Angelo Peretti
Quando, nel novembre dell'anno passato, lessi "Dell'amore e del dolore delle donne", il libro del professor Umberto Veronesi, fu perché vi cercavo una spiegazione. Rincorrevo la chiave di volta d'una convinzione che mi si stava facendo largo: quella che i vini delle donne hanno spesso una personalità spiccata, ed esprimono così tante volte, insieme, sentimenti - appunto - di dolore di amore, e insomma sono vini che parlano. Cosa che invece connota sempre meno i vini fatti dagli uomini, più inclini alla standadizzazione, al perfezionismo enologico.Ecco, i vini delle donne non si vergognano di dire chi sono, di mettere a nudo le eterne contraddizioni dell'esistenza, e dunque le gioie e le tribolazioni, le passioni e le offese, i sorrisi e le ferite, le conquiste e gli smarrimenti, le sicurezze e i tradimenti, gli affetti e le menzogne, il dare e l'avere del vivere.
Glielo dissi, al professor Veronesi, in aprile, quand'ebbi modo di incrociarlo qualche attimo alla presentazione del suo libro al Palazzo della Ragione di Verona. Ne fu, come dire, stupito. Accanto a lui c'era Graziella Basevi Tabacchi, il presidente del comitato per l'imprenditorialità femminile della Camera di commercio di Verona, che aveva organizzato l'incontro. Lei sorpresa non era: "È perché noi partoriamo", mi replicò, semplicemente. Ma v'è probabilmente racchiuso tutto, in questa breve frase. V'è racchiusa la spiegazione che cercavo nel libro. V'è racchiuso l'amore e il dolore delle donne.
Ecco, il futuro del vino è donna. Se il vino dev'essere - come da sempre ritengo - soprattutto espressione di terroir, e se questo - il terroir - è prima di tutto umanità, allora sì, non ho dubbi: il futuro del vino è donna.
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