24 settembre 2009

A Cà del Bosco

Angelo Peretti
Andare a Cà del Bosco ti toglie il fiato. Com'è bella quella cantina, immersa nel verde delle vigne e del boschetto. La stradetta che sale in mezzo ai vigneti. La sede avvenieristica, zeppa d'opere d'arte contemporanea, d'installazioni geniali. Qualcuno dei miei miti della fotografia che ha scattato proprio lì.
Tenuta a specchio. Tecnologicamente all'avanguardia. Moderna cattedrale del vino, viva e vivificante, a tratti oserei dire sacrale. Quella sacrale, percepibile presenza del tempo che scorre, lento, e contribuisce a far nascere e maturare il vino, fra luci appena accennate e silenzi. Oh, sì, il vino. Quelle bottiglie, l'essenza del tutto, la sua spiegazione. Nulla ci sarebbe, qui, senza il vino.
A dire delle bottiglie qui ti vien l'imbarazzo, ché in Franciacorta non vogliono sentir parlare di spumante, di metodo classico, di bollicine. Franciacorta e stop, si dovrebbe scrivere. Ma allora devi seguitare a ripeterti, e sei - dicevo - proprio un pochettino in imbarazzo nell'esprimerti. E sia: le bottiglie di Franciacorta. Ne ho tastate tre, una meglio dell'altra per via di fascinazione. In una bella giornata della prima decade di settembre, quando sono stato ad Erbusco: vendemmia per le basi già terminata, ché l'annata è stata calda e la raccolta, dunque, anticipata.
Adesso mi ci provo a raccontarle. Tirando fuori gli appunti dalla Moleskine, così come li ho buttati giù assaggiando. Pregasi di far attenzione al terzo vino: capita mica spesso di averla una bottiglia così.
Franciacorta Dosage Zéro 2004
Sboccatura dicembre 2008. Bolla bellissima nel bicchiere. Naso di nocciola, crosta di pane - tanta -, crostata di ricotta, leggere note di tostatura. Alla lunga, vene balsamiche. Bocca tesissima, quasi affilata, eppure succosissima di piccolo frutto, di ribes. Ribes bianco e poi ciliegia acerba. Albicocca un po' indietro. Florealità estiva. Lunghezza notevole. Scaldandosi un po' nel bicchiere, ecco che salta fuori il cassis, netto. memorie quasi agrumate di arancia (candita). Mandarino. Eccellente.
Tre lieti faccini :-) :-) :-)
Franciacorta Brut 2004
Trenta per cento di pinot nero, dieci di pinot bianco, sessanta di chardonnay. Tanta crosta di pane appena sfornato. Leggere, accattivanti note citrine. Alla distanza, all'olfatto escono il nespolo del Giappone, il litchie. Bocca più ampia ancora nei caratteri fruttati. Albicocca, pesca, agrumi. Succosa. Personalità. Vino dalla grande, grande polpa. Poi ecco la clementina, il mandarino. Il piccolo frutto rosso di bosco.
Due lieti faccini e quasi tre :-) :-)
Franciacorta Millesimato 1979
Il prototipo di quel che sarebbe diventato l'Annamaria Clementi. Tenuto in punta trent'anni, sboccato à la volée apposta fuori, sul patio. Il primo Franciacorta millesimato di Cà del Bosco, in scuola enologica francese. Era chardonnay - coltivato a sylvoz - per l'ottanta per cento, poi pinot bianco e nero in egual misura. Tappo non felicissimo: muffe. Ne risente l'approccio olfattivo, che a tratti è comunque terziario, minerale. Colore solo leggermente carico di giallo. Oro antico. Decadente e fascinoso. La bocca è bellissima e terrosa, lievemente torbata. Poi spezie, zafferano soprattutto. Nocciola tanta, un po' tostata. Cremoso. Crema inglese, leggero caramello, accenni di zabaione. Avvolgente. Acidità ancora piuttosto vivace. Se ti capitasse una bottiglia col tappo che ha tenuto meglio sarebbe fantastico.
Due lieti faccini :-) :-)

2 commenti:

  1. Personalmente il Dosage Zero è il mio preferito in assoluto sopratutto per pasteggiare lietamente su una moltitudine di pietanze che sconfinano anche dal solito pesce.

    Chi l'ha provato poi non è tornato più indietro.

    Un saluto
    Angelo

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  2. Concordo: può dare (piacevole) assuefazione

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