Angelo Peretti
Mio padre è morto ai primi di novembre del 1999. Potrà sembrare sciocco, ma la cosa che più ricordo di lui è quanto gli piacesse la rénga, l’aringa affumicata e salata, che faceva cuocere lentissimamente sulla brace, fino quasi a farla seccare, e poi irrorava d’olio, con abbondanza. Quel sapore mi manca: non l’ho più mangiata l’aringa fatta a quel modo. Probabilmente non la rimangerei neppure, temendo di ritrovarla diversa, di non riconoscerne l’afrore e il sapore. Di smarrire, soprattutto, la memoria dei gesti (e dei gusti) di papà. Ti resta così poco, quando se ne va qualcuno che ha segnato la tua vita.
Le parole qui sopra le ho scritte nella prefazione di un libro recente di Fernando Zanetti, ottimo fotografo veronese. Il volume s'intitola Artfood. Ho voluto ripeterle su InternetGourmet: oggi sono dieci anni che papà è morto.
Ho tirato in ballo, per cercar di spiegare le foto di Fernando, un sacro testo di Roland Brathes, semiologo: è "La camera chiara". C'è la sua teoria del punctum, il dettaglio che ti colpisce irrazionalmente e che ti apre ad una nuova visione dell’oggetto o della persona o dell’avvenimento.
Ebbene, c'è una foto, in quel libro, che m'ha particolarmente colpito. Dapprima pensavo si trattasse della tecnica usata, che m'ha sempre affascinato: si scatta in Polaroid, ma senz’aspettare che l’immagine esca nella sua interezza, si strappa la gelatina dal supporto e la si applica su di un foglio, lasciando che lì si concluda il processo, ed è ovvio che l’emulsione non si di spone in maniera perfetta, e dunque emergono pieghe, abrasioni, viraggi del colore, rendendo il soggetto in qualche modo diverso da se stesso. Ma la spiegazione non mi convinceva. C'era dell'altro in quella foto, su cui mi sono interrogato, e che ho cercato di spiegare. Ma non ho capito finché non m'è venuta in mente l'aringa di mio padre. E allora, di quella foto, e dell'aringa, ho scritto quel che potete leggere qui di seguito, riportato ancora dalla prefazione, commentando le foto di Fernando.
Il fatto è che tra le tante ce n’era una d’un piatto con sopra una forchetta, un’aringa pronta per esser cotta e una fetta di limone. La gelatina, nello strappo, s’è forata in vari punti, e dunque l’immagine è tra le più «imperfette», e proprio per questo anche tra le più attrattive. Ma non era l’aspetto grafico o estetico che mi colpiva. D’imperfezioni ce n’era un’altra, che mi destava attenzione e, mi sono accorto, quasi irritazione. Questa: nel piatto si vedeva il limone. Capiamoci: ci può stare, ci sta. Non è un problema gastronomico o cucinario. Era un’anomalia per me, per il mio vissuto: mio padre non usava mai il limone sull’aringa. Mi sono sorpreso a chiedermi: «Cosa cavolo ci fa il limone nel piatto della rénga di mio padre?»
Ecco, la fotografia m’aveva giocato il suo tiro. Aveva fatto il suo dovere. Il punctum era emerso, con tutta la forza evocatrice di cui è capace. Era venuto a «pungere» anche me. «Molto spesso - ha scritto Barthes -, il punctum è un “particolare”, vale a dire un oggetto parziale. Fornire degli esempi di punctum, significa, perciò, in un certo qual modo, concedermi». M’è accaduto lo stesso. Mi son trovato a concedere alla scrittura, al potenziale lettore, qualcosa che appartiene alla mia intimità.
il mio papà un paio di volte l'anno la fa acora così, la Renga, ne abbrustolisce un bel pò e poisoprattutto la conserva in un barattolo sott'olio per qualche giorno, che a suo dire migliorano.
RispondiEliminaE soprattutto sperando che ci sia senpre qualche femmina, perchè le uova sono una delle parti migliori...
scusate gli strafalcioni di qui sopra, ma col nipotino che continua a saltarti sulle ginocchia col pallone, è dura scrivere correttamente...
RispondiEliminaConcordo sulle uova: son la parte migliore. E sull'olio buono, nuovo.
RispondiEliminaGià, bel post Angelo, intenso e commovente. La reng così la faceva mia nonna, mentre mia mamma ha addolcito la ricetta passando il pesce invece che sulla brace, nel latte, da provare, meno "maschio" ma intrigante. Concordo in pien sul limone e anche sull'olio buono che conserva la renga anche per un paio di mesi.
RispondiEliminaAlberto Tonello
torno questa sera dal Belgio e mi sto concedendo un momento in cui riprendermi in mano
RispondiEliminaancora una volta, grazie a te che sei diventato più grande,
anch'io più ricca
Ambra