14 febbraio 2010

Non per amore di polemica: sulla comunicazione vinicola tradizionale e on line

Beppe Giuliano*
Non per amore di polemica, ma credo che l’editoria tradizionale vada difesa. Lo faccio volentieri in quanto come giornalista non di primissimo pelo, editore on e off line, una qualche idea su questo versante me la sono fatta. E debbo dire – ribadisco la premessa: ho stima e rispetto per quello che fate, per come lo fate, e in molti casi c’è di mezzo anche la personale amicizia - che questa discussione è tronca, è monca. Mi sembra che abbiate preso il peggio della gens italica che raccontate. La guerra è col vicino, quello del vigneto accanto, quello che vende una mezza paletta in Cina e voi no, quello che ha un articolo da qualche parte e voi no, quello che sbarca sul ripiano centrale di Rossetto e voi no… insomma, che ci sia acredine per una fetta di torta che è piccola e che, mannaggia, non riesco ad afferrare.
Così, ragazzi, non ci siamo.
Così buttiamo via occasioni. Mi ricorda le divisioni personali, atroci, che c’erano cinque anni fa fra i giornalisti veronesi del vino. Quasi odio personale. E infatti nel sistema-vino contavano di più altri.
Ribadisco, così è una minchiata. Mettiamo tutti da parte la spocchia sul personale status di “scrittore” e su quello che abbiamo professionalmente costruito sino ad ora, e guardiamo a quello che accade realmente.
È vero, la carta stampata soffre. Lo dicono i dati internazionali, ma non è un dogma di fede. Ci sono giornali, più vicini di quanto pensiate, che nell’annus horribilis del 2009 sono cresciuti di otto punti percentuali, con incrementi in edicola a due cifre molto importanti. La sofferenza ha molte cause: il fatto che un editore non operi in un mercato libero, ma che sia stretto da due monopoli – a monte, il cartello della carta (è così, in otto fanno il prezzo per tutto il mondo..); a valle, la distribuzione alle edicole, una sommatoria di monopoli locali - rende i suoi spazi di manovra molto stretti. Un editore tradizionale ha come compagni di viaggio due degli enti previdenziali e assistenziali più costosi ed efficienti in Italia: provate a saltare una rata dei contributi Inpgi e vedete che succede…
Il risultato è che un editore “deve” vendere il giornale ad un prezzo alto per un lettore italiano medio che ha visto negli ultimi dieci anni perdere tanto potere d’acquisto. E ancora, la pubblicità - quella per la quale, secondo voi noi ci vendiamo - copre oramai appena un terzo dei ricavi di un editore tradizionale; rispetto al passato mancano le pianificazioni di medio periodo. Tutto questo porta noi editori tradizionali a vivere alla giornata: ma non è una colpa, una lettera scarlatta!
È vero, Internet ha rappresentato un cambio di passo, e il futuro. Il nostro passaggio de L’Adige - ad esempio - da off a on line non è stato facile, però ha funzionato. E oggi non tornerei indietro. Ma il mercato dove operava L’Adige cartaceo era ed è tuttora presidiato da due quotidiani generalisti, da sei quotidiani free press e dal settimanale diocesano, due televisioni locali molto ben fatte e da due radio onnipresenti... Il web rispetto a tutto questo è una valida alternativa, lo ammetto.
Diverso sarebbe però per Euposia che, dopo nove anni, proprio oggi può cogliere nel mercato tradizionale i propri vantaggi competitivi.
Se comparo i costi delle due strutture, ovviamente, mi trovo davanti a cifre incredibilmente diverse.
Quello che però non cambia è l’approccio che una redazione giornalistica vera ha nei confronti della notizia e dei lettori: cambierà il linguaggio, ma il focus resta sulla notizia o sull’approfondimento che possiamo dare. Per chi ha tempo e voglia le collezioni storiche dei nostri giornali stanno lì a dimostrarlo.
La carta sottrae ancora risorse al web? Siamo dinosauri che sprecano energie a danno dei più efficaci mammiferi del web? La vostra vita dipende dalla nostra morte?
Se pensate davvero questo, offendete la vostra intelligenza.
