Mario Plazio
Chablis è uno strano pezzo di Borgogna proiettato a quasi 150 chilometri da Beaune e dalla Côte d’Or. Il piccolo villaggio è sonnacchioso e discreto, lontano dal pur misterioso milieu viticolo borgognone, quasi a voler sottolineare la propria autonomia. In comune con il resto della regione c’è il vitigno, il vituperato chardonnay, assurto ad icona della globalizzazione vinicola. In realtà lo chardonnay che qui si produce non è chardonnay, ma Chablis. Sono stato doverosamente redarguito da un produttore per aver chiesto quali sono le specificità del vitigno rispetto ai cugini del sud. Ecco, la prima constatazione è che qui siamo a nord, quasi al limite settentrionale di crescita della pianta. Anche il clima accentua il suo carattere continentale, con inverni molto rigidi ed estati non troppo calde. E poi, e soprattutto, il terreno. I migliori cru si trovano su suolo calcareo formatosi nell’era detta kimmeridgien, costituito da banchi fossili di ostriche di taglia minuscola, chiamate exogyra virgula per la loro forma.
La degustazione che ho organizzato voleva fare un punto sulla denominazione e cercare degli elementi di riconoscibilità all’interno dei vini.
Questi in breve i vini degustati.
Bessin 1er cru Montmains 2007. Naso etereo, forte impatto della solforosa. Minerale e vegetale, anche esotico, finale di mandorla. Non una grande materia, privilegiata la beva, leggermente ossidativo e non finissimo. Soffre di riduzione. 85/100
Chateau de Béru 2008. Snello, semplice e citrino, acerbo ed erbaceo. Immediato ma certamente non un grande vino, manca di complessità. Dovrebbe stare bene con le ostriche. 80/100
F.et Denis Clair Saint-Aubin 1er cru Les Murgers des Dents 2004. Vino pirata del sud Borgogna. Si riconosce subito per la maggiore carica, le note di vaniglia e pasticceria. Il legno tende a prevalere, ammicca ma non riesce a dispiacermi. È ben fatto, floreale, finale un po’ segnato dal rovere con ricordi di crauti. 84/100
Domaine Raveneau 1er cru Butteaux 2003. Produttore faro della aoc e di conseguenza vini introvabili e carissimi. Questo 2003 è marcato dall’impronta del millesimo, insolitamente caldo. Il vino si concede poco a poco, è molto minerale ed insieme caldo, con aromi di papaya, pietra focaia e miele, accanto a salvia e burro. Al palato l’acidità c’è, forse meno distribuita sul palato e meno lunga. Molto godibile comunque. 90/100
Vincent Dauvissat 1er cru Forest 2005. L’altro produttore di riferimento a Chablis. Sensazione di finezza agrumata, fiori d’arancio. Si rivela però al palato, dove il vino prende una dimensione fenomenale, lunghissimo anche se oggi troppo giovane. 93/100
Domaine de la Maladière William Fèvre 1er cru Montée de Tonnerre 1988. Evoluto, marcato dal legno dell’élévage (note di caffè e balsamiche), carnoso, limone confit e tartufo. Sembra di bere un alcol vecchio, l’insieme è in ogni modo vivo e presente, anche se meno fine di altri. 91/100
Vincent Dauvissat 1er cru Forest 2004. All’inizio formaggi oso e chiuso. Esce col tempo e si rivela il più intrigante. In primo piano le tipiche note di pietra focaia, nocciola e miele, e la consueta rabbiosa mineralità, anche pepe e burro. Bocca nervosa, interminabile ed elegante. 97/100
Vincent Dauvissat 1er cru Forest 2000. Evoluto ma ancora terribilmente giovane, esibisce note di tartufo, miele di castagno e di affumicato. In bocca l’acidità sembra più matura e il vino ne risulta più saggio, senza perdere in carattere e mineralità. 94/100
Grossot 1er cru Mont de Milieu 2000. Viscerale ma più monodimensionale, buono senza però assumere una dimensione superiore. Il legno resta discreto, tutto è al posto giusto, risulta quindi prevedibile. In questo senso esce meno il terroir. 87/100
Ovviamente la degustazione non è esaustiva, ma andando alla sintesi estrema direi che la élite dei produttori di Chablis è piuttosto ristretta e che conviene affidarsi ai migliori per bere delle bottiglie interessanti. Si conferma l’eccellenza di Dauvissat, un produttore che trasmette ai suoi vini una vera tensione. Consiglio di provare un suo premier o grand cru agli scettici dello chardonnay. Ma qui lo ricordo, parliamo di Chablis.
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