi dell'antica Atene, l'utilizzo rituale del vino nel Cristianesimo e nella religione ebraica, i canti bacchici e goliardici degli studenti medievali, gli Sherry parties delle nostre bisnonne, i pranzi della domenica in Italia, in Francia, in Spagne, ecc. ecc.
Va bene, ce n'è abbastanza.
Cosa ci beviamo con i nostri "amici" stasera?
Quali sono i vostri suggerimenti per dei deliziosi, bevibilissimi vini?
Questo per me funziona: Sannio Piedirosso Mustilli.

22 dicembre 2009

Elogio del vinino: ma quanto se ne parla!

Angelo Peretti
Questo è interessante, almeno per me: del mio Elogio del vinino si seguita ancora a parlare on line. Bene: mi sa che mi toccherà passare dalle enunciazioni ai fatti, e lanciare prima o poi una sorta di Vinino fun club (fun con la u, perché il vinino è, appunto, divertente), con tanto di occasione di confronto e di assaggio. Vedremo: ci sto pensando.
A scriverne sul suo blog Enoiche Illusioni è ora Jacopo Cossater.
Dice (e mi fa arrossire) che "la definizione dei vinini è una delle cose più interessanti nate in rete in questo 2009 che ci stiamo lasciando alle spalle": troppa grazia.
Aggiunge: "Il vinino, per chiarire, è quello 'che si beve', che non ha niente a che vedere con quelle bottiglie grosse e muscolose che magari sono subito ammalianti, da degustare, ma che ad un bicchiere difficilmente ne segue un altro. Sono vini facili ma allo stesso tempo intriganti, vini da tutti i giorni, economici e belli. Un mondo da scoprire, e rilanciare con forza". E concordo.
Riporta poi il testo dell'Elogio. E chiude chiedendosi: "Non è bellissimo?"
Torna a parlar di vinino anche Davide Cocco su iCru, recensendo la Barbera del Monferrato a marchio La Badia. Scrive: "Guardo la bella etichetta della Barbera La Badia e penso che ho appena bevuto un ottimo vinino. Nella versione più nobile del termine, quella redatta da Angelo Peretti, che ha dato nuova dignità a questa tipologia di vino. Un vino da compagnia, da tavola, da lunghi pranzi e chiacchiere della domenica". Ringrazio della citazione.
A questo punto, sì, qualcosa mi toccherà inventare. Di concreto.
A proposito, intanto ricordatevi magari di giocarci un po' sopra votando il vinino come la parola dell'anno nel mondo della gastronomia: il sondaggio l'ha lanciato un blog di cucina, e la pagina del voto si raggiunge cliccando qui.

20 dicembre 2009

Vinino è la parola dell'anno? Votatela on line!

Angelo Peretti
La prendo come una simpatica boutade, una giocosa provocazione. Del resto, il mondo del blog è bello anche per questo: perché ci si può esprimere liberamente, e anche prendersi un po' in giro. Ma mi fa un sacco di piacere che ci sia una blogger romano-friulana che s'occupa di cucina che ha lanciato uno scherzoso sondaggio su quale sia la parola dell'anno nel mondo, appunto, della cucina. E che fra le dieci nomination abbia inserito anche il mio vinino, che alla cucina non fa diretto riferimento, essendo invece del panorama enoico.
Il blog va sotto il titolo di Ma che ti sei mangiato...
In un recente post propone, appunto, di votare "la parola del cibo dell'anno".
Scrive: "Se il Corriere.it lancia il sondaggio sulla parola dell’anno, allora per chi ha voglia di divertirsi e si diletta a surfare tra i foodblog, tra le ricette, le fiere, le guide… allora per voi curiosi, qual è la parola dei food online 2009?"
E propone dieci termini:
Birre artigianali
Tasting Panel
Cucina Molecolare
Gourmet
Cavolo
Cacio e pepe
Risotto
Julia Child
Biologico
Vinino.
Accidenti, avete letto? C'è anche il mio vinino.
Di ognuna delle "parole dell'anno" il blog dà anche una definizione. Del vinino scrive: "Un esempio di termine coniato da un blog, nella fattispecie InternetGourmet". Grazie!
E allora, gioco per gioco, invito i fan del vinino a votarla, la parola dell'anno: per andare alla scheda del sondaggio basta cliccare qui.

