10 gennaio 2012

Trentodoc: la verticale e l'intruso

Mauro Pasquali
Del Trentodoc è persino superfluo parlare: più di un secolo di storia e quasi dieci milioni bottiglie prodotte all’anno parlano da sole e raccontano della prima doc italiana di un metodo classico, di tanti produttori, piccoli e grandi e di un vitigno principe: lo chardonnay che ormai caratterizza in modo quasi monotono un’intera regione.
Sono passati ormai dieci anni da quanto la Cesarini Sforza, fra le prime aziende a credere nel Trentodoc metodo classico, è entrata in quel colosso della cooperazione vitivinicola che è il gruppo LaVis. Dieci anni durante i quali mantenendo la sua autonomia, Cesarini Sforza ha potuto attingere a quell’immenso patrimonio di terreni vitati del gruppo LaVis.
Le vigne sono situate nella zona a nord di Trento, sulle colline che fiancheggiano il corso del torrente Avisio e in Val di Cembra e sfruttano appieno le caratteristiche morfologiche e climatiche della zona, permettendo di ottenere uve adattissime alla spumantizzazione.
Dopo dieci anni dall’acquisizione da parte del gruppo LaVis, ecco l’occasione di una verticale che parte da molto lontano, quando Cesarini Sforza era ancora autonoma e che mi ha dato diverse conferme e qualche piacevole sorpresa.
Trento Millesimato 1992 Cesarini Sforza
Nasce lontano, quasi vent’anni fa questo Trento doc. Soprattutto, nasce lontano come tecnica produttiva e composizione: 100% chardonnay e una maturazione sui propri lieviti del vino base per sei mesi. Poi, senza fermentazione mallolattica, la messa in bottiglia, per sboccarlo quasi vent’anni dopo. Il risultato è un prodotto straordinario, equilibrato, armonico. Il naso si apre con una leggera (!) nota ossidativa, un che di croissant all’albicocca. In bocca la sapidità, nonostante l’età, è notevole, come pure l’eleganza. Una lunghezza che sembra non finire mai, chiude una bocca pulita e piacevole.
Tre beati faccini :-) :-) :-)
Trento Millesimato 1999 Cesarini Sforza
Sette anni più giovane e l’ingresso del pinot nero per il 20% caratterizzano questo millesimato, nettamente meno elegante del precedente ma, comunque, con una bella mineralità e salinità. La malolattica è svolta completamente e si sente in bocca, dove i toni morbidi prevalgono. Un vino, oserei dire, quasi “muscoloso”
Due beati faccini :-) :-)
Trento Tridentum 2001 Cesarini Sforza
Cambia il nome e, pur mantenendo uve e percentuali del precedente, lo chardonnay sembra prevalere aromaticamente, apportando un frutto tropicale quasi invadente mentre un che di affumicato avvolge la bocca. Chiude sfuggente, quasi metallico. Sicuramente un vino giunto alla fine della sua vita.
Un faccino di stima :-)
Trento Tridentum 2002 Cesarini Sforza
L’annata, fredda e piovosa, ha influito sul risultato finale. Il naso elegante e fine nasconde una bocca vagamente anonima e corta. L’acidità, nonostante l’annata, è poca e la sapidità si fa desiderare. Sorge un dubbio: e se fosse ancora troppo giovane? Troppo contrasto tra il naso e la bocca, come se quest’ultima non esprimesse ancora tutto il potenziale. Vorrei riprovarlo fra tre-quattro anni.
Due faccini di stima :-) :-)
Trento Tridentum 2004 Cesarini Sforza
Naso complesso ed elegante. Una bocca piena. Un prodotto interessante, evoluto ma, probabilmente, con poca vita davanti a sé. Buon finale pulito e pieno.
Un faccino e quasi due :-)
Trento Tridentum 2005 Cesarini Sforza
Annusandolo e assaggiandolo continuava a tornarmi in mente qualcosa che non riuscivo a individuare. Poi l’illuminazione: sono tornato al Millesimato 1992 e vi ho ritrovato lo stesso filo conduttore. Un naso complesso e armonico. Una bocca sapida e piena. Un grande vino oggi ma con una prospettiva di vita davanti a sé paragonabile a quella del primo campione. Da riprovare, perché no?, tra dieci-quindici anni.
Tre beati faccini :-) :-) :-)
Trento Aquila Reale 2004 Cesarini Sforza
L’intruso. O, meglio, l’evoluzione. Il vino (100% chardonnay) fa la malolattica in legno. E si sente nella vaniglia forse un po’ eccessiva. Anche il liqueur d’expedition è forse un po’ invadente ma è questione di gusti per chi, come me, predilige i pas dosè. Il naso sa di agrumi canditi. E poi vaniglia e leggerissima speziatura. In bocca prevalgono sapidità e acidità. Un vino interessante ma, come dire, in divenire. Da riprovare nelle prossime annate, una volta messi a punto alcuni particolari.
Un faccino e quasi due :-)

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