Mario Plazio
Uno dei (pochi) grandi interpreti di questo (banalizzato) vitigno, la freisa.
Che la Freisa di Beppe Rinaldi sia una cosa seria lo si nota da questa 2002, ancora in forma e tutt’altro che al capolinea. È anzi giovanissima, fresca e floreale, profuma di piccoli frutti, amarena, agrumi e spezie.
Al palato non concede nulla alla semplicità. Tannino e acidità colpiscono fin da subito con violenza.
È un vino che chiama il cibo e se ne frega della degustazione pura. Un esempio di cosa significa fluidità di beva senza cadere nel tranello del vino diluito.
Nello scorrere dei giorni si fa più complesso: rosmarino, ferro e china sono sensazioni ricorrenti. Grande sapidità e profondità non smussano però la sua incredibile “cattiveria” che non cede nemmeno dopo una settimana dall’apertura della boccia.
Un vino che “respira” il Barolo coma ama dire Beppe Rinaldi.
Andatelo a cercare, costa meno di 10 euro in cantina.
2 faccini molto lieti :-) :-)
Bella la definizione "respira barolo". Anche perchè, oltre all'indubbia capacità del produttore di tirare fuori il meglio, si è scoperto che la freisa è parente stretta del nebbiolo... a proposito del "banalizzato" vitigno (giustamente sottolineato visto il passato) mi sembra che ci sia un'inversione di tendenza: alcuni produttori stanno operando davvero bene, regalando grande dignità al vitigno.
RispondiEliminaassaggiato. molto, molto buono. concordo pienamente!! :-)
RispondiEliminaconcordo anche io: la freisa erroneamente banalizzata, può essere capace di sorprendere. Nella versione ferma diventa un serio vino rosso, con grandi potenzialità di invecchiamento, una struttura importante grazie anche ai copiosi tannini, belle note floreali e una complessità non trascurabile. In certe felici interpretazioni, nulla da invidiare al (cugino?) nebbiolo. Provare per credere!
RispondiEliminaE allora andiamo con le prove: urge una puntata in Piemonte per gli assaggi (e le successive bevute)
RispondiElimina