20 novembre 2009

Elogio del vinino: se ne parla ancora on line (anche in video)

Angelo Peretti
E vai col vinino! Dopo che su InternetGourmet ho pubblicato l'Elogio del vinino (ossia il "Manifesto per la piacevolezza dei vini da bere") e poi anche gli Appunti per una estetica del vinino, della questione s'è parlato abbastanza sul web. Vediamo le ultime uscite in ordine di tempo.
Pubblica integralmente sia l'Elogio che gli Appunti sul suo wine blog Euthimya (sottotitolo: "prove tecniche di degustazione") Fabio Cimmino, che ringrazio per la diffusione data all'idea.
Sul sito dell'Associazione italiana sommelier, Franco Ziliani si chiede: "È forse il magnum il formato ideale per i vini... da bere?". E aggiunge: "Continua il dibattito lanciato sul sito InternetGourmet da Angelo Peretti sui 'vinini', ovvero i vini che senza per forza essere banali o elementari o monodimensionali, privilegiano l'aspetto piacevolezza e bevibilità sulla complessità e sul carattere 'dialettico', come diceva Veronelli". Spiegando che Giampiero Nadali, alias Aristide, ha proposto sul suo blog di imbottigliare i vinini addirittura in formato magnum.
Mi fa poi molto piacere che lo Studio Cru mi abbia addirittura dedicato una video intervista on line (è sul periodico on line di marketing e comunicazione enogastronomica iCru) sul tema "vinini vs vinoni": se volete, la potete vedere cliccando qui (tra l'altro, è in bianco e nero, e mi garba questo recupero del black'n'white nell'epoca del colore imperante). Nel presentare il video si dice: "Angelo Peretti (Internet Gourmet, ma anche molto altro) è il coniatore del termine vinino. In questa intervista ci spiega cos'è un vinino e perché sia da preferire a tanti vinoni. Un elogio ai vini facili da bere e da acquistare, a dispetto dei vini cosiddetti importanti, per i quali non si trova mai l'occasione giusta, le persone adatte, il cibo da accompagnare. Con il risultato di dimenticarli in cantina".
Usa il termine vinino anche Andrea Gori su Intravino, parlando della top 100 di Wine Spectator. Scrive: "Se non sapessimo che lo fanno apposta ci sarebbe da ridere. Non so voi ma la svolta populista di Wine Spectator a me fa riflettere. Dopo aver passato anni a pompare tannini e colori di ogni tipo, ecco che il trionfatore di quest’anno è un vinino americano da pochi dollari (27$!), il Columbia Crest Cabernet Sauvignon Columbia Valley Reserve".

7 novembre 2009

Elogio del vinino: imbottigliare in magnum?

Angelo Peretti
Avanti col vinino. Giampiero Nadali, alias Aristide, torna a parlarne. Con una proposta che a prima vista può sembrare bizzarra, ma che invece merita un approfondimento. Quella di proporre i vinini in magnum.
Interrogandosi su quale possa essere il "formato suggerito per il vinino", risponde: "Grande. Può essere grande. Una magnum per i vinini. E anche oltre i millecinquecento millilitri. Il vinino ha un prezzo contenuto, quindi noi entusiasti possiamo permettercelo "grande". Se deve essere come è, cioè piacevole, conviviale, condiviso e fraterno, di vinino ce ne deve essere per tutti".
Cita, come esempio, il caso della Barbera che venne firmata da Giacomo Bologna. E dei suoi formati grandi, old fashioned. E dice: "Coraggio, signori produttori di vinini. Prendete esempio dai Bologna. Vogliamo i vinini della vendemmia 2009 sempre più spesso in formato grande. Perchè lì dentro sarà ancora più buono. E conveniente, perchè risparmiamo un po' sui vetri, sulle etichette, sui tappi, sulle capsule. E poi lanciamo un messaggio solare e positivo, in questi tristi tempi di recessione e intolleranza neo-proibizionista: il vino è convivio, compagnia di amiche e amici intorno alla buona tavola italiana, è salute, risate, leggerezza. La bottiglia grande è la festa di questi valori concreti, tangibili, che dureranno oltre le isterie contemporanee. La bottiglia grande è il veicolo perfetto per il vinino".
Un'idea su cui riflettere. Anche perché proporre il vinino in magnum può avere un valore simbolico: far capire chiaro e tondo che non si tratta di un "piccolo" vino.

