20 giugno 2011

Non si vende vino col web

Angelo Peretti
Ecco, lo so, farò la figura dell'arrogante, ma mi viene proprio da dirlo: "Ma va?" Sì, perché ho letto su WineNews la sintesi di una ricerca presentata a Vinexpo sul rapporto tra vino e social network. E il risultato, in sintesi estrema, è che "Facebook, Twitter e gli altri aiutano a costruire e far conoscere il marchio, ma pesano poco sulle vendite dirette".
Questa la notizia così come si legge su WineNews: "I social network aiutano molto a far circolare e costruire il valore di un marchio, ma in termini di vendite di vino on-line, se non in casi eccezionali, aiutano poco. Lo dice una ricerca di Forrester Research e Gsi Commerce, pubblicata da Vinexpo (Bordeaux, 19-23 giugno): tra novembre e dicembre 2010, i social network come Facebook e Twitter hanno fatto scattare l’acquisto solo nel 2% dei casi. Gli utenti sembrano, invece, molto più propensi all’acquisto stimolato dal social network in caso di promozioni o vendite flash, che ottengono fino al 7% in più quando vengono veicolate così".
Ora, mi permetto di tornare indietro di qualche mese. A novembre dell'anno passato. Quando ci fu a San Michele all'Adige, terra trentina, un "live blog" sul rapporto fra vino e internet. Ero stato invitato tra i relatori. Un po' provocatoriamente e un po' no, dissi la mia, ponendo una domanda: "Il vino è compatibile con Internet?" Risposi così: "Pur coinvolgendo una pluralità di valori immateriali, il vino è pur sempre un bene materiale: se il vino va assaggiato, degustato, bevuto, posso 'sostituire' tali esigenze 'fisiche' con uno strumento tipicamente immateriale come Internet? Probabilmente, la risposta è no".
Le reazioni, quel giorno e nella settimana successiva, non si fecero attendere, e insomma passai quasi per un oscurantista. E allora rincarai la dose con un mio successivo intervento su quest'InternetGourmet, dicendo che no, il web, strumento immateriale, non è adatto a promuovere "il vino", bene materiale. Riaffermai che la materialità si promuove attraverso la fisicità del rapporto. Con l'assaggio, nel caso del vino. Tasto un vino e dico se mi piace o no e decido se comprarmelo o no. E allora il web a cosa serve, mi trovai a chiedere? E mi risposi che serve a promuovere qualcosa di immateriale. E cos'ha di immateriale il vino? La risposta è semplice: ha la propria cultura. Ecco, in questo il web è utilissimo e addirittura direi in questo momento essenziale: per promuovere la cultura del vino.
Ovviamente, anche questa volta non trovai concorde il popolo del web. Epperò oggi ecco 'sta notizia che viene da Bordeaux, e mi trovo in sintonia: via web si promuove l'immaterialità, e dunque - per esempio - il marchio di un'azienda, oppure, aggiungo, il brand costituito da una denominazione, o ancora l'idea d un territorio vinicolo, la filosofia di un vigneron. Il vino no, il vino - bene fisico, materiale - non si vende col web. E la ricerca illustrata al Vinexpo sembra che mi dia una qualche ragione. Sembra. A meno che gli intervistati fossero tutti oscurantisti anche loro.

10 commenti:

  1. C'è molto da discutere sulla cosa e non mi sottrarrò, uno spunto intanto: si può sottrarre al "taste" la sua cultura di derivazione? Completare la seconda è un po' come partecipare alla prima fase, è misurabile tutto ciò?

    Errato dire "non trovai concorde il popolo del web", non confondere i pur stimabili e capaci professionisti del wine web con il popolo del web dal quale, presi dal vortice di autoreferenzialità, questi sono sempre più disconnessi. E questa ultima cosa che forse dimostra questa ricerca Vinexpo.

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  2. Caro Stefano, alla prima domanda rispondo di ritenere di sì: ossia che la cultura del vino sia prossima, ma non per forza coincidente con l'assaggio. E che l'assaggio possa essere stimolato dalla conoscenza, così come, per converso, la conoscenza possa essere favorita dall'assaggio. Ma non necessariamente debbo bere un vino per amarne quegli elementi di terroir che appartengono all'umanesimo e al paesaggio.
    Alla seconda domanda, se sia misurabile, dico ancora che ritengo di sì: le tecniche di misurazione, per quanto opinabili possano apparire, appartengono al marketing, quello vero, che cerca di essere scienza, ancorché inesatta.
    Sulla tua altra osservazione, ti do pienamente ragione. E me ne scuso col popolo del web.

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  3. Caro Angelo, perdona la franchezza, ma il tuo titolo è completamente sbagliato e deforma la sostanza di quanto misurato nella ricerca di Forrester Research-GSI Commerce, che sarebbe (per quanto anticipato dal comunicato ufficiale di Vinexpo):
    - i social network Facebook e Twitter concorrono comunque per un 2% alle vendite di vino nel periodo nov-dic 2010;
    - lo studio afferma che le email e la pubblicità mirata risultano essere assai più efficaci dei social network nel vendere vino;
    - nel caso limitato delle cosiddette "flash-sales" (promozioni di durata brevissima, fino a poche ore) i due social network avrebbero contribuito in misura più significativa, circa il 7% di maggiori vendite.

