Angelo Peretti
In genere, i concorsi enologici non mi piacciono. Anche se non disdegno di comprare bottiglie premiate con l'oro a Mâcon (soprattutto, ho bevuto delle gran belle cose fra i vincitori di questa rassegna) o a Parigi (meno, ma soprattutto, in questo caso, i Bordeaux giovani, d'annata).
Ho smesso da un bel po' di partecipare, anche, come giurato di concorso. Per due motivi. Il primo: non condivido l'utilizzo della scheda di valutazione dell'Oiv, nata tant'anni fa, quand'ancora era importante distinguere fra vini tecnicamente corretti e robe difettose. Oggi invece schiaccia, comprime i giudizi. E se un vino ha personalità, rischia di penalizzarlo. E poi, secondo motivo, le giurie son troppo eterogenee, fatte d'enologi (tanti) e giornalisti (pochi), e dunque i parametri son troppo diversificati e alla fin fine emergono i vini d'aurea mediocritas, quelli che non scontentano nessuno, e se dunque hai una bottiglia densa di carattere, quella stai (quasi) certo che ne vien fuori con le ossa rotte. C'è, in realtà, anche un terzo motivo che mi fa rifuggire dai concorso, ed è che nessuno ti dice poi che vini hai effettivamente assaggiato, e dunque ti resta la sensazione d'aver buttato via qualche ora senza aver appreso un bel niente.
Fatta quest'atrocemente lunga premessa, confesso che ho accettato di far parte dei giudicanti del concorso internazionale dei Müller Thurgau che s'è tenuto in Val di Cembra. E il motivo del cedimento è duplice: in primis, il fatto che l'invito mi sia pervenuto da un enologo che stimo, Paolo Grigolli, nuovo responsabile della kermesse, e in secundis (spero sia corretto dir così), perché ero curioso di vedere lo "stato dell'arte" del Müller, dopo anni che non lo degnavo - ammetto - d'attenzione. Anche qui devo metterci una terza fattispecie, e cioè che la vallata è bella assai, e la luce radente del mattino rendeva, salendo, ancora più fascinosi i vigneti terrazzati: andateci, se non avete ancora avuto modo di passar da quelle parti.
Ora, che ci sia crescente interesse verso il Müller mi pare abbastanza chiaro. Non so se questo voglia significare che s'aprirà un nuovo "caso Pinot Grigio", e francamente non lo credo possibile. Ma di certo chi ha piantato vigne di müller non mi pare se ne stia pentendo, dal lato della redditività. Vedremo. Ma intanto in Trentino la varietà ha raggiunto una quota del sette-otto percento sul totale del vigneto provinciale. E non è poco.
Sta di fatto, che a Cembra ho potuto assaggiare Müller trentini e tedeschi (della Franconia, soprattutto). E mi son reso conto che certe aromaticità artificiose han fatto una gran retromarcia, ché i profumi si son fatti più netti, in certi casi più eleganti, perfino. E sono scomparsi certi finali amari che mi facevano dispiacere il Müller, senza però virare verso la semplicistica dolcezza di taluni bianchi. E l'acidità è spesso bene integrata. Niente male, direi, se quest'è davvero la cartina di tornasole dei Müller italo-tedeschi.
Di più non so dire. Non so spiegare, cioè, di chi fossero i vini che ho tastato, Non posso raccontarli, e me ne dispiace, ché ce n'erano un paio d'innegabile pregio. Due tedeschi e un trentino, in particolare. Che ho visto aver preso la medaglia d'oro e d'argento per quanto riguarda la coppia germanica e invece nessun premio l'italiano, e me ne dispiace, perché o mi son bagliato io - e ammettere d'essersi sbagliato non è bello - o i miei colleghi di degustazione ne han fatto scempio, non perdonandogli, probabilmente, certe giovanili spigolosità.
La sintesi? Che comunque son rimasto sorpreso dal livello medio dei Müller. E che probabilmente all tipologia bisognerà che si guardi con maggiore attenzione. Alla fin fine, anche a questo dovrebbero servire i concorsi. A quando il crollo dell'assurdo tabù di dire ai giurati quali vini hanno bevuto?
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