5 novembre 2009

Elogio del vinino: se ne parla sul sito dell'Ais

Angelo Peretti
Sul tema del vinino e sul mio "manifesto per la piacevolezza dei vini da bere" si sofferma Franco Ziliani nelle segnalazioni delle WineWebNews che cura, offrendo un servizio preziosissimo, per il sito internet dell'Associazione italiana sommelier.
Franco scrive così: "L'amico Angelo Peretti, che di questo ideale 'manifesto' è l'autore non me ne vorrà se lo definirò un po' una 'riscoperta dell'acqua calda' o la proposta di un qualcosa che altri, ad esempio chi scrive, predicava come indispensabile e ovvia da anni, ma il suo elogio del vino semplice, o meglio, come scrive lui, del 'vinino', espressa sul suo sito Internet gourmet, con tanto di rivendicazione del 'diritto alla piacevolezza dei vini da bere' e alla 'immediatezza appagante della freschezza fruttata e della sapidità' non può che mettere tutti d'accordo".
No, non te ne voglio Franco, anzi! E riconosco che sei sempre stato un autentico supporter dei vini, come dici tu, "semplici", anche quando non era certamente di moda dire che piacevano queste tipologie. Ma adesso non volermene tu se dico di non concordare del tutto con la definizione, appunto, di "vino semplice", perché a mio avviso non necessariamente un vino "da bere" dev'essere, appunto, semplice. Intendo - e se ben ti conosco ritengo tu possa essere d'accordo - che la complessità non si misura in base alla quantità: un vino non è complesso perché ha tanta materia, tanto tannino, tanto alcol. Come nella pittura: perché mai un paesaggio all'acquerello dovrebbe essere più semplice di un astratto all'acrilico? Perché le tinte tenui dovrebbero essere meno complesse nel loro assieme rispetto ai colori accesi? Dunque, ecco che ho pensato a un termine, quello di "vinino", appunto, che riaccendesse un po' il dibattito in un momento di ottime opportunità di cambiamento, di progressivo venir meno dell'infatuazione collettiva per i vini parkeriani, filoamericaneggianti.

31 ottobre 2009

Elogio del vinino #2 - Appunti per una estetica del vinino

Angelo Peretti
Come espresso nella mia prima formulazione dell'Elogio del vinino, essenza stessa del vinino è la piacevolezza di beva, che per la propria caratteristica di soggettività non è quantificabile mediante scale empiriche universali, e men che meno con le rigide classificazioni centesimali in uso negli attuali sistemi di valutazione ufficiali del settore vitivinicolo o nei criteri di selezione diffusi presso ampia parte della critica internazionale.
Peraltro, essendo la soggettività ad ampio spettro, poiché variabile di persona in persona, si ritiene opportuno delineare alcuni elementi costitutivi essenziali della “piacevolezza del vinino”, senza con questo escludere che vini dotati di diverse connotazioni possano apportare pari, se non superiore, piacere: tale diversa piacevolezza, peraltro, deriva da elementi e fattori che non si configurano nella definizione di vinino.
E dunque eccomi ad un ulteriore step nella definizione del vinino. Ovviamente da discutere.
Appunti per una estetica del vinino
Pur gradevole da bere fuori pasto, il vinino ha come caratteristica saliente l’estrema abbinabilità con il cibo, grazie alle proprie doti di elevata versatilità negli accostamenti gastronomici.
Essendo improntato all’immediatezza di beva, la gradazione alcolica del vinino non supera, di norma, il 12,5%.
Il quadro organolettico del vinino si rifà ai caratteri delle uve e del territorio di origine: viene pertanto ritenuto essenziale che il vinino trasmetta le sensazioni varietali tipiche dei vitigni di origine, in termini di apporti fruttati o vegetali, nonché le percezioni salienti del terroir d’origine in termini di sapidità, freschezza, mineralità, speziatura.
Essendo il carattere varietale originario uno dei canoni elettivi del vinino, di norma viene escluso l’utilizzo di qualunque tecnica di appassimento delle uve, nonché il ricorso a surmaturazioni che inducano eccessiva alcolicità o dolcezza.
Normalmente, allo scopo di non alterare il quadro organolettico riveniente dalle uve e dal territorio di origine, tutte le fasi di vinificazione del vinino avvengono in contenitori di acciaio o di cemento e parimenti nelle stesse, o nel vetro, avviene l’affinamento, escludendosi invece la botte – di qualsiasi dimensione – qualora il suo eventuale utilizzo apporti tracce evidenti sotto il profilo organolettico.
Per rispondere all’esigenza dell’immediatezza di beva, il vinino viene normalmente posto in commercio nell’anno successivo alla vendemmia delle uve da cui trae origine; nel caso di più protratti affinamenti, in termini generali sono in ogni caso da escludersi fra i caratteri organolettici del vinino le sensazioni terziarie derivanti dal prolungato affinamento o dall’invecchiamento.
Per meglio individuare la corrispondenza ai caratteri essenziali del terroir d’origine, di norma il vinino viene prodotto nell’ambito delle previsioni delle denominazioni di origine o delle indicazioni protette, escludendosi in ogni caso i vini derivanti da uve provenienti da una pluralità di aree geografiche oppure, in linea generale, da vitigni non caratteristici dei territori di origine (ancorché non necessariamente autoctoni); fanno eccezione i vini che, a causa di lacune o di restrizioni normative, vengano ottenuti da vitigni storici o comunque da lungo tempo acclimatati nella zona di produzione, ma non ricompresi nelle varietà normate dai disciplinari dello specifico territorio, ovvero ricompresi solo in termini di apporto parziale.

