1 luglio 2010

Lo Shiraz, il Sudafrica e i polli di Renzo

Angelo Peretti
A volte mi vien da sorridere leggendo qui e là delle bèghe fra presunti grossi e piccoli produttori di vino. Spesse volte, il grosso è più o meno indicato come il cattivo e il piccolo come il buono. Ma altrettanto spesso il grosso è in realtà dimensionalmente significativo per la zona o la denominazione di riferimento, ma appare invece come un nanerottolo quando lo si confronta con i veri colossi della commercio internazionale del vino. E in quest'ottica alla fin fine quegli estemporanei litigi appaiono come il beccarsi dei polli (eran polli? o capponi?) che Renzo portava all'Azzeccagarbugli: quelle povere bestie "intanto s'ingegnavano a beccarsi l'una con l'altra, come accade troppo sovente tra compagni di sventura".
A volte, a condizionare il mercato sono invece ditte pressoché sconosciute al grande pubblico (pur essendo i loro prodotti acquistati proprio dal grande pubblico, quello di massa), di cui non trovi traccia quasi neppure su internet (non è vero che c'è tutto sulla rete). Ma che tengono un atteggiamento particolarmente aggressivo dal lato del prezzo, sfruttando ogni marginalità, e influenzando le quotazioni all'ingrosso, e di conseguenza la redditività di tutta la filiera, a partire da chi fa uva. Altro che i polli di Renzo.
Facevo queste considerazioni assaggiando ieri un vino comprato sugli scaffali della Lidl: un Western Cape Shiraz Cabernet Sauvignon 2009, sudafricano, preso all'iperbolico prezzo di 1,99 euro. Tappato con la capsula a vite. Proviene dalla "world wine collection" d'un distributore tedesco: Vineris, con sede a Moers, Nordrhein-Westfalen. Azienda che rileva vino ovunque (anche in Italia: ho visto on line traccia d'un loro Nero d'Avola) e imbottiglia. E molto probabilmente imbottiglia proprio in Germania, se la D iniziale di quella microscopica sigla (faccio fatica a leggerla con gli occhiali!) che compare sulla retro - D-NW 170 002 - vuol dire, come credo, Deutschland. Ergo: il vino arriva in terra teutonica in cisterna, e lì finisce nel vetro, per poi esser distribuito nella gdo a prezzo popolare.
Che vino è?
Be', per quel prezzo è un vino più che dignitoso. Oserei perfino dire buono, sempre in relazione al costo. Non un vino indimenticabile, di quelli che ti regalano ondate di piacere, sia chiaro, ma comunque una bottiglia dall'interessantissimo rapporto qualità-prezzo.
Scuro di colore, si propone all'olfatto con un inconfondibile tono varietale di shiraz. In bocca ha potenza, concentrazione, un che di dolcezza fruttata (il cabernet), una pepatura tipica (lo shiraz ancora). Una struttura di non poco conto. E 14 gradi di alcol: così dichiara in etichetta, e potrebbe anche essere dichiarazione arrotondata per difetto, considerato il calore che avverti al palato.
Ecco, per chi non cerca finezza o eleganza, ma un solido vino da bere a tavola, be', è interessante, dicevo. A poco meno di 2 euro sullo scaffale.
Con questi ci si confronta. C'è chi dirà: purtroppo. Replico: perché purtroppo? Il mondo è piccolo - il villaggio globale, no? - è vino lo si fa un po' ovunque. C'è e basta. Bisogna tenerne conto. Per individuare le migliori risposte. Produttive e commerciali. Che non vuol necessariamente dire abbattere i prezzi e fare vino massificato: su quel fronte, si perde quasi sempre il match.
A proposito di match: il fatto che abbia scelto un vino sudafricano non ha nulla, ma proprio nulla a che vedere con i mondiali calcistici in corso (alla Lidl ci sono entrato perché volevo trovare un certo vino italiano di cui avevo visto la promozione in tv a prezzo decisamente basso: missione fallita). Ma alla fin fine l'analogia ci può anche stare: prendiamola sottogamba, la competizione mondiale, e poi vedremo che fine faremo, noi soloni del vecchio mondo.

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