5 aprile 2008

Do you know cococciòla?

Angelo Peretti
Di questi giorni su giornali stampati e schermate on line son fioccate notizie e recensioni e opinioni sull’ultimo Vinitaly. E dunque eccomi anch’io al rituale appuntamento. E come l’anno passato, quando parlai d’una interessante verticale di Montepulciano, eccomi a trattare dei vini d’Abruzzo. Di bianco, stavolta. E non è trebbiano.
Gli è che al collega Massimo Di Cintio – che è giornalista in gamba davvero - ho domandato qualche informazione sugli autoctoni bianchisti abruzzesi. E m’ha parlato di cert’uve che ho voluto un attimo avvicinare nel bicchiere. Partendo da quella dal nome forse più simpatico: la cococciòla. Che – leggo sulla praticissima Enciclopedia del Vino edita da Boroli – è buona sia per la vinificazione, sia per «il consumo diretto»: sta in tavola, insomma.
Ora, quell’uva non l’ho mai vista. Ma il vino – e se non è l’unico che se ne fa, credo poco ci manchi – l’ho provato, e l’ho trovato accattivante. E insieme ho tastato un gotto di montònico, di passerina e di pecorino, che non è mica – in questo caso – un formaggio, bensì un vitigno bianchista pur esso.
Ed ecco qui sotto le mie impressioni. In ordine di apparizione nel bicchiere.
Colline Teatine Brado 2007 Valle Martello
Villamagna sta in provincia di Chieti. È lì che Katia Masci e i suoi cugini vinificano la cococciòla. Per farci un bianco dell’igt delle Colline Teatine.
Il vitigno mi dicono ch’è quasi indomabile, prosperosissimo, e se non gli stai dietro a tagliare e diradare, produce uva assai. Ed ha acidità in rilievo, pure selvaticamente. Ed è per questo che il vino l’ha voluto chiamare Brado, per il suo esser selvaggio.
Ora, in bottiglia da un mese appena, e alla quarta vendemmia imbottigliata (giacché la prima fu il 2003, dopo aver sperimentato dal 2000), eccoci con un bianco molto, molto verde. Vegetale, intendo, erbaceo. Con cenni netti di pampino di vigna. E perfino di foglia di pomodoro. Direi sauvignoneggiante a tratti. E mi piace quest’esplosione vegetale. La bocca poi l’ho trovata corrispondente. E salina, nervosa. Ma anche bene asciutta nel finale. Capisco che sia diventato il vino di punta dell’azienda. In loco lo comprate sui 5 euro, e sono in tutto ottomila bottiglie.
Due lieti faccini :-) :-)
Colli Aprutini Montonico Santapupa 2006 La Quercia
Azienda teramana, La Quercia vinifica il montònico, vitigno antico e poi quasi scomparso, e poi ritrovato. Ha patria d’elezione – mi si dice allo stand – dalle parti di Bisenti, e ne prendo nota, anche se poi leggo sull’Enciclopedia già citata che invero si coltiva, pur in estensione limitata, «in quasi tutte le regioni centrali e meridionali».
Il vino, un igt, l’ho trovato ancora chiuso. Rustico, di corpo non enorme, anzi, leggerino. Mi si dice in azienda che si fa amare per la sua facilità di beva: ha poi solo 11 gradi e mezzo d’alcol. Chi volesse provarlo, lo paga, in zona, attorno agli 8 euro e mezzo.
Niente faccino: giudizio sospeso, ché forse l’ho tastato troppo giovine ancora.
Colli Pescaresi Pecorino 2007 Contesa
Contesa è l’azienda di Rocco Pasetti, a Collecorvino, nel Pescarese. Non conosco il produttore, ma m’erano arrivate ottime referenze sul suo bianco fatto coll’uva di pecorino. E quell’informazioni mi si son rivelate esatte.
Ha, il vino, naso bellissimo, di pesca bianca e gialla insieme. Fruttatissimo. E poi, sotto, leggerissime memorie quasi di miele d’acacia. Oh, sì sì: una prova davvero accattivante, all’olfatto. E poi, in bocca, eccolo presentarsi, questo bianco, polposo e pieno. Ed ha corpo: 13 gradi d’alcol. Eppure c’è freschezza e buona lunghezza. Ed è giovane giovane (in bottiglia da un paio di mesi): vorrei poterlo riprovare più avanti. Il prezzo? Accidenti: mi son dimenticato di domandarlo.
Intanto, due lieti faccini :-) :-)
Controguerra Passerina Passera delle Vigne 2007 Lepore
È in bottiglia, ma non ancora in commercio: uscirà, mi dice il titolare, fra un mese almeno. E mi racconta anche che la presenza della passerina nel vigneto la si deve al papà, che s’era ostinato a coltivarla anche quando era antieconomica, perché i cisternisti, lì nel Teramano - e penso un po’ ovunque in Abruzzo - volevano trebbiano e basta, e dunque pagavano ben poco gli altri bianchi. Ché quasi sembrava ti facessero un favore a prenderli. Nel ’92 la prima vinificazione in purezza, e poi sette-ott’anni per farla conoscere. Adesso la chiedono. Bene.
Il vino è interessante. Al naso, frutti gialli e bei fiori e qualche leggerissima traccia mielata. Piacevolissimo bouquet. E in bocca, ecco polpa croccante e vibrazione di nervosa freschezza, insieme. Un bel bianco, piacevole, lungo, rotondo, di buon’armonia. Lo pagherete, in cantina, sui 7 euro.
Due lieti faccini :-) :-)

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