Angelo Peretti
Il 23% dei vigneti trentini è a pinot grigio. Una quota considerevole. L'ascesa è stata esponenziale: il pinot grigio rappresentava solo l'1,6% del totale nel 1980 e il 6,4% nel 1990. Nel 2000 la percentuale era del 13%. Ora, come ho detto, è oltre il 23% e oltre. A far di più c'è solo lo chardonnay, con il 28,2%. Crollata la schiava, che è precipitata dal 34% del 1980 al misero 3,9% di oggi. I dati li ho presi dal volume "La vitivinicoltura in Trentino 2011", uscito nella collana periodica di studi e ricerche sull’economia del Trentino della Camera di Commercio di Trento.
Perché li ho presi? Perché nei giorni scorsi si è parlato sul web (su Aristide e su Vino al Vino) di un'intervista che Fabio Piccoli, giornalista, uno dei "saggi" chiamati a cercar di risolvere i problemi del vino trentino, ha rilasciato al quotidiano L'Adige, proponendo di "trentinizzare" il pinot grigio. Dice Fabio: "Nessuno nega ai colossi la necessità di continuare ad esportare Pinot grigio sul mercato Usa, ma il Trentino non può essere un contenitore di prodotti anonimi. E allora trentinizziamolo, il Pinot grigio: il Trentino deve essere un valore aggiunto superiore all’etichetta 'delle Venezie'"
Bene, trentinizziamo il Pinot Grigio (vino). L'idea ci sta: può dare valore aggiunto. E dunque avanti: aspetto di poter avere qualche dettaglio in più per capire di cosa si tratti e con quali strumenti ci si possa arrivare, ma mi sembra interessante.
Però la vedo difficile. In primis perché di Pinot Grigio ormai al mondo ce n'è dappertutto, e a questo punto il Pinot Grigio trentinizzato rischia di essere una goccia nell'oceano, a prezzi oltretutto necessariamente troppo alti rispetto a quel che c'è in giro (che facciamo, lo trentinizziamo per svenderlo? non avrebbe senso).
Faccio due calcoli. Nel rapporto che ho citato sopra vedo che in Trentino nel 2010 si son prodotti 326.812 quintali di pinot grigio (uva). Vedo poi che la superficie vitata a pinot grigio (vitigno) è di 2351 ettari. Faccio il calcolo e ottengo che la resa per ettaro è intorno ai 139 quintali: il dato fila, la fonte è attendibile (non avevo dubbi). Ora, partendo da questi dati faccio due conti, e presupponendo una resa in vino del 70%, ottengo che la produzione totale di Pinot Grigio (vino, non importa che sia doc o igt) dell'intero Trentino può cubare 228.800 ettolitri. In termini di bottiglie, sono 30,5 milioni. Tanto, ma non tantissimo.
Tanto come singolo vino d'una singola provincia, per carità, ma pur sempre poco meno del Bardolino o la metà del Soave. Poco poi se pensiamo ai mega-impianti della cooperazione trentina. Trentinizzare il Pinot Grigio non basta, perché dal Trentino escono fiumi di Pinot Grigio "delle Venezie" a indicazione geografica (ma non sono riuscito a trovare i dati: chi mi aiuta?), e di fatto gli impianti di imbottigliamento trentini mettono nel vetro - credo - parecchio vino che proviene dal Veneto o dal Friuli. Quasi che i trentini fossero dei "terzisti" per la produzione vinicola delle due altre "Venezie". La mia impressione - non suffragata dai numeri e quindi potenzialmente errata - è che gli impianti trentini abbiano assoluta necessità di imbottigliare "anche" vino che viene da fuori. Per ammortizzare i costi. Magari mi sbaglio. Però bisogna fare i conti con l'ipotesi che tutto 'sto Pinot Grigio delle Venezie igt ora imbottigliato nel Trentino possa rischiare di essere messo in crisi dalla nascita della nuova doc Venezia. Che prevede come varietale il Pinot Grigio. La criticità potrebbe avere doppia origine. Da un lato, penso che parecchio pinot grigio (uva) veneto possa finire nella doc Venezia anziché nell'igt delle Venezie. Dall'altro ho il dubbio che ora che c'è il Pinot Grigio Venezia doc possa aprirsi un contenzioso sulla legittimità di continuare a imbottigliare il Pinot Grigio delle Venezie igt. Ripeto: è solo un dubbio, mica son certo, ed anzi credo che una simile limitazione rischierebbe di scatenare un tortuoso iter giudiziario. Epperò mi domando: in tale denegata ipotesi (bello il termine "denegata", vero?) ce la farebbero gli imbottigliatori trentini a far fronte ad un'eventualità del genere?