Faccio un esempio: due colleghi che stimo, blogger fra i più accreditati, intuiscono che ad un certo convegno internazionale possono emergere notizie interessanti per il mondo del vino. Il web, questo grande free press dove il valore aggiunto degli autori non viene remunerato (vogliamo dircelo una buona volta?), non dà loro risorse per rientrare delle spese. Cosa che invece può, in parte, fare l’editoria tradizionale. Che ha avuto, in diretta, un prodotto editoriale da far girare sul web dando contenuti ai propri lettori, e - dopo - approfondimenti ulteriori per un’inchiesta che si sviluppa sull’off line. Dove può essere arricchita di ulteriori contenuti, testi, grafici, foto e può “restare” fisicamente sui tavoli dei lettori.
Cos’è allora? Tutte le obiezioni sui lettori della carta stampata e delle copie regalate solo per far numeri per la pubblicità non valgono più? Eppoi: la mia rubrica su e.polis fa due milioni di lettori al giorno, cos’è? Questi non contano? Avete più contatti voi di me al giorno? E se anche fosse così, e me lo auguro per voi, che problema ne deriverebbe? Nessuno. N e s s u n o.
La carta da giocare non sta nello scannarsi per conquistare quella piccola fetta che oggi è sul piatto, ma lavorare assieme per far crescere la torta. Dobbiamo lavorare sull’integrazione dei mezzi, per avere prodotti più freschi, originali, vere banche dati per i lettori, immagini, suoni… tutto disponibile su più piattaforme che lavorano assieme. Senza la componente editoriale, il nostro schifosissimo know how, rimarrete a raccontare - gratis - sul web il mondo del vino con tanti ringraziamenti da parte dei vignaioli, dei distribuiti e degli agenti… di tutta la filiera che guadagna, insomma, sulle spalle vostre.
Mi spiegate perché regalate il vostro ingegno? Non sarebbe più interessante, invece, provare a mettere assieme questi mondi che non sono separati se li guardiamo con l’ottica di un lettore moderno, evoluto, che usa internet per una cosa, ma non disdegna la televisione, la radio, una lettura più calma, meditata, davanti al camino, con un buon bicchiere di cognac in mano e una bella compagnia a fianco sul divano…?
C’è poi un altro aspetto che riguarda l’etica di questo lavoro e un minimo di deontologia. Tema che con Elena Amadini stiamo cercando di tradurre in un buon momento di analisi al prossimo Vinitaly: Angelo sostiene, e voi con lui, che l’anarchia, la democrazia diretta, è non solo tratto distintivo ma anche cuore pulsante della comunicazione sul web. Bello! Però noi “servi della pubblicità e del potere” quindi l’opposto dell’anarchia e della democrazia, rispondiamo con la nostra faccia, il nostro onore e il nostro patrimonio (come dicevano gli indipendentisti americani duecento anni fa) delle nostre idee e di quanto scriviamo. Ti senti offeso, danneggiato dal mio scrivere? Ebbene, io ci sono. Sono una persona fisica, sono una società che ha mezzi, capitali. Puoi avere soddisfazione.
Ma col web? Se un blogger mi diffama io che tutela ho? Se mette a rischio gravemente la mia attività su cosa mi posso rivalere? Sul televisore di casa sua? Sul quinto del suo stipendio?
Per fare questo mestiere ho dovuto fare un esame di Stato, magari non varrà niente, ma il codice civile e penale ho dovuto studiarmeli e così tante altre cose se volevo poter intervistare un Capo di Stato, un Capo di governo, un banchiere centrale, il capo militare del Sinn Fein o un imprenditore con 10mila dipendenti. Perché altrimenti non avrei neppure potuto iniziare una conversazione.
Tutto questo sta scritto dentro una testata che campeggia in prima pagina e che dice al lettore: magari per te sono un idiota, ma questo sono io, il mio giornale, le mie idee, la mia impresa.
Tornando a noi: non c’è contrapposizione, sono soltanto più lati di un poligono che possono essere collegati. Il poligono è il perimetro della comune competenza e passione e capacità di dare ai lettori valore aggiunto.
Io preferisco guardare alle opportunità che offre tutto questo se fosse messo a sistema e se, assieme, ci provassimo davvero. La piccola fetta sul piatto mi interessa relativamente. Ci punto perché a fine mese debbo pagare i conti come tutti. Ma mi resta un po’ d’appetito, ancora. Chi viene, allora, a cena con me stasera?
*Beppe Giuliano è il direttore della rivista vinicola Euposia e del settimanale L'Adige

