12 settembre 2009

Bere Luganega dalle vecchie mezzane

Angelo Peretti
Una volta, quando i giornali si componevano "a mano" e nelle tipografie c'era la figura del proto, il "capo", il controllore delle bozze, si diceva che di tanto in tanto un diavoletto birichino di divertisse a ingarbugliare le cose. Soprattutto in estate, quando negli stabilimenti tipografici il caldo faceva perdere la concentrazione. Ora invece c'è il correttore automatico a complicare la vita: se non lo controlli, ne fa di tutti i colori.
Ora, che siano d'attribuire alla stagione calda o al correttore automatico, i refusi che ho trovato sul numero di luglio e agosto d'un mensile (luglio e agosto per un mensile? mah!) che ha "passione" per il vino, m'hanno fatto sorridere.
Ho preso il magazine perché m'incuriosiva un'inchiesta sui wine bar di Verona. Tema: "Bere sì, bere no, bere come". E ci ho trovato tutta una serie d'interviste a gestori d'osterie veronesi e soavesi.
Una delle domande poste agli osti era: "Proponete abbinamenti particolari vino-cibo?"
Al che, leggo, uno degl'intervistati avrebbe dichiarato d'abbinare ai formaggi un Valpolicella o un Amarone Superiore. Il che è francamente impossibile: il disciplinare, grazie al cielo, non prevede alcun Amarone "Superiore".
Lo stesso dicasi per la successiva dichiarazione, che cito testualmente: "Carpacci di mare con bianchi freschi come Custoza, Luganega o Soave". Urca: abbiamo un nuovo bianco, il Luganega. Sino ad ora, per me la luganega era una salsiccia fresca, da cuocere alla griglia o in padella. Tipica del Trentino, ma anche di certe parti del Veneto, Verona compresa. Vuoi vedere che ora la fanno liquida e l'imbottigliano? O forse volevan dire Lugana e il correttore automatico ha fatto la sua parte?
No, no. Non sono aggiornato io. Qualche Luganega doc deve pur esistere se un successivo intervistato dice: "Offriamo abbinamenti con i vini locali, Valpolicella, Chiaretto di Bardolino e Luganega con piatti di carne". Al che vado in crisi: pensavo di saper tutto o quasi sui vini "locali" veronesi, e invece eccomi qua che della denominazione Luganega non conosco un bel niente, e vengo a saperlo da un giornale.
Ma la più bella è questa, testuale: "Sono tornate in auge le vecchie mezzane". E adesso capisco il perché dei blitz del sindaco Tosi contro la prostituzione esercitata negli appartamenti. Le vecchie mezzane, quelle che gestivan le "case chiuse" da taluni rimpiante, son tornate alla moda. Ma la legge, quella nota col nome della senatrice Merlin, mica lo permette.
O si trattava di mezzine? Di mezze bottiglie? Sì, forse erano quelle, ma è meglio chiarire. Sennò scattano i controlli della "buoncostume" al ristorante.

6 commenti:

  1. ...non ho parole! più che "passione" direi restando a Verona...l'è na passion! ciao Bernardo

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  2. Mah, una cosa che mi fa pensare molto sulla comunicazione vinicola, oggi, in Italia. Ne parlano (ne parliamo) in tanti, ma come ne parlano (ne parliamo)?
    C'è da stupirsi se le vendite della testate enoiche sono tanto basse? Se non c'è una testata di riferimento come nel Regno Unito o negli Stati Uniti? Se dobbiamo mutuare i linguaggi da cultura diverse dalla nostra?
    E i lettori, quanti e quali sono i lettori davvero interessati, coinvolti?
    Non è che il tutto è ristretto a una nicchia autoreferenziale, che si autolimenta o cerca di farlo? E a una pletora di produttori che cercano affannosamente un po' di visibilità, chiunque sia a dargliela e in qualunque maniera?

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  3. Caro Angelo credo che quello che scrivi sia il vero dramma di questo mondo del vino. Io ci sono appena entrato e in punta di piedi. Eppure mi sono accorto che è pur vero che esiste un modo di comunicare che a volte mette in evidenza una imbarazzante mancanza di formazione di base. Forse in troppi si sono riscoperti comunicatori del vino in tempi dove il nettare di bacco faceva furore e tutti ne potevano beneficiare. Oggi è più difficile e resistono solo coloro che hanno scelto la professionalità e soprattutto la formazione. Anche i produttori sono cambiati. ormai sono pochi i guru che entrano in azienda e fanno il bello e cattivo tempo...anche i semplici viticoltori si sono disincantati! E meno male...in troppi credo se ne siano approffitati di loro.
    Comunicare oggi è sempre più complesso e ha ormai superato i canoni tradizionali a cui eravamo abituati. Cambiano gli strumenti e gli atteggiamenti. Cambia l'approccio e si consolida una maggiore interazione tra produttori e operatori della comunicazione. Più serio e professionale. Non si colpisce più solo con effetti speciali. La sostanza a mio avviso sta prendendo il sopravvento. Vedi cosa hai combinato tu nel Bardolino!

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  4. SEGUE...

    Il rischio oltretutto è che ci si parli addosso...che siamo sempre quelli...che si cada nell'autoreferenzialità... Non so forse mi sbaglio ma vedo che l'umiltà intelligente ed efficente vale molto di più dell'incanto delle parole. Il più bel complimento che ti possa fare un produttore è quello di essere "alla loro portata", senza oblii di soggezione, senza strafottenze inutili. Io credo inoltre utile essere anche dalla loro parte. Apprezzando e criticando il loro lavoro, ma sempre con grande rispetto. A volte invece vedo superficialità nella comunicazione di un vino. Voluttuosità intellettuali che si staccano dall'essenza di una cantina e dei loro uomini per cercare l'autocelebrazione intepretativa retorica. Non so forse mi sbaglio ma io inseguo la prima strada...è meno rumorosa ma alla fine lascia un solco profondo e non solo un segno!
    Ciao Angelo

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  5. peccato, davvero peccato
    che la ristorazione non sia aiutata ad uscirne

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  6. Mah, mi sa che l'unica è cercare di far bene la propria parte, e tirare avanti: tanto, chi non ha i requisiti finirà abbastanza inevitabilmente per essere eliminato. Ma che fatica: qui è un continuo remare contro corrente.

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