30 ottobre 2009

Elogio del vinino: altri riscontri

Angelo Peretti
L'Elogio del vinino ha raccolto altri commenti sulla rete. Crescono i sostenitori, si fa avanti qualche oppositore.
Nella prima categoria, quella dei fan, c'è Maria Grazia Melegari, che sul suo wine blog Soavemente si domanda (addirittura): "Con i 'vinini' si apre una nuova stagione (del gusto e della critica)?" Scrive Maria Grazia: "La domanda posta nel titolo sorge spontanea, alla lettura del bell "Elogio del vinino" scritto da Angelo Peretti, ovvero del Manifesto per la piacevolezza dei vini da bere. Dell' esigenza di riabilitare - o meglio - nobilitare quei vini che piccoli non sono, ma che offrono al consumatore la soddisfazione della beva molti sentivano davvero il bisogno. Dopo anni di disquisizioni, di degustazioni, di guide affascinate da vini superconcentrati, eccessivamente alcolici e muscolosi, perchè non rivolgere il pensiero e l'azione a vini piacevoli, serenamente godibili e bevibili? Quelli, per intenderci, che si bevono volentieri a tavola al punto che la bottiglia si svuota rapidamente. Le premesse ci sono tutte: delle guide e delle degustazioni - spesso assai autocelebrative - animate da vini monumento e spesso da celebri winemaker ci si è ormai stancati; è in crisi anche il concetto di classifiche e graduatorie basate su punteggi. La logica premiale delle guide ha finito per far credere importante e a volte sostaziale far vini d'impatto, muscolosi, alcolici. (Ho assaggiato un vino premiato di recente: era un rosso di questo tipo e l'aveva preceduto un moscato bianco di ben 15 gradi alcol segno eviidente di una logica produttiva ormai centrata sul "vino momumento"). Come fai a berti un vino così a tavola ? Davvero non se ne poteva, non se ne può più".
Di parere diverso è Roberto Gatti, che sul suo WineTaste ci manda invece a dire che non concorda con la definizione di vinino. "A mio avviso - scrive - non esistono i 'vinini', non mi piace il termine, perchè potrebbe suonare riduttivo della fatica del vignaiolo e di tutto quello che vi è a monte di una bottiglia di vino. Ritengo invece che esistano i vini buoni ed i vini mediocri, i vini eccellenti ed i vini ottimi, i vini difettati ed i vini integri ecc. Qualche tempo fà (l'accento è sull'originale - ndr) avevo pensato ad una rubrica di nuova ideazione, che avevo suggerito ad un titolare di un sito internet, dal titolo: 'Vini da tutti i giorni' che forse è il sinonimo della definizione simpatica ma non appropriata di 'vinini'." Poi, prende in esame, contestandone vari passaggi, i contenuti dell'Elogio del vinino. E concludendo, ribadisce: "Il termine 'vinino' a me non piace, perché lo trovo riduttivo del termine vino, e meglio allora sarebbe chiamare questi come: vini facili da bere tutti i giorni". Ora, come lui non è d'accordo con me, io non lo sono con lui: quel "da bere tutti i giorni" suona come una fastidiosa prescrizione medica, e "facile" lo si diceva di certe donnine d'ampia disponibilità. Mmh, suona male, male assi.