21 commenti:

  1. Una analisi che ha passaggi significativi e di sicuro interesse. Una analisi che deve far riflettere molti amanti del web e blogger come me.

    Nel finale pare trapelare la solita vecchia difesa della casta dei giornalisti, casta scossa da tutta questo scrivere gratis sul web.

    Una cosa dimentica però il bravissimo Giuliano. Tutte queste voci, così colpevolemente a gratis, rendono più liberi anche coloro che lo fanno a pagamento; eppure che scandalo e che tristezza, tutta questa gente che scrive senza aver fatto dieci esami o aver avuto venti benedizioni o senza aver conosciuto un banchiere centrale o un capo di stato.

    Il pezzo partiva bene ma poi, mascherandosi da solita difesa della realtà e della democrazia, ha allargato ancora di più il solco fra web/blogger e carta stampata. Zizzaniesco.

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  2. @Stefano. Credo che Beppe, nell'inviarmi questo suo post, abbia avuto il coraggio di fare ciò che molti giornalisti della carta stampata non fanno, e cioè aprire un confronto con chi opera sul web.
    Pur non essendo un professionista, opero anch'io sulla carta stampata, ma contemporaneamente scrivo anche sul web, e come me, per esempio, Franco Ziliani o Luciano Pignataro. Personalmente, ritengo si tratti semplicemente di due modi diversi di comunicare, di due forme diverse del parlare ad un pubblico di lettori, e che entrambe queste modalità abbiano la loro ragion d'essere. A una sola condizione: che non dicano e facciano le stesse cose, ché altrimenti sono ridondanti.

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  3. Condivido integralmente, soprattutto nella parte che tira fuori il problema (verso cui, in mancanza di argomenti, il mondo web fa orecchie da mercante) dell'etica del lavoro e della deontologia.
    Da tempo, su altre tribune, mi sono battuto e ho spesso duellato dialetticamente sul tema. La faccia, la responsabilità civile e penale, aggiungo i doveri imposti dal mio status di giornalista mi rendono radicalmente diverso da chi usa la rete solo per esprimere opinioni (pur legittime, ci mancherebbe). Quelle sono appunto opinioni, non informazione. L'informazione è quella che, sotto la loro responsabilità e grazie alla loro professionalità, fanno i giornalisti. Professionalità, aggiungo, che come giustamente sottolinea Giuliano si ottiene attraverso l'iscrizione a un ordine e nel caso dei professionisti dopo un esame di stato (risibile quanto vogliamo, ma che c'è) e che non consiste solo in competenza, terzietà, verità, verifica delle fonti, separazione tra pubblicità e notizie (concetto non sempre chiaro nei blogger e neppure, ahimè, nei lettori) ma anche nella capacità di produrre reddito, cioè di essere retribuiti per il lavoro che altri, invece, "regalano".
    Non mi pare una grande conquista per la cosiddetta "democrazia".
    E' una contrapposizione? Certo. Ma tra chi? Tra giornalisti (nel'accezione di cui sopra) e persone che, senza doveri nè responsabilità, cercano di fare informazione senza averne i titoli. Non c'è acredine da parte mia, mi va bene tutto, ma le differenze devono essere ben chiare altrimenti, come ha detto Giuliano, è solo anrchia...

