24 giugno 2010

Troppa burocrazia in cantina: a chi serve?

Angelo Peretti
Stimo Giancarlo Prevarin (è lui nella foto qui accanto), riconfermato presidente dell'Associazione degli enologi e degli enotecnici italiani (congratulazioni), soprattutto perché è persona che non te le manda a dire: se deve farti un'osservazione, te la fa, e questo è un grande pregio. Dunque è facile capire perché mi capiti di leggere sempre con interesse gli editoriali che firma su L'Enologo, la rivista della categoria. Stavolta, sul numero di giugno, che m'è appena arrivato, c'è un titolo esplicito: "Assurdo ma vero: un tecnico dedica il 25% del suo tempo alla burocrazia".
Ecco, sì, questo è uno dei punti nodali d'ogni analisi che si faccia sul sistema-impresa in Italia, e mica solo nel mondo del vino: l'oppressione burocratica. Che nel settore vitivinicolo rischia peraltro d'essere talmente asfissiante da mettere in ginocchio soprattutto - a mio avviso - le piccole e medie realtà.
Ricorda Prevarin che nell'ambito del congresso nazionale dell'Assoenologi tenutosi di recente a Venezia il direttore Giuseppe Martelli "denunciò che le aziende vitivinicole italiane hanno come interfaccia ventuno uffici differenti". E si fa una domanda che resta senza risposta: "Perché?"
Rammenta poi che già nel 2007 la sua associazione "ha fatto un'indagine che ha messo in luce che, mediamente, un tecnico di cantina deve dedicare il 25% del suo tempo ad aspetti burocratici. Un impegno inammissibile, con costi indiretti enormi". E pone la questione così: "E tutto questo a che fine? Possibile che i controlli (e siamo i primi a dire che devono essere fatti in modo trasparente e corretto) non si possano sinergicamente armonizzare? Nell'era in cui con un satellitare si riesce ad individuare quanti operai lavorano in un cantiere stradale, il settore vitivinicolo deve seguire ancora le solite vecchie procedure? È inefficienza o interesse di qualcuno?"
Condivido l'interrogativo. O meglio, gli interrogativi.
Non sono a favore della deregulation selvaggia, sia chiaro: occorre comunque avere delle regole che traccino i contorni da cui non è possibile uscire, nell'interesse di tutti, dal produttore al consumatore. Ma troppe volte ho sentito i politici, negli anni, parlare di semplificazione, di sburocratizzazione, di dematerializzazione, inutilmente. La nuova Organizzazione comune di mercato doveva aprire la strada ad uno snellimento complessivo, e invece non vedo profilarsi, almeno per ora, nulla di concreto, se non un continuo sovrapporsi di ruoli, funzioni, pratiche, incartamenti, controlli, orpelli. Temo che molte piccole aziende rischino di essere vicine al collasso. E ripeto dunque la domanda finale di Prevarin: "È inefficienza o interesse di qualcuno?"
Se fosse inefficienza, è necessario che si faccia presto ad efficientare il sistema, prima che salti. Se fosse interesse, allora urge metterlo in luce, quest'interese, per capirlo, valutarlo, analizzarlo.

2 commenti:

  1. Vero quello che dice Prevarin.

    Giuseppe Zonin Presidente del Consorzio Gambellara, ci aveva detto in un recente consiglio che la sua azienda aveva fatto un'analisi dei costi di produzione e, risultato quasi il 30% del costo di produzione relativo alla burocrazia.

    Se vogliamo possiamo vincere noi, non facendo più vino certificato e facendo chiudere queste aziende che stanno soffocando (complice la crisi)la grinta delle piccole aziende. Le norme europee prevedeono controlli a campione. I nuovi enti privati che controllano la produzione italiana lo fanno sistemanticamente e non a campione. Parlando con un funzionario della repressione frodi, mi evidenziava la necessità di eseguire controlli sistematici sulle doc a rischio frodi come prosecco, valpolicella e tutte le tipologie di pinot grigio. Ma per le altre doc, che sopravvivono per orgoglio dei produttori e niente più, i controlli a campione sarebbero più che sufficienti.
    Certo che vincere la partita non certificando più i vini non è la soluzione ma potrebbe essere un'arma per far riflettere.

    Con l'annata 2010 probabilmente i nuovi controllori prenderanno a controllo anche la grande fetta della produzione, ovvero le i.g.t., e allora si che fattureranno molto, con ulteriore aggravio dei costi per produttori e imbottigliatori.

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  2. Vero, con la vendemmia 2010 anche gli igt saranno controllati, ma questa è la conseguenza, non ancora capita da tutta la filiera vitivinicola italiana, del passaggio al panorama normativo delle dop e delle igp. Talmente non capita che praticamente nessuno usa queste indicazioni europee. La soluzione alternativa è quella del vino da tavola, sul quale mi aspetto che taluni marchi affermati comincino a tuffarsi prima o poi.

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