Angelo Peretti
Ricordo che il vino mi colpì quando lo assaggiai per la prima volte, un tre anni fa, alle Cinque Terre. E come poter dimenticare quell'odore così iodato, così salmastro, così marino? Come se il mar di Liguria si fosse impossessato delle sparute vigne che s'abbarbicano su quelle rocce strapiombanti. E vi avesse infuso, nelle uve (di bosco, albarola e vermentino: ecco l'uvaggio del vino), la propria essenza.
N'ho ritrovata una bottiglia in cantina del Cinqueterre 2005 di Forlini Cappellini: non ricordavo neppure d'averla portata con me da quella breve vacanza. E immediata è riaffiorata la sensazione.
Sì, al naso è il mare, l'alga sbattuta dall'onda sul bagnasciuga, lo scoglio, il mollusco, lo iodio. E ancora lo zolfo. E la resina dei pini marittimi.
In bocca è freschezza spiccata, pure salina. E i toni quasi violenti avvertiti all'olfatto qui s'attenuano. Ed esce una qualche vena agrumata. E un certo che d'anice, accennato.
Vino estremo, sta scritto sull'etichetta: mai definizione fu più corretta. Non solo per via della difficoltà di coltivar vigneto da quelle parti. Ma anche perché rifugge ogni ruffianeria, e punta tutto sulla personalità. Rustica, ruvida, ostica, permalosa, scontrosa.
Bianco mica per tutti.
Due lieti (e un po' sorpresi) faccini :-) :-)
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