6 gennaio 2008

Top 2007 secondo me: venti bottiglie (e cinque bollicine) indimenticabili stappate nell’anno

Angelo Peretti
Eccomi qua con la superclassifica dei vini bevuti nel 2007: è un gioco, una sorta di piccolo rito. Magari un po’ scaramantico, per propiziare bottiglie ancora migliori nell’anno che è appena iniziato. Un’indicazione, anche, per chi magari fosse in cerca di qualche boccia un po’ curiosa, perché non credo siano convenzionalissimi i vini di questa mia top, anche se c’è tanta e tanta Francia (ma anche qui c’è varietà, vedrete) e un bel po’ di Germania e un po’ d’Italia, certo, anche quella, ci mancherebbe.
Ho scelto dieci bianchi e dieci rossi. E cinque bolle.
Fra i bianchi, come nazione stravince, per me, la Germania, con quattro dei suoi favolosi riesling, e n’avrei potuti aggiungere almeno un altro paio. Poi la Francia, con altrettanti vini: due chenin blanc della Loira, un alsaziano e uno di quegli intriganti, difficili bianchi che fanno nel Jura. Indi l’Italia: un Soave e il Moscato d’Autunno di Paolo Saracco, e se proprio proprio fossi costretto a tenere un vino solo fra tutti quelli bevuti, rischierei di scegliere proprio questo.
Tra i rossi, strapotere francese: tre bordolesi e poi una scelta d’altre quattro denominazioni, e se proprio anche qui devo scegliere, quello che più m’ha stregato è un Faugères, vino del Midi, una sorpresa, del tutto inattesa, almeno per me. L’Italia ne ha tre: un Valpolicella, un Recioto pur’esso valpolicellese e un Barolo. Fino all’ultimo sono stato incerto su un altro vino: il Bardolino Classico Tacchetto 2006 dei Guerrieri Rizzardi, buonissimo, già nella mia top 10 del lago di Garda. Poi, confesso, ho finito per preferirgli un bordolese del ’70 bevuto proprio a fine anno.
Seguono cinque bollicine, e qui è solo Francia: quattro Champagne e, udite udite, un Crémant d’Alsace.
E i rosati? Oh, quelli stavolta mancano. Non perché non n’abbia bevuti di buoni, ma piuttosto perché non avevo voglia di fare un’altra sezione. E perché li ritengo ad oggi ormai introvabili sul mercato. In ogni caso, ne indico due, che penso siano tuttora buonissimi, e se per caso ne intercettaste una bottiglia, stappatela senz’indugio: per l’Italia il CorDeRosa delle Vigne di San Pietro (che era comunque anche questo nella mia top 10 del lago di Garda, la scorsa settimana), per la Francia l’elegantissimo Côtes de Provence Rosé di Château Peyrassol, 2006 entrambi.
Ora, ecco la selezione.
Ah, dimenticavo: l'ordine, all'interno delle sezioni, è alfabetico.

