Angelo Peretti
Non se n'è ancora accorto quasi nessuno, ma dal primo di agosto è cambiato molto, moltissimo nel mondo del vino. Alcuni sono cambiamenti del tutto contingenti, altri invece ancora potenziali, ma, ritengo, inevitabili. Il fatto è che è entrata in vigore la nuova ocm, la nuova "organizzazione comune di mercato", le nuove norme europee sul vino, insomma. E sono regole. non dimentichamolo, per la gran parte dettate dai paesi consumatori, mica da quelli produttori. E impongono una mentalità diversa da quella tradizionale. Che cosa succederà davvero, è difficile dirlo. Però intanto alcune cose si toccano già con mano.
Una prima novità è già accaduta. I consorzi di tutela non hanno più potestà diretta sul controllo della produzione. Ci pensano degli enti certificatori terzi. Una gran parte delle denominazioni si è affidata ad un mega ente nazionale. Altri hanno scelto soluzioni locali. In entrambi i casi c'è una conseguenza immediata: meno quattrini in entrata nelle casse consortili. E dunque c'è la corsa a piazzare il personale, ché non ci sono più soldi per pagarlo. E chissà se ci saranno per fare promozione. In ogni caso, pare evidente che la gran parte dei consorzi oggi esistenti rischieranno di chiudere bottega: mica facile cambiar pelle.
Secondo: sono arrivati dall'Europea i fondi per la promozione. Se n'è fatto un gran can can. Ma si possono usare solo per attività verso i paesi extraeuropei, e con budget di spesa, finanziata al cinquanta per cento, di importo abbastanza sensibile: roba dai centomila euro in su, come minimo. Vuol dire che potranno accedervi praticamente solo i grandi gruppi industriali o comunque le realtà commercialmente molto strutturate. Dunque, inutile illudersi da parte dei piccoli produttori o delle piccole denominazioni.
Terzo: con la prossima vendemmia, o meglio, con la vendemmia in corso, varranno le nuove regole. Il che vuol dire che a essere oggetto di controllo non ci saranno più solo i vini doc e docg, ma anche gli igt. Mentre i vini da tavola potranno scrivere in etichetta l'annata di produzione (e anche il vitigno, se si tratta di uve internazionali). La faccenda non è certamente di poco conto, perché scatena nuove forme di concorrenza e potrebbe stimolare la fuga dalle denominazioni. Mi spiego. Mettiamo che ci sia un'azienda dal marchio molto, molto noto. Chi glielo fa fare a questa di continuare a imbottigliare il proprio vino col nome della doc o sotto le nuove norme dell'igt? Adesso che in etichetta può scrivere annata e vitigno, tanto vale che faccia un vino da tavola. Senza alcun controllo, a costi nettamente inferiori, con una flessibilità operativa (capite cosa voglio dire?) incredibile.
Quarta novita. In etichetta si può scrivere indifferentemente doc o dop. E così pure igt o igp. Di fatto, la denominazione d'origine controllata del vino è perfettamente equiparata alla denominazione d'origine protetta dell'olio, del formaggio e via discorrendo. E così pure per l'indicazione gografica. Ho detto indifferentemente, ma in verità si tratta d'una scelta non indifferente, e scusate il bisticcio di parole. In primo luogo, perché se si sceglie di scrivere dop o igp al posto di doc o igt occorre che tutte le scatoffie burocratiche, già dalla vendemmia, abbiano la nuova indicazione, ma questa è solo burocrazia di cantina. In secondo luogo, perché può essere che in certi paesi importatori il marchio dop sia più attraente di quello doc, e dunque sarebbe già il caso di pensarci per bene. Già, ma come fare con una normativa che sta solo adesso cominciando a uscire dalle nebbie delle prime interpretazioni?
Ecco: direi che queste sono le prime quattro grosse novità arrivate, direttamente o indirettamente, con la riforma. Può sembrar poca cosa. A me sembra già moltissimo. Eppoi mi pare ovvia un'altra considerazione: un paio d'anni, e il sistema vino in Italia sarà un'altra cosa rispetto ad oggi. Meglio o peggio? Mah.
Dop, Doc, Docg o Vini da Tavola sono, dall'attuale vendemmia 2009, cambiamenti che spingeranno le aziende a percorrere strade diverse e ... nessuno saprà dove queste strade porteranno. Una nuova "scoperta", almeno nella regione del veneto, arriva per lo smaltimento e/o conferimento della vinaccia (raspi, vinaccioli e bucce d'uva). Argomento poco trattato ma, che vede da vendemmia 2009, non più l'obbligo di conferimento della vinaccia ad aziende distillatrici ma la possibilità di gettarla tra i vigneti, cosa che sino all'anno scorso era rigorosamente vietato perchè considerato inquinamento, con eventuali sanzioni importanti. Da oggi, solo chi produce vini dai propri vigneti può smaltire la vinaccia nei propri vigneti, chi acquista un solo chilo d'uva da altri deve conferire l'intera vinaccia ai distillatori, dico l'intera perchè è obbligo conferire anche quella prodotta dai propri vigneti. Non bastasse l'obbligo, mentre sino all'anno scorso la vinaccia veniva pagata ad un prezzo irrisorio di 90 centesimi di euro a quintale, oggi ogni azienda dovrà pagare 7,00 Euro a quintaleper consegnarla. Ma allora, tutte le grappe che berremo in futuro verranno messe in commercio ad un prezzo di - 3,00€ ed anche in questo caso, chi effettivamente ci guadagna da una legge europea così idiota? Le aziende distillatrici incolpano le associazioni di categoria come la coldiretti, la coldiretti incolpa di "Aver Fatto Cartello" le aziende distillatrici ma, in realtà chi paga sono i produttori ma, a chi?
RispondiEliminaVero: quella delle vinacce è un'altra novità introdotta post Ocm. Ma lo smaltimento non è al momento regolato nella stessa maniera in tutte le regioni. La prima ad essersi mossa mi sembra sia stata proprio quella del Veneto. E chissà se il provvedimento resterà tal quale, perché qualche problemuccio interpretativo si pone, e il commento qui sopra lo evidenzia chiaramente.
RispondiEliminaCerto è che se i viticoltori se la passano male e se i produttori di vino non esultano di gioia di fronte all'attuale congiuntura, neanche i distillatori stanno vivendo un gran momento. I consumi di superalcolici sono in caduta libera: dove piazzare tutto quell'alcol?