Mario Plazio
Giuro che non ci siamo messi d’accordo. Non avevo idea che il direttorissimo Angelo Peretti avrebbe scritto qualcosa sul manifesto della Dive Bouteille. Ecco, io a quella manifestazione ci sono proprio andato. Confermo che il luogo, i frequentatori e le bottiglie erano piuttosto fuori di testa. Mi dicono che il nome della manifestazione arriva dallo scrittore di casa in Loire, Rabelais, e che dovrebbe essere l’abbreviazione di “divine”.
Il castello di Brézé, vicino a Saumur, è spettacolare: pietra gialla, forme proporzionate, ambiente suggestivo e rilassante. L’ideale insomma per una degustazione di vini naturali. I viticoltori erano stipati nelle cantine del castello, una ambientazione ricca di pathos.
Il salone è uno dei tanti eventi “off” che accompagnano l’importante Salon des Vins de Loire. La prima considerazione che mi viene in mente riguarda la totale assenza di polemica tra i vari saloni. Ciascuno organizza il suo senza che questo susciti risentimento da parte di nessuno. Da noi il fatto che ci siano due o tre eventi di vini naturali in concomitanza del Vinitaly continua ad alimentare noiose polemiche tra veri o supposti guru che vorrebbero che tutto e tutti finissero nello stesso calderone. Forse per poi ammaestrare i produttori con le proprie teorie. Senza pensare al fatto che ognuno ha il diritto di avere una propria posizione e che, se anche si volessero unire tutte le forze, non sarebbe più possibile trovare un luogo adatto ad ospitare tutti gli espositori.
Impossibile e troppo lungo un resoconto completo della manifestazione. Mi limiterò a proporre nomi nuovi o interessanti (alcuni sono a Villa Favorita e non li ho assaggiati) e a comunicare alcune mie perplessità. Iniziamo proprio da queste. La delusione principale riguarda le tre aziende di Champagne presenti. La mia impressione (confortata da un altro degustatore ed esperto della zona) è che anche i piccoli vigneron, tirati per la giacchetta da una crescita esponenziale della domanda, stiano accorciando i tempi di maturazione dei vini prima del dégorgement. Col risultato di fornire vini poco complessi, stanchi e piatti. Cosa che non accadeva pochi anni fa, quando avevano bisogno di farsi conoscere ed era l’entusiasmo a dominare più che il mercato.
Vouette et Sorbée ha un Blanc d’Argile 2009 (già il 2009…) molto compresso nel finale (1 faccino e mezzo) e un Fidèle (base 2009 non dichiarata) potente ma corto e dal finale di mela cotta (2 – faccini).
Larmandier-Bernier presenta un Blanc de Blancs 1er cru sottile e salino, stanco in bocca (1+ faccini), un Terre De Vertus 2006 sapido, elegante, a cui manca solo un pizzico di tensione in bocca (2 faccini), un Vieilles Vignes de Cramant 2005 minerale e solare, dal legno percettibile, che nel finale vira troppo verso l'ossidazione (2+ faccini) e un Rosé de Saignée 1er cru ben fatto e vinoso (2+ faccini).
Deludente infine Jerome Prevost, La Closerie, Cuvée Les Béguines, (ancora una base 2009…) anche qui non abbastanza complesso e piatto, stanco e ossidato (1 faccino).
Domani proseguo col resto, a cominciare dalla Borgogna.
tre grandi nomi, tra i miei preferiti, della champagne indipendente... e tre grandi delusioni! apperó...
RispondiEliminaSuccede. Però non sono "grandi" delusioni: la media di Mario è sui 2 faccini, e non è niente male.
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