Angelo Peretti
Come espresso nella mia prima formulazione dell'Elogio del vinino, essenza stessa del vinino è la piacevolezza di beva, che per la propria caratteristica di soggettività non è quantificabile mediante scale empiriche universali, e men che meno con le rigide classificazioni centesimali in uso negli attuali sistemi di valutazione ufficiali del settore vitivinicolo o nei criteri di selezione diffusi presso ampia parte della critica internazionale.
Peraltro, essendo la soggettività ad ampio spettro, poiché variabile di persona in persona, si ritiene opportuno delineare alcuni elementi costitutivi essenziali della “piacevolezza del vinino”, senza con questo escludere che vini dotati di diverse connotazioni possano apportare pari, se non superiore, piacere: tale diversa piacevolezza, peraltro, deriva da elementi e fattori che non si configurano nella definizione di vinino.
E dunque eccomi ad un ulteriore step nella definizione del vinino. Ovviamente da discutere.
Appunti per una estetica del vinino
Pur gradevole da bere fuori pasto, il vinino ha come caratteristica saliente l’estrema abbinabilità con il cibo, grazie alle proprie doti di elevata versatilità negli accostamenti gastronomici.
Essendo improntato all’immediatezza di beva, la gradazione alcolica del vinino non supera, di norma, il 12,5%.
Il quadro organolettico del vinino si rifà ai caratteri delle uve e del territorio di origine: viene pertanto ritenuto essenziale che il vinino trasmetta le sensazioni varietali tipiche dei vitigni di origine, in termini di apporti fruttati o vegetali, nonché le percezioni salienti del terroir d’origine in termini di sapidità, freschezza, mineralità, speziatura.
Essendo il carattere varietale originario uno dei canoni elettivi del vinino, di norma viene escluso l’utilizzo di qualunque tecnica di appassimento delle uve, nonché il ricorso a surmaturazioni che inducano eccessiva alcolicità o dolcezza.
Normalmente, allo scopo di non alterare il quadro organolettico riveniente dalle uve e dal territorio di origine, tutte le fasi di vinificazione del vinino avvengono in contenitori di acciaio o di cemento e parimenti nelle stesse, o nel vetro, avviene l’affinamento, escludendosi invece la botte – di qualsiasi dimensione – qualora il suo eventuale utilizzo apporti tracce evidenti sotto il profilo organolettico.
Per rispondere all’esigenza dell’immediatezza di beva, il vinino viene normalmente posto in commercio nell’anno successivo alla vendemmia delle uve da cui trae origine; nel caso di più protratti affinamenti, in termini generali sono in ogni caso da escludersi fra i caratteri organolettici del vinino le sensazioni terziarie derivanti dal prolungato affinamento o dall’invecchiamento.
Per meglio individuare la corrispondenza ai caratteri essenziali del terroir d’origine, di norma il vinino viene prodotto nell’ambito delle previsioni delle denominazioni di origine o delle indicazioni protette, escludendosi in ogni caso i vini derivanti da uve provenienti da una pluralità di aree geografiche oppure, in linea generale, da vitigni non caratteristici dei territori di origine (ancorché non necessariamente autoctoni); fanno eccezione i vini che, a causa di lacune o di restrizioni normative, vengano ottenuti da vitigni storici o comunque da lungo tempo acclimatati nella zona di produzione, ma non ricompresi nelle varietà normate dai disciplinari dello specifico territorio, ovvero ricompresi solo in termini di apporto parziale.
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