Angelo Peretti
I giovani Filippi, in una zona baciata da Dio, sulle colline di Soave, d'un metro appena di là dal confine della zona classica, e non capirò mai perché questa delimitazione, quando il colle è invece un unicum territoriale, fanno vini che certo non mirano a passar per ruffiani.
Viticoltura estrema, metodi naturali: manca poco alle certificazioni del caso, e non è in ogni caso che me n'importi granché del sigillo di questo o quest'altro ente, ché a parlare dev'essere alla fin fine solo e soltanto il vino.
A mio avviso, e certamente mi sbaglierò, il loro vino fin qui più intrigante è il Recioto soavese del vigneto Calprea. Che è dolce sì, ma nello stile di casa, e dunque per nulla orientato alle mode, ma anzi personalissimo con quella nota un pelo ossidativa che fa così tanto vin santo, ed è politicamente scorretta ed old fashioned.
Tutto e solo da uve di garganega a lunghissimo appassimento (e da vigne di già abbastanza vecchiotte, se non ricordo male), senz'uso di ventilazioni forzate, ma solo con l'aiuto dei venticelli che tirano da quell parti, panoramicamente esposte. Poi il mosto, zuccheroso, passa a fermentare pian pianello nel legno (e magari una traccia di rovere si avverte, e qui forse occorrerebbe limare) .
Colore ambrato, dorato.
Al naso il dattero e il miele di castagno e le frutta secche, e la nocciola tostata.
E in bocca c'è corrispondenza. Epperò l'alcol (16 gradi, se non ricordo male) e lo zucchero sono ben integrati. E c'è anche un che di freschezza che rende più piacevole il sorso.
Piacevole, ripeto, questo vino. Che abbino a nocciole e noci e mandorle, a fine pasto.
Due lieti faccini :-) :-)
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