Angelo Peretti
Sì certo, l'estate del 2003 ce la ricordiamo tutti, con quella calura. E dunque quella non è stata certamente la migliore annata per i rossi, e soprattutto per quelli che di solito le carte le giocano sull'eleganza, sulla finezza. E sulla capacità di durare nel tempo. Di solito, quelli che ne sono usciti dall'uve surriscaldate di quell'anno, son vini più immediati e fruttatoni.
Ordunque, capisco che anche in terra barolista non si son generalmente fatti dei Barolo indimenticabili. Epperò questo qui, il Cannubi dei Damilano, l'ho bevuto gran volentieri, e se n'avessi in cantina un altro paio di bottiglie non mi dispiacerebbe affatto.
Vero: la frutta è stramatura, il fiore è macerato. E credo non sia boccia da tener lì anni, ché è vino già pronto da star nel bicchiere, e anche il tannino s'è di già ben levigato. Ma nella sua immediatezza - se immediato può essere un Barolo, ed anzi comprendo che è un azzardo usare 'sto termine - è un rosso che m'è piaciuto.
Al naso e in bocca, dunque, il frutto s'interseca con le violette appassite, col cacao amaro, con la liquirizia. E, sul fondo, c'è quasi un sentore di chinotto, o magari d'arancio amaro in confettura.
Due lieti faccini e quasi tre :-) :-)
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