28 novembre 2011

Mazzon e il pinot nero

Angelo Peretti
Ecco, sì, magari il titolo era un pelino pretenzioso, però quegli Stati Generali del Pinot Nero che si sono tenuti, per iniziativa del consorzio dei vini dell'Oltrepò Pavese, presso il - altro titolone - Centro di Ricerca, Formazione e Servizi della Vite e del Vino Riccagioia a Torrazza Coste, be' devo dire che sono stati davvero interessanti. Un bel confronto fra produttori pinoneristi di mezz'Italia su questo vitigno così difficile e sfidante e avvincente. Per di più, Massimo Zanichelli, che coordinava i lavori, ci ha messo la sua parte, stuzzicando con le domande giuste i vignaioli sul palco e quelli in sala. Mica male.
Tra le sessioni degli Stati Generali ce n'era anche una affidata a Michela Carlotto, giovane enologa dell'azienda di famiglia, che fa, appunto, Pinot Nero in uno dei più grandi terroir pinoneristi italiani, quello di Mazzon, proprio sopra Egna, all'inizio dell'Alto Adige, se lo si guarda da sud, e che in tutto è fatto di ottanta ettari quasi ai piedi del monte Corno, dove il sole arriva tardi, e dunque di mattina resta a lungo la frescura della notte, e poi va giù molto più tardi che sul fondovalle. Ancorché nata solo nel 2000, l'aziendina di papà Ferruccio Carlotto - appena due ettari e mezzo, di cui uno e mezzo a pinot nero a Mazzon, e il resto è lagrein - si è già ricavata la sua bella visibilità, e l'ha fatto giocando tutte o quasi le carte sul terroir.
Ha insistito, la Carlotto, sulle escursioni termiche, fondamentali per il pinot nero, e sulla necessità della completa e lunga maturazione di quest'uva, e ha detto chiaro e tondo alla platea che è vano il tentativo che certuni fanno di compensare gli effetti della latitudine della Borgogna con l'altitudine dei vigneti nostrani, perché "il pinot nero così non matura e invece deve maturare". Sembra ovvio, ma non lo è affatto. Eppoi, certo, "ogni viticoltore ha il proprio stile, ma l'importante è il rispetto del vitigno nella sua zona vocata ed evitare il protagonismo aziendale, che mette davanti al vitigno le scelte del mercato" (sono parole della giovin donna). Magari arrivando per questa via a far sì che un giorno lo stile del Pinot Nero di Mazzon sia così netto e preciso che in etichetta si possa scrivere solo Mazzon, senza citare il nome del vitigno. Perché il vino che viene da Mazzon è "fruttato, salato e saporito", per usare i tre aggettivi adoperati da Michela Carlotto. Eppoi, lei ancora ha spiegato che il Pinot Nero di Mazzon ha da avere un colore scarico, con sfumature aranciate, "delle quali non bisogna assolutamente vergognarsi", e son parole che sottoscrivo in toto. E Massimo Zanichelli ha aggiunto che il vino di Mazzon "è più rarefatto, più stilizzato di altri nella regione". Verissimo.
Ora, qualche parola mia sull'ultima uscita del Pinot Nero di Mazzon firmato Carlotto, il 2009. Ha colore scarico e brillante e cristallino, affascinante, elegante. Il naso, ancora velato dal legno - ma l'esperienza mi dice che si aprirà, basta pazientare -, ha fruttino e spezia. In bocca è piacevolmente fruttato e croccante e c'è tannino saldo, ma che non aggredisce il frutto.
Alto Adige Pinot Nero Filari di Mazzon 2009 Carlotto
Due lieti faccini e quasi tre :-) :-)

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