Bianchi
Abtsberg Riesling Spätlese 2004 Grünhaus von Schubert
Germania. Mosella. Che bianco fascinoso! Dolcino, certo, ma con quella freschezza così ben espressa che corregge e integra la morbidezza in un insieme di grand’armonia. E poi la lunghezza. E il frutto quasi grasso. E il fiore secco. E il cedro candito. E la vena minerale. Bevuto in agosto.
Alsace Gewurztraminer Grand Cru Furstentum Vieilles Vignes 2003 Albert Mann
Francia. Andai in azienda un po’ sul presto, subito dopo il mio jogging mattutino, e comprai questa bottiglia un po’ per caso: be’, è stato un affarone. Naso di fieno e violetta e rose. Al palato svetta l’eleganza. E ha spezia e frutto esotico. Freschezza, persistenza infinita. Bevuto in agosto.
Arbois Savagnin Cave de la Reine Jeanne 2003 Stèphane Tissot
Francia. Uno di quei bianchi strani e complessi e difficili che fanno nel Jura. Naso stratosferico, che evolve lentamente, lungamente. Corrispondenza al gusto. Da tenere nel bicchiere e goderne l’evoluzione. Nespola, noci, canfora, spezia. E lunghezza. E freschezza. Bevuto in maggio.
Coteaux du Layon Saint Lambert Cuvée Prestige 2000 Domaine Ogereau
Francia. Era nella mia personale classifica del 2005. Ribevuti a due anni di distanza, lo ritrovo in forma smagliante, uno dei migliori bianchi che abbia mai bevuto. Complesso, ricchissimo, equilibrato. Frutta stramatura, cannella, cumino, chiodo di garofano, dattero, eucalipto, e via e via e via.
Erdener Treppchen Riesling Kabinett 2004 Dr. Loosen
Germania. Mosella. Agrumi (cedro, pompelmo rosa), litchie, fiori bianchi, leggerissima speziatura, intrigante e avvincente. Finissima. E vena minerale appena appena sottesa. E in bocca frutto denso e beva snella e freschezza salina e lunghissima persistenza. Bevuto in agosto.
Lorenzhofer Riesling Auslese 1994 Karlsmühle
Germania. Rileggo dai miei appunti: dolcezza, spezia, vena balsamica, freschezza, nota citrina, ananas, buccia d’arancia, cachi maturi, vene resinose, coccola di cipresso, liquirizia. Beva incredibile e complessità straorrdinaria. Grande equilibrio. Un gioiello. Goduto a fine novembre.
Oberhäuser Leistenberg Riesling Kabinett 2004 Hermann Dönnhoff
Germania. Il Riesling germanico mi piace, e quest’è bel Riesling. Con quel naso che fonde fiori e resine e vene minerali. E la beva che è assoluta gratificazione. E l’equilibrio tra freschezza e morbidezza. Bevuto in gennaio, ribevuto in giugno. Il tempo passa e la memoria resta.
Piemonte Moscato d’Autunno 2006 Paolo Saracco
Italia. Ribadisco: è uno dei più grandi bianchi d’Italia. Sissignori, e se fate gli schizzinosi e non volete sporcarvi la bocca con un Moscato, peggio per voi. Cinque gradi di eleganza e armonia e finezza. Già il 2005 è stato nella mia top 2006. Bis. Bevuto ad agosto e poi ancora...
Savenniéres-Coulée-de-Serrant Clos de la Coulée de Serrant 1980 Nicolas Joly
Francia. Oh, le vecchie bottiglie della Coulée de Serrant son davvero buone. Non mostra traccia di cedimenti questo chenin dell’80. Freschissimo, giovanilissimo. Ha naso floreale. In bocca bella vegetalità. E frutto bianco croccante. Ed è lunghissimo. Bevuto in febbraio, rigoduto in estate.
Soave Classico Le Bine di Costìola 2006 Tamellini
Italia. M’era strapiaciuto il 2004. In luglio, ho adorato il 2005. Quando ai primi di settembre Gaetano Tamellini m’ha fatto provare in anteprima il 2006 (da soli due mesi in bottiglia), m’ha stregato. Uno dei bianchi italiani più intriganti che mi sia occorso di bere negli ultimi anni.

