Angelo Peretti
L'altro ieri, conversando in due momenti diversi con due diversi produttori ho ricevuto un identico parere: c'è una tendenza di mercato che premia i vini più leggeri e bevibili. Quelli che io chiamo i vinini, insomma, e che adoro. Epperò questa mia adorazione non è importante: quel che conta è altro. Ossia: è vero che c'è questa tendenza?
Può essere, ma non ne sono così convinto.
I sostenitori della tesi portano a supporto d'una (presunta) inversione di tendenza dal vinone all'easy to drink fattori quali la crisi economica (i vini meno concentrati hanno prezzi più bassi), la fobia per i controlli alla guida (ci si illude che 12 gradi di alcol abbiano effetti diversi rispetto ai 14, ma alla fin fine è poca cosa), addirittura uno scarto di gusti dei consumatori (oggi non amerebbero più alcol, tannino e concentrazione), oppure il fatto che comunque il consumo di vino si è spostato dal ristorante alla mensa domestica (e pertanto si preferirebbero vini più adatti al cibo quotidiano). Tutto verosimile. Ma - ripeto - non mi convince fino in fondo questa tesi. Della cui veridicità sarei invece ovviamente felice.
Chi mi segue da qualche tempo sa che dei vini della piacevolezza e della bevibilità e dell'abbinabilità sono un fan scatenato. Ma ho dei dubbi sul fatto che effettivamente siamo in presenza di un'epocale variazione di gusto da parte dei bevitori a livello globale. Non ho dati concreti che lo dimostrino. Fatte alcune debite eccezioni, non mi pare che ci siano questi straordinari trend di crescita dei volumi venduti da parte delle denominazioni più "beverine". Anzi: qualcuna è proprio impiantata, con volumi in stallo e prezzi in caduta libera.
Non ho numeri, statistiche, cifre che confortino la tesi d'una nuova supremazia commerciale del vino leggero. Da quel che leggo, dovrebb'esser vero che, per esempio, negli Stati Uniti si bevono meno top wines, ma il consumo mi pare si sia spostato verso rossi che costano meno, ma sono comunque concentrati: i Malbec argentini, per esempio. Dunque, rimarrebbe la tendenza verso la muscolarità del vino. Altro che vinino.
E poi c'è la faccenda di Bordeaux: perché mai, se la tendenza fosse all'incontrario, si esalterebbe, come invece si sta facendo a colpi di copertine, in America e nel Regno Unito, un'annata come quella del 2009, che ha come tratti distintivi appunto concentrazione, tannino e alcol? Per carità: ci sarà anche equilibrio, ci sarà anche armonia in quei Bordeaux - non discuto - ma siamo nella direzione del vinone. Che dunque ancora impera. E impererà, se le potenti macchine da guerra della stampa internazionale si muovono così nettamente e decisamente in quella direzione. A meno che si sbaglino. Ma allora saremmo alla vigilia dell'estinzione dei dinosauri. E mi par difficile crederlo.
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