Angelo Peretti
Mi vien da pensare che nel mondo valpolicellista (amaronista) ci sia una zona che, per amore o per forza, è tornata ad esprimere appieno il proprio terroir, superando le tendenze tecnicistiche, che privilegiano lo stile dell'appassimento e semmai il vitigno. Dico per amore o per forza, perché è in primis vallata nella quale sembra prevalere lo spirito d'appartenenza, e perché lì comunque il vino non sarà mai ciccione, neanche con l'appassir l'uve. La valle è quella di Marano, che dà i Valpolicella e gli Amaroni più snelli e bevibili del panorama valpolicellese, da sempre. E prepotentemente è tornata a esser sé stessa. E dico evviva!
Dello stile maranese è gran bell'esempio il Valpolicella Superiore che Giuseppe Campagnola ha dedicato alla nonna Caterina Zardini, ché le vigne erano quelle che le appartennero, in valle. Il 2006 l'ho bevuto in trattoria, e col desinare ci stava alla grande. E nonostante i quattordici gradi d'alcol, è andato giù in gotto dietro all'altro. E se non è beva questa...
Figlio d'appassimento breve (una ventina di giorni) d'uve prese dalle pergolette, capisci qual è lo stile già dal colore, che non è carichissimo.
Al naso il fruttino rosso, anche un po' in confettura, ma senza sentori stramaturi. E poi la spezia fine.
In bocca la ciliegia, soprattutto. E una rinfrescante vena officinale d'erbe alpestri. E ancora la speziatura elegante. E una bella freschezza che non ti fa avvertire l'alcol. E una lunghezza appagante, senz'esser mai prevaricante.
Oh, questo è un rosso di Marano, e come tale lo riconosceresti a occhi chiuso.
Tre lieti faccini :-) :-) :-)
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