Trentinizziamo, dunque, d'accordo. Ma non basta. E attendo di poter conoscere il resto.
Buongiorno, mi sembra abbastanza evidente che il principale problema del Trentino vitivinicolo sia il sistema cooperativo. Quest'ultimo raccoglie in provincia di Trento ben l'85 della produzione totale di uva. Ci troviamo dunque di fronte a una sorta di monopolio, che per definizione difficilmente porta a una situazione di benessere ed efficienza. In queste condizioni, dunque, le prime da "trentinizzare" dovrebbero essere alcune grandi cooperative. "Trentinizzare" una varietà, come per esempio il Pinot Grigio, è un obiettivo che secondo me potrebbe essere perseguito solo in un secondo tempo. Inoltre cercherei di individuare con la massima onestà i motivi che nel settembre 2010 hanno portato al commissariamento di una cantina sociale come La Vis-Valle di Cembra, forse quella che più di altre aveva tentato di andare "controcorrente", e di "trentinizzare" la propria produzione, a partire dallo Chardonnay. Rivaluterei infine i progetti, riusciti o meno, che una una cantina come Mezzacorona ha intrapreso al fine di integrare il modello della società cooperativa con quella di capitale. Sia chiaro che nessuna di queste due cantine andrebbe presa a modello, ma entrambi i casi potrebbero aiutare a uscire da schemi mentali che oggi rischiano di banalizzare la discussione sul futuro di un territorio che sta morendo di politica.
RispondiEliminaNel 2003 andai con un gruppo di produttori vicentini a visitare alcune cantine ed agriturismi in Trentino.
RispondiEliminaLa guida che ci accompagnava ci spiegò che il prezzo che veniva pagata l'uva Pinot Grigio, era superiore del prezzo del vino in mercato.
Forse, andare contro la normale legge matematica del mercato è stato il problema di cooperative come La Vis che, seppur ben presenti nei mercati internazionali, non avevano adeguati margini di bilancio.
Scusate se insisto, ma secondo me il problema è soprattutto politico, piuttosto che commerciale. Non posso certo negare che in passato La Vis possa aver commesso errori, lasciandosi per esempio "prendere la mano" da investimenti arrischiati (Villa Cafaggio, Poggio Morino, etc). Ma la decisione di commissariare La Vis secondo me è stata mossa da motivi squisitamente politici: fare qualità costa, e questa strategia è diventata non più sostenibile all'interno di un sistema cooperativistico che mira soprattutto a fare volumi, e che inevitabilmente si è trovato a combattere una guerra intestina sui prezzi. Io penso che Angelo Peretti non si sbagli nell'affermare che "gli impianti trentini abbiano assoluta necessità di imbottigliare "anche" vino che viene da fuori. Per ammortizzare i costi". Il problema è proprio quello di decidere quale strategia affidare alla cooperazione trentina. E, come purtroppo sappiamo, la politica italiana è tendenzialmente incapace di formulare una qualsiasi politica industriale, anche in campo vitivinicolo.
RispondiElimina@Nicolò. Non conosco a sufficienza il "caso" cooperativistico trentino. Tuttavia, mi pare di poter dire che gli investimenti infrastrutturali effettuati negli anni sono tali da non giustificarsi esclusivamente con le esigenze vitivinicole della provincia, al punto che in un certo senso il mondo cooperativo locale è diventato - come dire - "terzista" del sistema vitivinicolo veneto. Quale strategia sia ora da affidare alla cooperazione trentina non so e non posso suggerirlo, ma mi pare che neppure il mondo politico locale abbia sin qui espresso un chiaro indirizzo. Quel che peraltro credo inevitabile è una drastica riduzione - se non proprio un annullamento - dei contributi pubblici, e questo implica certamente la necessità di una svolta abbastanza radicale.
RispondiEliminaCaro Angelo,avevo scritto un commento, ma era troppo lungo e non ci stava (puoi immaginare che il pinot grigio è un argomento che tende a farmi diventare ancora più prolisso del solito).
RispondiEliminaSe hai piacere di leggerlo l'ho pubblicato sul mio blog: http://www.biscomarketing.it/2011/07/19/trentinizzare-il-pinot-grigio-commento-al-post-di-angelo-peretti/ (non so se in termini di netiquette mettere qui un link al mio blog sia una scortesia. Se così fosse me ne scuso e ti prego di rimuovere il commento).
Un caro saluto.
Caro Lorenzo, ho letto e ho commentato sul tuo blog. Condivido. E il link spero lo seguano in molti: hai scritto cose su cui credo sia opportuno riflettere.
RispondiEliminaIn bocca al lupo per la nuova avventura.