Aldo Lorenzoni
Ho letto solo recentemente il pezzo di Mauro Pasquali sul Durello e mi ha fatto piacere, perché credo di avere qualche piccola responsabilità, piccola o grande che sia, con i produttori, sulla storia di questo vino.
La mia lettura della fiaba è però sostanzialmente diversa anche se, non lo nascondo, ho cercato, anche grazie alla complicità del nostro caro Angelo in tempi non recenti, di accreditare il Durello come presidio Slow Food e quindi come un vino in stato d’assedio, che non aveva altre possibilità che farsi aiutare da forze “esterne”.
La lungimiranza di Piero Sardo e di altri amici ci ha invece spinto a presidiare situazioni forse più difficili come il niotiko, un formaggio di capra che proviene dall’isola di Ios vicino a Santorini (consiglio una visita in ottobre – poca gente e tanta suggestione). Di tutto questo però abbiamo già chiacchierato a lungo con i nostri produttori.
Forse è meglio dire oggi che il Durello non c’era, ma adesso c’è, magari con alcune diverse interpretazioni, con diversi approcci, diverse sensibilità, ma è indubbio che oggi si parla di un vino che esiste. È prodotto, rivendicato e da qualche mese anche certificato dal Consorzio. I numeri, in verità, non sono eccessivi: se è vero che abbiamo difeso 600 ettari di durello, distribuiti tra Verona e Vicenza (dati Avepa), possiamo anche confermare che da una produzione vicina allo zero siamo passati in dieci anni a circa 500mila bottiglie. È solo per questo che oggi ne possiamo parlare da diverse angolature.
Allora direi “bravi” soprattutto alle prime 7 aziende che si sono riunite in un consorzio nel 1998: Fongaro, Marcato, Cecchin, Cantina dei Colli Vicentini, Cantina di Monteforte, Cantina di Gambellara, Cantina di Montecchia.
Poi sono arrivati altri produttori, sia soci che non soci, ed ognuno sta raccontando con i propri vini una storia che mi piace pensare diversa. Mi piace il Durello metodo classico di Marcato per la sua integrità, quello di Fongaro per la sua eleganza, quello di Cecchin per la sua continuità; ma altrettando mi piacciono le versioni charmat di Colli Vicentini, irrinunciabili in queste calure estive, quello di Gambellara più morbido e quello di Soave più complesso, dipendentemente dal momento e da ciò che li accompagna. Tutto questo una volta non c’era, adesso c’è ma non è finita. Sono molto coinvolto dalle nuove sensibilità che il Durello un qualche modo scatena: pensiamo al fermo di Sandro De Bruno, all’austerità di Monteforte ed al carattere dei due Durelli di Corte Moschina, oltre all’originalità di Val Leogra.
Devo poi ricordare altre aziende che oggi fanno grande il Durello e che comunque devono ringraziare gli altri, quelli che al Durello ci hanno creduto da sempre, tanto da “sacrificarsi” in una convivenza consortile.
Ottimi Dama del Rovere e Tonello, da sottolineare un notevole rotorno al passato da parte degli amici Maltraversi, oltre a Daniele Piccinin.
Ma questo non è tutto,: ci stanno arrivando segnali di risveglio, ad oggi solo come igt, da parte di tante altre qualificate aziende veronesi e vicentine.
Oh, che bello: siamo più di dieci, siamo forse venti, quando qualche anno fa mettere insieme cinque bottiglie di Durello regolarmente etichettate era difficile, se non impossibile.
Per questo mi piace pensare che al di là delle diverse interpretazioni e dei diversi stili, oggi il Durello almeno c’è. Ognuno può acquistare e degustare quello che più gli assomiglia.
Non abbiamo sinceramente oggi ancora le dimensioni per stigmatizzare interpretazioni e stili diversi. Però mi piace anche ringraziare chi con testimonianze e provocazioni sottolinea da sempre che il Durello finalmente è una realtà vera come tante altre e questo per i produttori è un risultato importante.
A chi suggerisce un confronto tra i produttori va un caloroso invito a partecipare alle manifestazioni che il Consorzio attiva. Se avete perso recentemente la kermesse di Brenton con dieci aziende socie e non socie, accreditatevi per il prossimo appuntamento nella Valle del Chiampo per la decima edizione del Durello & Friends, una bella occasione per chiacchierare tutti insieme con i produttori, perché se una volta non c’era, adesso il Durello c’è.
Forte Aldo Lorenzoni, da direttore del Consorzio vede i suoi Soci tutti egualmente belli,bravi, buoni, però i loro Durelli sono diversi! Che dire; il mio invito a radunare tutti questi produttori lo ha già fatto il buon Aldo trovarsi a Durello & Friends nella Valle del Chiampo, ciao alla prossima.
RispondiEliminaPaolo Menapace
Certo Paolo, vedremo di fare un summit del Durello: chissà che sia la volta buona.
RispondiEliminaBravo Aldo, giustamente (e sottolineo giustamente) hai difeso tutti i tuoi associati. Non poteva essere diversamente. Direi che un elemento positivo il mio pezzo lo ha avuto: forse riusciamo a creare un dibattito che permetta di parlare di durello in modo franco e sincero e ad uscire dallo stereotipo "son tutti buoni i durelli del mondo"! Ben venga il confronto se serve a crescere: non basta arrivare a 500mila bottiglie per avere la certezza di essere al top della qualità.
RispondiEliminaA presto e al prossimo confronto, magari davanti ad un bicchiere di durello.
Mauro Pasquali