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  4. Non sono per nulla d'accordo con quanto scrivi tu. Quanto tu deduci dallo scritto di Giuliano mi pare anni luce distante da quanto invece vedo io. Io vedo nel pezzo di Giuliano ampi motivi e spunti di riflessione mentre nel tuo pezzo vedo solo la proclamazione della casta. Anzi scusa, Casta.
    Tutti zitti parliamo noi, noi siamo giornalisti, abbiamo la patente voi no. Noi tutto voi niente, "fatece largo che passamo noi".
    Sei poi in palese contraddizione. Prima dici che "l'informazione è quella che, sotto la loro responsabilità e grazie alla loro professionalità, fanno i giornalisti" escludendo che i grafomani del web possano in quelche modo nemmeno competere. Poi alla fine rivolgendoti ai competitors (perchè invece li senti come tali) dici di loro "persone che, senza doveri nè responsabilità, cercano di fare informazione senza averne i titoli". Per scrivere ci vuole il titolo e, a quanto vedo, abbiamo trovato uno che è capace di darlo.
    Se la tua è vera informazione e l'altra spazzatura cosa temi??? Chi ha detto che "gli altri" vogliono poi fare informazione? Perchè la senti "attività " comparabile a te? Per la informazione il pubblico sceglierà te e basta. Poi loro mica fanno informazione, fanno altra cosa, una cosa che oggi al pubblico piace. Una cosa che non è informazione e quindi tu che c'entri? Tu hai la patente e fai informazione e gli altri fanno semplicemente "comunicazione".
    Tu vedi in questo modo di comunicare, perchè quello fanno i blogger o gli altri in rete, comunicazione, "anarchia",chissà perchè a me sembra libertà. Hai anche la soluzione, credo si chiami bavaglio...perchè alla fine la soluzione è che questi non devono scrivere senza "patente". Vero???
    Se ascoltiamo te avremmo dovuto chiedere il permesso per scambiarci i nostri pareri al telefono?
    Già, per comunicare ci vuole la patente. Sbagliato Tesi, per fare informazione vi siete inventati ci voglia la patente, al pari di commercialisti ed ingegneri, comunicare è diverso.
    Io, che ho una intelligenza assolutamente media, so che non ti aspetti possa accadere quanto ti rivelo, io riesco persino a distinguere l'informazione dalla comunicazione, forse per quello compro tutte le mattine il mio quotidiano. Chissà quanti milioni siamo che sanno fare questa distinzione !! Io dico 60 solo in Italia.
    Hai dato a me ed a tutti quelli come me una serie di epiteti direi pesanti, vorrei anche offendermi, non lo faccio; penso alla stampa di oggi, ai giornalisti, all'uso che fa spesso di loro la politica e la grande industria,agli articoli che dicono pilotati, ai complotti a mezzo penna....siete messi peggio voi. Anche se avete la patente.

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  5. Guardi, lei ha le idee talmente confuse e sa talmente poco delle cose di cui parla, che forse non varrebbe nemmeno la pena di risponderle. Infarcisce i suoi discorsi dei soliti luoghi comuni (la casta, etc), ma non ha la minima idea di quali siano le regole dell'informazione e di come sia strutturato il relativo sistema. Rivendica un diritto ad esprimersi che nessuno le contesta, ma che ciononostante lei usa per portare un attacco cieco alla classe giornalistica. Mah...
    Che le piaccia o meno, l'informazione, per legge e non per mio capriccio, la fanno i giornalisti. I quali sono persone abilitate dall'iscrizione a un albo e, in virtù di questa, tenute a tutte una serie di doveri e soggette a responsabilità che i non giornalisti non hanno. E' chiaro? Non è questione di patente e non l'ho decisa io. E per questo motivo non c'è proprio nessuna competizione ("competitors"...ma parli come mangia) tra i giornalisti e i cosiddetti bloggers (come se i bloggers non potessero poi essere giornalisti: casomai pensassi questo, la smentisco subito, io ho un blog, peraltro pure registrato come testata giornalistica e quindi soggetto alle relative norme, eppure faccio il giornalista). Si tratta però di due cose diverse. Lei è libero di sproloquiare su tutto quello che vuole, ma non pretenda di spacciarla per informazione, perchè non ha i titoli per falra. Non credo che lei accetterebbe di essere difeso in tribunale da qualcuno che, si scopre, non è iscritto all'albo degli avvocati, o di essere operato da qualcuno che non è iscritto all'ordine, cioè abilitato all'esercizio della professione medica. Anche se nessuno potrebbe impedirle di andare da un guaritore.
    Da quello che scrive e da come si esprime, mi pare il tipico rappresentante di quella vasta categoria di chi si è infatuato di qualcosa di cui ha perso il controllo. Sa distinguere tra informazione e comunicazione? Bravo. Peccato che per dimostrarlo mi dica che ogni giorno compra il suo quotidiano. Come se anche nel quotidiano non ci fosse una comunicazione da ben distinguere dall'informazione. Ma per favore. E comunque continui a baloccarsi con le sue illusioni. Consideri solo che io non ho offeso nessuno tranne forse chi, come lei, ha la coda di paglia. Perchè?
    Saluti,

