Angelo Peretti
Se avrò tempo, nell'aprile del prossimo anno - manca una vita - ci andrò anch'io a quell'Assemblea delle Biodiversità del Mezzogiorno che Luciano Pignataro (nella foto), bravissimo giornalista e blogger partenopeo, e prima di tutto bella persona, ha in animo d'organizzare. Ci andrò a maggior ragione avendone letto quella sorta di manifesto ideale ch'è contenuto sul suo portale e che chi vuole - e lo consiglio - può leggere per intiero cliccando qui. Per gli altri, più pigri, riporto due passaggi. Emblematici.
Il primo è questo: "Secondo voi cosa è più pericoloso per la sopravvivenza delle 45 specie di fagioli nel Parco Nazionale del Cilento? I fagioli borlotti in scatola o i fagioli di Controne? E per la sopravvivenza del Piedirosso? Il Cabernet Sauvignon o l'Aglianico? Da un punto di vista commerciale globale, immediato, sicuramente le 45 specie e il Piedirosso hanno da temere maggiormente dai borlotti e dal Cabernet, ma sul piano ideologico, di prospettiva, la concorrenza della tipicità citate è di gran lunga più insidiosa e determinante".
Il secondo è questo: "Chi osteggia l'omologazione del gusto e il processo di globalizzazione gastronomica trova scudo più facile e immediato nella forza di uno o due tipicità per fermarlo: diciamo il Fiano piuttosto che lo Chardonnay, il pomodorino del piennolo piuttosto che il Roma. Il rischio culturale di questo atteggiamento è quello di rispondere con una semplificazione ad una semplificazione con l'ottenimento dello stesso risultato: la distruzione della biodiversità. Chè è noto il processo imitativo delle campagne, restie alle novità e rapide nel cambiamento appena il vicino inizia a fare reddito con un prodotto o una tecnica diversa".
Parole sante. Anzi, sacrosante.
Nel momento in cui un prodotto "tira", una tipicità "vende", tutti a piantarla, a coltivarla, ad allevarla. Estirpando, annientando, annullando altre tipicità. Nell'attimo in cui una tecnica produttiva - vedi l'appassimento in Valpolicella - dà risultato, tutti a seguirla ciecamente. Col risultato d'una buona redditività di breve periodo e un crollo reddituale a medio-lungo.
Attratti e ingolositi dal prezzo, si va a copiare il prodotto di successo. Ma la legge dell'economia è implacabile: quando l'offerta supera la domanda, il prezzo crolla. Inevitabilmente. E intanto quel che poteva essere la produzione alternativa, storica e tradizionale, se n'è finita nel dimenticatoio. Magari estinta.
Cosa che fa dire a Luciano - ma non nell'articolo sopra linkato, bensì su Facebook - che "la tipicità è la migliore alleata della omologazione del gusto". Letto, approvato, sottoscritto.
da sottoscrivere in toto, magari chiedendosi quale sia la risposta equilibrata ( più che corretta) a un rischio del genere, di uccidere la biodiversità in nome del "tipico"...
RispondiEliminaSarà interessante discuterne.
MG