Rossi
Barolo Marenca 2001 Luigi Pira
Italia. E già, un buon Barolo è un buon Barolo. E insomma, se ha ragione Nico Orengo che il Barolo ha da esser connubio di viola e di liquirizia, quest’è Barolo vero. Ottenne i tre bicchieri Gambero&Slow e il giudizio è condivisibilissimo. Elegante e avvincente. Bevuto in marzo.
Bourgogne Hautes-Côtes-de-Beaune 2004 Francois et Denis Clair
Francia. Subito magari non ti fa impressione questo Pinot Nero borgognone. Ma poi ecco che il fruttino e la viola s’impossessano del palato e vi s’insediano e t’avvincono non per muscolo ma per grazia. Allora capisci perché la guida Hachette gli ha dato il coup de coeur. In gennaio e dicembre.
Chateauneuf-du-Pape 04 Domaine de la Janasse
Francia. Mi piacciono parecchio, i rossi di Chateauneuf, e questo qui, pur ancora giovinetto, avvince per la sua pienezza, per la personalità, epperò anche per quella beva che non ti fa sentir né l’alcol, né il tannino. Piacevole subito e certamente in grado di crescere ancora. In ottobre.
Cotes du Ventoux Cuvèe Nadal 2004 Domaine de Fondrèche
Francia. Rosso fatto con syrah e grenache in parti uguali più un pizzico di mourvèdre. Il syrah l’avverti di più al naso, con la pepatura nettissima, il grenache più in bocca, col frutto tondo e maturo. Sa di mora di rovo, ciliegia, amarena. Ha polpa, sostanza. Lunghezza. Bevuto d’agosto.
Faugères Le Songe de l’Abbe 04 Abbaye Silva Plana
Francia. Un rosso dalle Languedoc. Un Faugerès. Che ha carattere. Personalità. Quasi rusticità, ma piacevolissima. Naso fruttatissimo: amarena, amarena, amarena. E poi erbe officinali. In bocca, insieme, frutto masticabile e freschezza, struttura e snellezza. E poi il pepe. In agosto.
Haut-Médoc 1996 Château Sociando-Mallet
Francia. Naso elegante, speziato & fruttato insieme. Fascinose note balsamiche. Frutta ed eucalipto. Avvincente trama tannica. Vino bevibile e tosto : t’inganna, ché pare facile ed è invece complessissimo. Cresce alla distanza, si fa sempre più fine. Ed è ancora giovanissimo. In maggio.
Pauillac Premier Crû 1993 Château Mouton Rothschild
Francia. Quando si dice la finezza: almeno per come la penso io, non c’è corpo, struttura, tannino, alcol, fruttone, palestra che tenga. Ed è la finezza a fare di questo rosso un vino da commozione. Avvince per armonia ed eleganza, si distende pigramente sul frutto. Con gioia, in aprile.
Recioto della Valpolicella Classico Vigneti di Moron Domini Veneti 2000 Cantina di Negrar
Italia. Dolce. Lo ricordo finalista per i tre bicchieri, questo Recioto valpolicellese, senza però ottenerli nella guida del 2003. A distanza, s’è fatto ancora più elegante, quasi austero. Avvince la dolcezza, ma intriga vieppiù la speziatura, complessa. S’aggiunge fiore essiccato. A gennaio.
St.-Emilion 70 Château Croque Michotte
Francia. Hugh Johnson ne scrive così, di questo château: «Tenuta di 14 ettari al limite di Pomerol. Vini buoni e costanti, non abbastanza Grand per essere Classé». Che faccia rossi buoni ne ho avuto la riprova stappando, a fine dicembre, questa bottiglia del ’70: tenue, finissimo, bevibilissimo. Fruttino e spezia.
Valpolicella Classico Superiore 1999 Giuseppe Quintarelli
Italia. Il Bepi è il Bepi, e i vini che fa hanno il suo imprinting, il suo stile unico. E se te n’innamori può essere un guaio... Ma l’amore non conosce ostacoli, si dice: dunque, lasciamoci ammaliare da questo frutto nobilmente vellutato, avvolgente, potente, caldo & bevibile insieme. A maggio.

Bollicine
Champagne Aÿ Grand Cru Fût de Chène Brut 1995 Henri Giraud
Francia. Ah, le bollicine, le buone bollicine! Tanto frutto, piccolo, di bosco & sottobosco, fascinoso, perenne nel naso e nella bocca. Croissant tiepido, pane sfornato. Carbonica perfettamente integrata. Elegantissimo, aristocratico Champagne bevuto con strapiacere in febbraio.
Champagne Brut Réserve Michel Furdyna
Francia. Furdyna è un Vigneron indépendant. Fa questo brut che è una chicca. Piacevolissimo. Con tutto quel fruttino succoso. E quel fiore bianco. In due, finisci la bottiglia e non te ne sei quasi accorto: birichino assai e assai. Bevuto più volte (strabevuto, anche in piccola e magnum) nell’anno.
Champagne Brut Rèserve Grand Cru André Beaufort
Francia. Come una brioche all’albicocca, morbida, fragrante di burro e di frutto. Così m’è parso questo Champagne. Uve allevate con metodo biologico. Cremoso e magari un po’ dolcino, old fashioned. Ma ne bevi un bicchiere e un altro e un altro. Seducente setosità. Graditissimo in maggio.
Champagne Extra-Brut Blanc de Blancs Grand Cru Fallet-Prévostat
Francia. Ha naso fascinosamente fruttato di frutti antichi e dimenticati. E crosta di pane che viene dal forno a legna. E un vago cenno di anisetta. La bocca attacca con tagliente freschezza salina, che si tramuta però in crema, densa e avvolgente. Ed ecco ancora il frutto. E la florealità. In settembre.
Crémant d'Alsace Brut Prestige Paul Buecher
Francia. Mica vi scandalizzerete se in mezzo a quattro Champa ci metto un Crémant alsaziano, vero? Perché questo qui m’è proprio piaciuto, con quelle sue vene balsamiche, un pelino minerali, e quella freschezza, e quelle bolle setose, e perfino quella sua morbidezza, che però non invade. A dicembre.

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