Angelo Peretti
Quel che trovo straordinario dei rossi di Bordeaux è che il tempo passa e loro mettono sì qualche ruga, ma questo li rende ancora più affascinanti, ché rimangono giovanili nell’essenza, acquistando maturità. Come le pieghe che segnano il volto accanto agli occhi, o alla bocca, d’una donna. Bella di suo. Rendendone però ancora più radioso il sorriso. Uff, che roba che fa scrivere il vino! Ma non posso evitarlo dopo l’esperienza di ieri sera.
Racconto. Cena semplice in casa. Voglio bere un bicchiere. Scendo in cantina. Cerco un rosso. Non ho voglia né di vini giovani, né di vinoni, eppoi stappare una bottiglia è un po’ tanto, da solo. Guardo nella scaffale dei Bordeaux e trovo una mezzina d’un Pomerol del ’62, che avevo comprato all’asta in mezzo ad altre bottiglie. Chateau Franc Maillet.
Una mezzina del ’62? Chissà. Ma tant’è, ormai ho deciso: la stappo.
Tappo quasi integro. Colore ancora bellissimo, solo leggermente tendente al granato. Naso tra il fruttino quasi acidulo e la liquirizia. Bocca fresca, lievemente tannica, ancora su toni di fruttino e poi con una bella prugna cotta che si fa largo. Direi che rimanda al merlot. E ha, credetemi, gran bella beva.
Felice di avere stappato la bottiglina, accidenti.
Guardo poi la guida ai vini di Bordeaux di Robert Parker. Mette Franc Maillet fra i nomi più adatti alla lunga conservazione in cantina. Ed è soprattutto merlot. Appunto.
Sia lode a Pomerol, a Parker, al merlot, a chi volete voi. Soprattutto al ’62, che offre talvolta bellissime emozioni.
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