    Stefano Tesi

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  6. Bravo Tesi bravo. Adesso ha dimostrato chi è lei.
    La cosa che più mi diverte di quello che ha scritto è che per più di metà del suo commento siamo perfettamente d'accordo e diciamo le stesse cose, ha ripetuto gli stessi concetti ma ha cammuffato il tutto come se fossimo antitetici. Ha fornito così un perfetto esempio di giornalismo moderno e nostrano.

    Il dileggio e le offese pesanti dirette alla mia persona di cui infarcisce il suo pezzo con il finalino ad effetto coda di somaro sono degni di testate autorevoli: un professionista.

    Per il resto mi stupisco lei abbia tenuto così ampiamente in considerazione un commento di un siffatto allocco come il sottoscritto. Forse la coda l'aveva colpita nel punto giusto.
    Non siamo in antitesi lei è solo un po' più maleducato.
    Resto nella mia confusione, lascio a lei la luce.

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  7. Gentile Stefano Tesi,
    ho seguito anche in passato le sue dispute on-line sulla professione giornalistica.
    Mi trova in disaccordo quando sostiene che "Professionalità, aggiungo, che come giustamente sottolinea Giuliano si ottiene attraverso l'iscrizione a un ordine". Non la ritengo una conseguenza diretta. La professionalità, se la intendiamo come la capacità di svolgere in maniera competente ed efficiente il proprio lavoro, nel tempo l’ho trovata sia in giornalisti che in blogger. Così come ho trovato approssimazione e incapacità in entrambe le categorie. La differenza, per me, la fa la persona, non il numero di iscrizione all’albo.
    Per questo, da bravo cerchiobottista, non posso che essere d’accordo con Beppe quando scrive “Tornando a noi: non c’è contrapposizione, sono soltanto più lati di un poligono che possono essere collegati. Il poligono è il perimetro della comune competenza e passione e capacità di dare ai lettori valore aggiunto”.
    Cordiali saluti,
    Davide Cocco

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  8. Sottoscrivo Davide, che con la consueta pacatezza va dritto al nocciolo. Aggiungerei anche che Beppe è un grande, uno dei pochi che veramente prova a trovare non solo un confronto ma un'interazione con "l'altro" mondo.

    Filippo Ronco

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  9. Segnalo che sul sito di franco abruzzo, www.francoabruzzo.it., voce critica del giornalismo italiano ci sono due interessanti articoli sull'on e l'off line di comunicazione e giornalismo. Su "Condivisione, comunità, conversazione» e su «Contenuti, credibilità, creatività». Buona lettura, Beppe Giuliano

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  10. Come Filippo, anch'io sottoscrivo le parole di Davide e ri-sottolineo il "Tornando a noi..." di Beppe, che ancora una volta dimostra la sua volontà di confronto allontanando lo scontro.
    Ricordo un suo bellissimo intervento di qualche mese fa su TigullioVino [..Sono convinto che carta e web, on e off line, assieme possono fare moltissimo: possono persino difendere quel diritto d'autore che per molti colleghi fonte di onesto reddito e che oggi il web svilisce più di noi editori cartacei. Ci sono dei grandi contenuti in rete, così come sulla carta: la sfida è farli emergere dalla nicchia e imporli all'attenzione della stampa generalista che impatta sul largo pubblico...], con cui appunto sottolineava la necessaria sinergia tra carta e web a tutela di tutti.

