16 gennaio 2012

Ciao, Bepi

Angelo Peretti
Faceva freddo, ieri sera. Più freddo delle altre sere. Forse arriva l'inverno. Stavolta arriva davvero, credo.
Mi si è fatta gelida la sera quand'ho saputo che il Bepi se n'è andato. Giuseppe Quintarelli è morto. Con lui scompare l'Amarone della tradizione. E muore l'idea stessa di classicità valpolicellese. Senza se e senza ma. Un'epoca è finita. Per sempre.
Gino Veronelli fra le sue ultime cose lasciò scritto del suo "inginocchiarsi di fronte a una bottiglia di Amarone della Valpolicella Classico Superiore Monte Cà Paletta 1978 e memorare i poeti". Ecco, capita, stappando un vino del Bepi, che si resti attoniti. Davanti, intendo, a quei vini così possenti, eppure anche così eleganti. La finesse, dicono i francesi, la finezza. Coi vini del Bepi capisci che la finezza è tanto. Tanto.
Capiterà ancora, fortunatamente, di godere dello stupore di questi sorsi, ché i suoi sono vini che sanno sfidare il tempo, e lo faranno a lungo se si avrà la pazienza di aspettarli. Occorre pazienza, come l'aveva lui ad attendere il vino, che si compisse. Anni.
Avrei voluto, ieri sera, d'acchito, scendere in cantina a prendere una bottiglia di quelle del Bepi. Per ricordarlo con uno dei suoi rossi. Ho poi deciso d'attendere. Forse l'attesa è il miglior ringraziamento che io gli possa tributare.
Il resto sta nei miei ricordi.

4 commenti:

  1. Brutta notizia Angelo.

    E' partito uno dei migliori.

    Uno dei pochi con il coraggio di mettere in vendita un Valpolicella Superiore non prima dei dieci anni di invecchiamento.

    Come dico sempre ai miei amici, quando in una carta vini non sai che rosso scegliere e vedi Quintarelli, prendilo, non sbagli mai, sia qualitativamente e sia economicamente.

    Le qualità e la finezza dei suoi vini, fanno si che il prezzo sia addirittura basso.

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  2. Sono d'accordo con te, Stefano. A molti il prezzo dei vini di Quintarelli è sempre sembrato alto, e in effetti non è da tutte le tasche, ma è invece più che corretto in confronto a vini di pari dignità che vengano dalla Francia.

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  3. Non ho mai avuto la "spinta" di comprare una bottiglia di Quintarelli, quindi non "conosco".
    Quello che hai scitto mi ha commosso.
    Spero di poter assaggiare uno dei suoi prodotti quanto prima, stappandola in suo onore.
    E' quello che ho fatto la scorsa settimana con una bottiglia di Montevertine, in onore di Giulio Gambelli.
    Purtroppo questo è un brutto momento per l'enologia italiana, ci stanno lasciando i padri del vino italiano.
    Speriamo che i figli abbiano imparato la strada.

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  4. Ieri parlavo con uno dei "figli". Dicevo il mio pensiero, e cioè che se il primo, essenziale, insostituibile elemento del terroir è la persona, allora è da lì che bisogna ripartire, dalle persone. Fondandosi sull'esperienza, sull'insegnamento, certo, ma ben sapendo che non vi potrà essere imitazione, perché ogni petsona introduce, inevitabilmente, e fortunatamente, qualche cosa di suo. Magari anche quasi impercepibile ai più, ma comunque presente.

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