Mauro Pasquali
Angiolino Maule è un personaggio che non lascia indifferenti e lui fa di tutto per non esserlo. O lo ami o lo odi: le mezze misure non esistono con lui e con i suoi vini. Vini amati, alle volte sopravvalutati, ma sicuramente vini che fanno discutere e non permettono di rimanere indifferenti.
Come indifferente non mi ha lasciato questo Pico 1999. Garganega in purezza, una fermentazione sulle bucce per alcuni giorni e poi più nulla. Proprio così: nulla. Ma è un nulla che a distanza di dieci anni ha permesso di ottenere un vino straordinario.
Al naso la mineralità della garganega con un leggero fondo di mandorle amare. Ti colpisce subito una complessità che poi in bocca esplode in un grande equilibrio con freschezza e finezza notevoli. E tutto questo a dieci anni dalla vendemmia! Quanti rossi dopo questo periodo sono già alla fine della loro vita?
Questo bianco (o un rosso travestito da bianco, per dirla con qualcuno) non lascia intravedere il suo declino. Un vino che ti porta ad assaggiarlo nuovamente. E, poi, una volta ancora. Insomma, non ti stancheresti di berlo, dando ragione ad Angiolino che ha sempre affermato che i suoi vini cominciano a dare il meglio di sé dopo diversi anni dalla vendemmia.
Un gran bel vino che vorrei assaggiare nuovamente fra qualche anno, magari confrontandolo nuovamente con il 2007 che, ancora in fasce, si è fatto notare per una potenzialità tale da pronosticare anche per quest'annata, l'ultima in commercio, una evoluzione ed una longevità simile.
Tre beati faccini pieni e convinti :-) :-) :-)
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