    Ora, Facebook e Twitter non comprendono l'intera capacità della rete di promuovere e vendere il vino. La fotografia dell'oggi (ultime ricerche disponibili) parla di vendite di vino online attestate tra il 3% e il 5% del fatturato globale del vino imbottigliato dalla filiera dei principali paesi produttori.
    Quindi, le bottiglie vendute online non sono proprio zero!
    Il tutto si inserisce nel più generale processo di affermazione delle vendite dirette, ovvero in cantina o via wine club, o via Internet. In Italia il dato è stabile, negli ultimi tre anni oscilla tra l'8 e il 10% (fonte: inumeridelvino.it). Negli USA, ma anche in Francia, Spagna e Portogallo, la misura è più alta.
    Fatte salve le tue considerazioni sul valore della rete nel promuovere la cultura del vino e darne informazioni utili all'acquisto (insomma, il marketing online), mi permetto di suggerire un emendamento radicale al tuo titolo: "Con Facebook e Twitter si vendono due bottiglie su cento".

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  4. @ Giampiero / Aristide,
    Mi permetto di suggerire un'aggiunta alla tua proposta di nuovo titolo: "Con Facebook e Twitter, OGGI si vendono due bottiglie su cento".

    Perché credo che tale cifra crescerà in futuro, anche prossimo.

    Fermo restando che, cito testualmente, "I social network aiutano molto a far circolare e costruire il valore di un marchio... "
    E vi sembra poco ???
    alex

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  5. Ma dove è il problema?
    Il vino si compra solo se una persona lo prova di persona e non vedendo una pagina fan o Twitter?
    Naturalmente si, e non c'era bisogno di fare tante ricerche basta il buon senso.
    Me certamente aiuta tanto a rafforzare il brand e sentirlo vicino a parlarne con gli altri "fan" del determinato brand...e tutto questo vi sembra poco???????
    "il web, strumento immateriale, non è adatto a promuovere "il vino", bene materiale"
    allora togliamo la pubblicità in TV Radio Giornale etc. perchè vale lo stesso discorso anche per quello.
    Discussione quasi inutile, I social e il Web 2.0 aprono altre strade per comunicare e dialogare con i propri utenti ma naturalmente non sono l'ancora di salvataggio per un'azienda in crisi. Come sempre il giusto è nel mezzo.
    Mando solo due link di pagina dove si parla di vino si scambiano foto opinioni...si fa brand tra persone che conoscono brand... per fare solo due piccoli esempi
    http://www.facebook.com/#!/pages/I-vini-Frescobaldi/122540421113842
    http://www.facebook.com/tommasi.viticoltori

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  6. @ Anonimo, sottoscrivo l'emendamento all'emendamento del titolo di Angelo: anch'io sono convinto che la cifra del vino venduto online crescerà. Secondo una ricerca appena uscita negli USA (VinQuest Industry Research) il vino online è cresciuto del 38% nel 2010.

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  7. Escludendo per un momento tutto il mercato delle vendite dirette (siti e-commerce), credo che la ricerca parta da un presupposto errato e cioè che consideri il social network come adatto a generare vendite dirette.

    Tutt'altro.
    Il social network nasce per creare l'opportunità di una vendita diretta. Quanto più la si cerca la vendita diretta come primo obiettivo, quanto più questa si allontana dallo spettro delle possibilità. Quindi dal social network io tenderei ad aspettarmi più che altro un ritorno indiretto (non per questo meno importante).

    Posso dirti che oggi abbiamo già esempi di aziende che esistono prevalentemente grazie al web e che senza il web non esisterebbero nemmeno o impiegherebbero anni ad affermarsi sul mercato in modo analogo.

    Sulla questione della fisicità invece, mi trovi perfettamente d'accordo e riallacciandomi a quanto detto in principio, il social network (la rete, più in generale) è lo strumento con il quale è possibile creare l'opportunità della relazione. La relazione può nascere in rete ma si consolida offline. Ciò nonostante l'apporto della rete resta imprescindibile per arrivare al momento d'incontro. Momento nel quale sempre più spesso si "converte".

    Il problema se mai, è che quando si fa una conversione (dio che brutta parola) de visu, non si verifica quasi mai se questa in fondo non sia il frutto di una relazione nata per altre vie e 9 su 10, se l'azienda è attiva, la rete c'entra. Quanto non so, ma c'entra.


    Ciao, Fil.

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  8. Perfettamente d'accordo con Filippo, i social network non sono strumenti nati per vendere, per quello ci sono gli e-commerce.

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  9. @Filippo. Com'è che si dice? Quoto, mi pare. Insomma: sono d'accordo.

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  10. Sono molto d'accordo con l'articolo, i social media non sono strumenti di vendita, eccetto per alcune realtà. Allo stesso tempo però possono diventare molto utili per dare una certa visibilità a determinati prodotti. Sicuramente è un settore in continua evoluzione.

    Susy

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