19 gennaio 2012

Stephane Aladame e la Borgogna bianca

Mauro Pasquali
Chi pensa alla Borgogna generalmente va subito con la mente al pinot nero e ai suoi Grand Cru, ottenuti da questo straordinario ma scorbutico vitigno. Poi, subito dopo, il pensiero corre ai grandi bianchi di Borgogna, in primis allo Chabils, nelle sue varie declinazioni. Infine, pochi arrivano (e hanno potuto assaggiare) alla Borgogna minore, ma che poi tanto minore non è: la Côte Chalonnaise e quello scrigno di Premier Crù che è Montagny. Qui, partendo da meno di 3 ettari di vigneto a soli 18 anni, dopo gli studi a Beaune, Stephane Aladame ha lentamente ma costantemente ingrandito il suo scrigno (perché tale è) fino agli attuali 7 ettari dei quali ben 6 in Premier Cru. E chi conosce la Borgogna sa cosa questo significhi.
Oggi, a neppure quarant’anni, Stephane è uno dei grandi alfieri dello chardonnay di Borgogna, riconosciuto tale non solo in Francia ma ovunque sono stati assaggiati i suoi vini. Ecco: lui è rimasto quel ragazzo di diciott’anni, quasi timido e più avvezzo a parlare con le sue viti che in pubblico. Lascia volentieri la parola ai suoi vini che, in verità, molto hanno da dire.
Agricoltura biologica da una decina d’anni, vigne di diverse età (da venti a novant’anni), per un totale di circa 40.000 bottiglie, uso di legno (ovvio in Borgogna) ma anche di acciaio: questo è Stephane Alamande. E la sorpresa maggiore è proprio l’uso molto parco del legno e una lenta ma convinta conversione alle botti grandi e all’acciaio. Tanto che il vino che più mi è piaciuto della breve ma intensa degustazione, è proprio uno chardonnay che il legno non lo ha visto.
Cremant de Bourgogne Blanc Domaine Stephane Aladame
L’unico vino fatto con uve non di proprietà. Ancora per poco, perché dalla prossima annata anche questo Cremant sarà interamente prodotto con lo chardonnay che Stephane produce.
Naso complesso con profumi forse compressi ma con evidente e forte mineralità. In bocca entra morbido tanto che non gli daresti i soli 6 grammi/litro di zuccheri residui. Buona sapidità e grande salinità. Finale morbido ma pulito e di buona lunghezza.
Due beati faccini :-) :-)
Montagny 1er Cru Découverte 2009 Domaine Stephane Aladame
Il frutto tropicale è evidente ma la cosa che stupisce di più è la grande freschezza e salinità, accompagnate da note minerali e notevole sapidità. Il vino che mi è piaciuto di più: fresco, pulito, lungo. Uno Chardonnay che invoglia a bere il secondo bicchiere. E, poi, anche il terzo.
Tre beati faccini :-) :-) :-)
Montagny 1er Cru Les Maroques 2008 Domaine Stephane Aladame
Grande complessità e profumi che spaziano dalla frutta gialla alla speziatura. La nota salina, caratteristica dei vini di Stephane Alamande, ritorna marcata ma non prepotente. La fermentazione e la permanenza in legno del 30% del mosto si sente ed è evidente, non perfettamente bilanciata dal rimanente che ha sostato solo in acciaio. Da riassaggiare dopo la sostituzione della barriques con le botti grandi.
Un faccino e quasi due :-)

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