17 giugno 2011

Bourgogne Aligoté 2009 Jean-Luc e Paul Aegerter

Angelo Peretti
Ecco, sì, insomma, devo dirlo: non avevo mai bevuto prima un Aligoté. Perché pensavo che fosse il fratellino minore dei Borgogna fatti con lo chardonnay (e questo invece è fatto col meno blasonato vitigno dell'aligoté, appunto) e che non valesse quasi la pena di bere 'sto vinello bianco. Confesso che quello degli Aegerter l'ho comprato solo perché l'ho trovato in offerta. E me ne vergogno. Perché invece da adesso in posi sarò un fan dell'Aligoté. Anche senza bisogno di correggerlo col cassis per farci il kyr.
Di cosa sa 'sto vino? Boh, forse di mela verde, la Granny Smith, che prima di tutto è acidula, e forse è solo acidula, e per il resto è pressoché neutra, tant'è che la si usa (la uso) come intermezzo tra un olio e l'altro in degustazione, capace com'è di cancellare ogni traccia dell'extravergine che precede.
E allora perché ne sono diventato un fan, dell'Aligoté, se è così lineare? Come spiego il colpo di fulmine? Perché, appunto, è un vino di una freschezza straordinaria, ed è secchissimo e un bicchiere tira l'altro, ché non ci hai quelle melense vene aromatiche da lieviti selezionati che ormai trovi pressoché ovunque nei bianchi.
Ecco, sì, è un bianco immediato, diretto, affilato. O ti piace o non ti piace. A me piace, e lo trovo un aperitivo eccellente.
Mi riprometto di investigare meglio in mondo per me semisconosciuto degli Aligoté. Intanto, invento una definizione per questo che ho bevuto: un perfetto vino minimalista.
Due lieti faccini :-) :-)

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