Mario Plazio
Un vino che in Italia difficilmente ti capita di incontrare. È una vendemmia tardiva, una tipologia tipicamente nordica che pochi si sono peritati di affrontare per la scivolosità dell’argomento. È facile infatti cadere nel banale, nello zucchero residuo usato per incontrare il gusto del consumatore senza però il giusto equilibrio che costituisce la magia delle grandi vendemmie tardive.
Angiolino Maule si è cimentato nell’arduo compito solo quando le annate lo hanno consentito. Mi ricordo a proposito il millesimo 1991, credo la prima annata di Taibane. Poi poche altre uscite, il 1996 e questo 1999.
Il mosto ha fermentato spontaneamente in botte grande per alcuni anni (3 o 4, non ricordo con precisione), il vignaiolo diceva che il vino doveva farsi senza fretta.
E noi siamo contenti di avere aspettato a lungo perché ci troviamo di fronte ad un liquido assolutamente originale.
La sensazione più evidente è quella di frutta, ma di una consistenza meno “artificiale” rispetto a quanto siamo abituati a trovare nei vini convenzionali. Il naso è tutto pesca, condito da un pizzico di esotismo e da aromi di pepe bianco e zenzero. L’ossidazione è leggera, in sottofondo, e serve ad accompagnare il fluire dei profumi. La dolcezza è solo accennata, è più una morbidezza che ricorda nuovamente la frutta molto matura. Il finale è asciutto e tannico e fortemente connotato dalla mineralità che ben esprime il territorio. Io lo berrei anche così, per esaltarne la complessità. Si presta però anche ad una cucina speziata o autunnale a base di funghi.
Tre faccini :-) :-) :-)
Ho avuto la fortuna di bere proprio questo millesimo.
RispondiEliminaGrande vino.