28 ottobre 2009

Elogio del vinino: i primi riscontri

Angelo Peretti
La pubblicazione del mio Elogio del vinino ha ottenuto, oltre al consenso di vari giornalisti e blogger, anche alcuni riscontri, che reputo interessanti, nei post di alcuni wine blog, che vorrei riproporre all'attenzione dei lettori di InternetGourmet.
Sul suo blog Stefano il Nero (è da una sua provocazione che ha preso avvio l'idea del Manifesto per la piacevolezza dei vini da bere), dando notizia dell'uscita dell'Elogio, scrive: "Io credo che fusion classificazione-manifesto possa diventare qualche cosa di più: qui c’è una cosa partita con il piede giusto, ci si mettesse sul serio nel sostenerla si potrebbe non solo dare una piccola scossa al www (wonderful wine world) ma anche dare il via a qualcosa di 'nuovo e tradizionale'. Il mondo blog potrebbe dimostrare di saper 'fare', perchè questi spunti sono meritevoli di un palco da dove parlarne davvero e pubblicamente: a tanti, a tutti, senza scomodare nessuno a rammaricarsene ma solo invitando molti a vantarsene. Insomma questa cosa del vinino può dare un contributo a tutto il mondo del vino italiano se non viene ributtata troppo in fretta nel cassetto, c’è un mercato che aspetta messaggi positivi".
Giampiero Nadali, alias Aristide, che già prima era entrato nell'argomento del vinino, commenta così: "Nè Angelo, nè sicuramente Aristide, vogliono creare un confronto guelfi-ghibellini tra queste due categorizzazioni: a noi piacciono pure i 'vinoni', come a tanti altri di voi, è solo che dei 'vinini' si parla sempre troppo poco. E ora abbiamo anche il 'Manifesto per la piacevolezza dei vini da bere', messo a punto proprio da Angelo Peretti, e pubblicato sul suo blog. In poche righe c'è molto più che una semplice scheda segnaletica per 'vinini'."
Elisabetta Tosi, su VinoPigro, aggiunge: "'Vinino', lungi da essere un diminutivo sminuente, nella nuova dialettica enoica sta per 'vino godibile, fresco-floreale-fruttato, non impegnativo ma non per questo sempliciotto' (la definizione è mia)".
Segnalo poi che qualche tempo fa, sul tema del vinino era intervenuto anche Filippo Ronco sul suo TigullioVino, scrivendo, tra l'altro, che il termine può "indicare vini dal prezzo particolarmente favorevole, dalla beva non troppo impegnativa per tenore alcolico, con forte attitudine a svolgere il prezioso ruolo di "vino quotidiano" e, aggiungerei, con spiccata vocazione a riempire e conseguentemente svuotare le cantine a velocità disarmante. L'intento di portare all'attenzione del lettore qualcosa di estremamente concreto e immediatamente utilizzabile, traducibile in acquisto di reale soddisfazione è ricorrente e risponde all'umana esigenza di chi si occupa di cose di vino di tornare, di tanto in tanto, alla ragione vera del chiacchiericcio quotidiano: sedersi a tavola, stappare e godersi un bel vino in compagnia senza troppe menate".
Parla dell'Elogio e del vinino anche Alberto Lupini, direttore di Italia a Tavola, che scrive: "La piacevolezza in sé non è sempre l’elemento centrale dei giudizi delle Guide. Di fronte a tante esaltazioni di vini importanti, ci piace segnalare l’iniziativa dell’amico Angelo Peretti che su InternetGourmet ha lanciato la definizione del 'vinino', ossia del vino 'che si beve', in contrapposizione al vinone muscoloso e palestrato scaturito dal pensiero enologico del nuovo mondo - e poi entrato anche nella pratica enologica europea - che più che berlo, si degusta. Senza per questo voler creare una contrapposizione, tutt’altro, ci piace rinviare al manifesto del 'vinino' dove si ricorda che 'nell’epoca del dominio globale dei vini concentrati, tannici e alcolici, rivendichiamo il diritto alla piacevolezza dei vini da bere. All’estetica autoreferenziale della degustazione anteponiamo l’immediatezza appagante della freschezza fruttata e della sapidità. Alla razionalistica dittatura della valutazione centesimale opponiamo l’umanistica vocazione alla convivialità del vino, simbolo della condivisione e della fraternità'. Anche questo potrebbe essere un elemento di riflessione per restituire alle Guide un compito importante per valorizzazione un prodotto di straordinaria grandezza come il vino italiano".
Arriveranno altri contributi?
Io intanto ci lavoro sopra ancora un po'. E qualcosa farò. Ulteriormente. Nel segno del vinino.