12 agosto 2009

Il Soave e il tempo che passa

Mario Plazio
Da sempre sono convinto che la fretta sia nemica dei vini in genere, e dei grandi vini in particolare. Quante volte al ristorante troviamo solo vini dell’ultima annata, magari importanti, ma sempre difficili da giudicare e da bere a causa della loro giovinezza? È vero che gestire una carta dei vini con varie annate non è cosa da tutti, ma questo dovrebbe essere il valore aggiunto di ristoranti che vantano certe ambizioni e che il vino lo fanno anche pagare. Chi ha avuto la fortuna e la lungimiranza di acquistare e custodire negli anni un certo numero di bottiglie, può permettersi di organizzare a suo piacimento piccole o grandi degustazioni per verificare l’evoluzione di un certo numero di produttori.
Nel tempo ho avuto modo di mettere in cantina molte bottiglie di Soave e nelle settimane scorse ho deciso di aprirne alcune per vedere qual era il loro stato di salute.
Il territorio di Soave e la garganega costituiscono un connubio in grado di sfidare il tempo e di evolvere acquisendo complessità. La differenza la fanno poi la mano del vigneron e la qualità del vigneto.
Il Soave si è rivelato (ma non è certo una sorpresa) un vino dalle grandi potenzialità espressive e in grado di tradurre con precisione le sfumature dei vari terroir. Questa caratteristica appartiene solo ai grandi vitigni e alle grandi aree viticole e quindi va opportunamente sottolineata. Dall’altra parte emerge però la necessità di interpretare con maggiore libertà la partitura. E mi spiego. Anche qui, forse meno però che in altre zone, esiste il pericolo della omologazione, del tecnicismo, della ricerca del frutto immediato e della dolcezza di beva. I vini più massicci sono poi quelli che decadono più facilmente e che sembrano unidimensionali. Dalla perfetta comprensione del giusto equilibrio fra le varie componenti possono nascere grandi vini, a patto che non ci si faccia prendere la mano dalle sirene del mercato.
Questi i commenti e i voti dei vini degustati (i punteggi sono in centesimi giusto per dare una maggiore sfumatura):
Prà, Soave Classico Monte Grande 2004
Agrumato e maturo, naso di notevole pulizia. Minerale e accenno di rosa. Bocca in linea, si sente leggermente il legno, bella acidità e lunghezza. 87
Gini, Soave Classico La Froscà 1997
Evoluto e cotto. Problema di tenuta del tappo. Un’altra bottiglia bevuta qualche mese fa era eccellente. NC
Inama, Soave Classico Vigneto Du Lot 2001
Naso variegato, legno appena avvertibile. Carnoso e floreale, sfuma in ricordi marini e di capperi. In bocca è sapido e lungo, quasi tannico. Una sorpresa. 90
Gini, Soave Classico Contrada Salvarenza Vecchie Vigne 1999
Ancora chiuso, si apre solo progressivamente e tiene nel tempo. Pera, pepe e molta mineralità. Al palato è compatto, fine, agrumato, nonostante la notevole materia rimane elegante. 91
Coffele, Soave Classico Ca’ Visco 2003
Naso fresco e fine di pera e agrumi. Un po’ pesante per la sensazione di alcol sopra le righe. In bocca non è male ma chiude cortino e senza dare grandi sensazioni. L’annata non permetteva di più. 83
Gini, Soave Classico La Froscà 2004
Espressione molto minerale della garganega, pera e gomma. Si comporta in modo irregolare, si apre e si chiude a ripetizione. La sensazione è che servano ancora alcuni anni di maturazione, ma sembra avere una grande energia. Da seguire. 90
Inama, Soave Classico Vigneto du Lot 1999
Evoluto, aromi di gomma, gesso e zolfo. Bocca sorprendente per pulizia e precisione, tra i vini più minerali e sapidi, succoso e persistente, finale balsamico e di erbe officinali. Altra sopresa. 92
Suavia, Soave Classico Monte Carbonare 2004
Maturo e potente al naso, quasi “dimostrativo”. Il territorio è marcato da sentori di minerale che tendono al marino (ostrica) e anice. Grande potenza in bocca, acidità leggermente slegata. Anche questo vino ha dato l’impressione di necessitare di tempo per ritrovarsi. 85
Prà, Soave Classico Staforte 2004
Vino ben fatto e fin troppo composto. Note verdi e gommose. Acidità al palato non del tutto fusa. Da risentire. 83
Fattoria Coroncino, Verdicchio Bacco 2003
Vino pirata. Tappo. NC
Inama, Soave Classico Vigneto du Lot 2002
Medicinale e balsamico, complesso finisce sui fiori secchi. Al palato è vivo e persistente, coerente con il naso e di ottima acidità. 90
La Biancara Angiolino Maule, Sassaia 2005
Altro vino pirata, ma sempre garganega. Naso macerato di fiori e carne, minerale, speziato. Vino non per tutti vinificato senza zolfo e di alta acidità volatile. La bocca ha però la migliore beva del lotto, non stanca e alla lunga si ripulisce. La maggioranza dei degustatori non ha espresso un voto. 88
Ca’ Rugate, Bucciato 2005
Igt a base garganega con macerazione sulle bucce. Peccato che il produttore (salvo ripensamenti) non intenda più fare questo vino. Naso minerale con sfumature di tabacco, sottobosco, rabarbaro e zenzero, complessità impressionante. In bocca è molto secco, diritto e fra i più eleganti. 90
La degustazione è stata effettuata totalmente alla cieca.
Mi permetto solo di sottolineare la prestazione di Inama con il Vigneto du Lot, vino che appena imbottigliato non mi ha mai pienamente convinto, e che invece alla prova del tempo ha rivelato grande tenuta ed eleganza. Su un piano totalmente diverso Il Bucciato di Ca’ Rugate e il Sassaia di Maule, due visioni fuori dagli schemi, ma assolutamente territoriali. Una nota infine sui vini del 2004 che si sono tutti rivelati inferiori alle previsioni, ma che potrebbero evolvere molto positivamente tra qualche anno di bottiglia. Li attendiamo al varco.

Nessun commento:

Posta un commento