18 gennaio 2009

B come brett: la fobia del brettanomiceto

Angelo Peretti
Ma guarda i casi della vita. Avevo letto un paio di giorni prima, sul numero di gennaio di Decanter, un articolo di Linda Murphy, ed ecco che mi trovo in una sorta di situazione curiosamente simile.
Il pezzo era "Don't mention the B word". Cioè: "Non menzionate la parola B".
Raccontava la giornalista di quel che le era accaduto a una degustazione i primi anni della sua carriera. Un produttore le aveva chiesto cos'avesse trovato d'interessante. Lei: "lo Chateaunef-du-Pape 1989 di Chateau de Beaucastel". Al che lui: "Deve amare il brett".
Ecco, il brett. Il "nemico della moderna enologia". la B word neppur da nominare. Eppure...
Ne abbiam parlato a tavola, a casa di vignaioli del "mio" lago di Garda. Bel conversare con bella gente. Tra le bottiglie aperta, il Beaucastel '90. E il produttore a dire che non sapeva se versarlo nei bicchieri, perché... "Perché sa di brett", ho detto. Già, proprio Beaucastel (vabbé il '90, mica l'89 di Linda Murphy, ma siam lì) e proprio quell'odore da brettanomiceti. I brettanomyces: lieviti che s'insinuano in cantina, attaccano le botti, quelle vecchie soprattutto, e cambiano il profilo sensoriale del vino. E quando ci van giù duri, vengono fuori puzze sull'immondo. Però altre volte...
"Sebbene non sapessi allora cos'era il brett - scrive Linda Murphy -, adoravo quel carattere terroso, di pellame, di pancetta affumicata e di spezie, quel frutto carnoso e quella solida struttura". E allora come te lo spieghi che oggi è il pericolo pubblico numero uno nelle cantine e cantinone e cantinette di mezzo mondo? Che solo a sentirlo nominare viene il mal di pancia ai vigneron? Che temono la contaminazione più d'una grandinata tardo estiva?
Occorre distinguere. Un conto - e tiro in ballo ancora Decanter - son certi effetti per così dir "controllati" dei brett. Insomma: finché un vino austero tira fuori note di terra e pellame e carne affumicata e tabacco e tartufo e chiodo di garofano e altre spezie ancora, be', si dirà mica che è un difetto. Certo che quand'invece dà puzze di pollaio, letame, cerotto, cane bagnato, sudor di cavallo, piscio di ratto, allora no che non va.
E dunque ecco che nelle cantine ci si divide: chi teme il brett e fa di tutto per eliminarlo, chi invece ne cerca un pochetto per avere maggior complessità, e chi semplicemente "quel che viene viene", dicendo che alla fin fine il vino "sa di terroir".
Per me, non mi straccio le vesti se in un vino vecchiotto e dal carattere netto ci sento un po' di brett. Mica lo cerco, sia chiaro. Ma in certe vecchie bocce - che so, Barolo, Bordeaux - non me la sento di dir che non mi va. Vini che abbiano personalità, chiaro. Ché la pulizia nel bicchiere mi piace. Ma non quand'è tanto artificiosa da somigliare alle tette delle attricette ritoccate col Photoshop. E dunque, e sto con Linda Murphy: quando l'effetto è contenuto, il tollerare o meno il brett è questione soggettiva.
Ma il cantiniere è all'erta. Se volete scandalizzarne uno, mentre tastate, chiedetegli perfidamente: "Ma non sa un po' di brett?" Diventerà paonazzo. Ah, ricordate: effetto opposto se avete davanti un mastro birraio, ché le grandi birre lambic fermentano col brett.
A proposito: com'era - si chiederà magari qualcheduno - quel Beaucastel '90? Non indimenticabile, ma terroso e animalesco, e l'ho bevuto, il mio bicchiere.

8 commenti:

  1. "Quel che voi chiamate tradizione, noi chiamiamo difetto". Era il 1994, o anche prima, e il personaggio Daniel Thomases. Il brett all'epoca non era così di moda come adesso, ma ricordo i produttori fare un salto sulla sedia quando lo sentirono parlare così, il degustatore-quasi-capo di Veronelli. Ma come?? i recioti che san di salame, allora...? quei profumi di cantina, allora...? sono difetti?? non pregi, caratteristiche, territorio, TRADIZIONE??? oddio...!! La rivoluzione nelle cantine partì (per qualcuno: non per tutti) anche da prese di coscienza come queste.
    Quanto al brett, è come - quasi - la botrytis: c'è chi la fugge come la peste, chi la tollera abbastanza di buon grado (ma solo sul Recioto) e chi "come viene, viene". Così il vino sa più di terroir. Appunto.

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  2. Che la buccia di salame sia piacevole, questo no.
    Però, 'sto cercare la perfezione a tutti i costi... Mi sa come la chirurgia plastica.

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  3. Dici bene: grandi lambic (e geuze, e kriek) e grandi brett. Io faccio il tifo per loro :-)

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  4. Già: che ne sarebbe di certe birre senza il brett? E perché mai il brett dev'essere sempre e solo cattivo? Come gli indiani nei film western.

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  5. Se pensiamo alle spremute di Quercia tanto in voga in certi vini..
    o alle tre dita di muffa sulle botti del Tokaij..
    Non credo di aver mai avuto esperienze di vini afflitti da B, forse a parte un Trebbiano d'Abruzzo famosisimo e costosissimo un tre anni fà a Monteforte a "Tutti i Colori Del Bianco", e a volte sento parlare della mitica "Merde de Poule" di certi vini di Borgogna, che spesso vengono dati come "caratteristiche", insomma, mi viene da pensare che su certe tipologie di vino, un pizzico di Brett sia come una spezia preziosa....

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  6. Già. Confesso che piuttosto dell'inossidabile legno da barrique che si avverte così nettamente anche a distanza di tempo in certi vini anni Novanta, un pelino di brett lo accetto. Dipende dal vino, ovviamente. Capisco, sembra una guerra tra poveri, ma ritengo meno peggio una puzzetta da brett che non un aroma aggiunto da tostatura.

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  7. Un po' di puzza non ha mai fatto male a nessuno. Rifuggo piuttosto gli algidi ed anonimi vini che ormai non riusciamo più a capire da dove vengono, tanto la tecnologia, i lieviti e tutte le altre diavolerie aggiunte ce li consegnano tutti belli, come le modelle di una sfilata di Armani. Però lontani, come le modelle medesime. Allora un pizzico di brett, una ossidazione controllata, qualche spigolosità di troppo, se inseriti in un contesto in cui sono sostenuti da altri valori, non devono creare imbarazzo a nessuno.

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  8. Concordo, Mario, assolutamente. Troppi vini perfettini in circolazione: bibite alcoliche iperfruttate e supertanniche. Nessuna emozione.

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