    E' l'autorevolezza di chi scrive (guadagnata sul campo, con carta&penna o con la tastiera) che fa la differenza.
    Che poi esistano delle categorie, delle associazioni, delle professioni legalmente riconosciute, questo è un altro argomento: non basta però una laurea per essere un bravo medico, ma senza laurea non si può essere medici.

    A presto,
    Pamela

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  11. @Pamela. Sì, concordo: è solo l'autorevolezza che fa la differenza, carta o web che sia, appartenenza o meno ad ordini o categoria (io, per esempio, "ci appartengo", elenco pubblicisti, ma penso voglia dire poco in questo contesto).
    Detto questo, più in generale, insisto: carta e web possono e devono essere complementari, perché forme espressive diverse. Leggo sia carta che web, ma molto spesso non ci trovo differenza, e allora mi domando: perché essere diversificati? Se invece diversificazione di strumento ci deve essere (ed è bene ci sia), diversa dev'essere anche la maniera d'esprimere, di raccontare, di narrare.
    Mica facile. Ma deve.

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  12. Dici giustamente Angelo, a volte non si vedono differenze tra uno scritto per il web e uno per la carta perché chi ha sempre scritto per la carta usa il web come semplice estensione 'del foglio'!

    E invece di devono usare forme (linguaggi, tempi, lunghezze, etc) diversi perché sono strumenti diversi. La stessa differenza che esiste, per fare un paragone banale, tra il comunicare con un telegramma o con una lettera.
    La sostanza è quella, ma la forma cambia.
    Pamela

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  13. Scusate se salto i commenti e punto invece a dire la mia su quanto scritto da Beppe, che è anche mio direttore dato che scrivo (saltuariamente, causa pigrizia!) sulla sua rivista.
    Due parole: ha ragione. Su tutto. Condivido. Mi sorprende solo sapere che 5 anni fa c'era una guerra tra i giornalisti del vino veronesi, non me ne sono accorta, forse perchè ero troppo occupata a conquistarmi altrove il mio posto al sole. Ciò premesso, è vero: nessuno ci paga per fare i web journalists, e per avere un minimo di copertura anche finanziaria per partecipare a un evento di portata internazionale come quello cui Beppe accenna,e alla quale il mio socio e io abbiamo preso parte (unici giornalisti italiani. Dov'erano gli altri, eh? i saputelli delle grandi testate nazionali??) abbiamo fatto ricorso alla cara, vecchia carta stampata. Il web ha per adesso il grande limite che ancora non s'è trovato un modello di business diverso dalla solita pubblicità, ma sono convinta che sia solo questione di tempo. Così come sono sinceramente stufa di questa contrapposizione tra web e carta stampata, tra blogger e giornalisti...mi sembra di sparare sulla Croce Rossa, quando mi trovo di fronte a autorevoli colleghi del giornalismo "tradizionale" che sentenziano su blogger e dintorni, loro che aspettano che la segreteria gli legga le mail perchè sanno a malapena dov'è il pulsante di accensione del computer. Che futuro vuoi che abbia una categoria così? Il giornalismo italiano ha così tante magagne che non si sa da parte iniziare per porvi rimedio, e forse almeno in parte nessuno vuole DAVVERO porvi rimedio: ma la rete è un mezzo. Non una bacchetta magica. E come tutti i mezzi bisogna imparare a usarlo: non crediate che solo perchè è facile aprire un blog tutti diventino automaticamente dei premi Pulitzer. Ci sono un sacco di cani in giro che scrivono sui giornali, e ce ne sono altrettanti che scrivono sulla rete. Appurato ciò, se si lavorasse - senza perdere tempo in tanto appassionanti quanto inutili beghe da cortile - a integrare i due media, ne guadagneremmo tutti. Lettori e operatori dell'informazione.

    Lizzy

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  15. Allora, in sintesi: Stefano (il Nero) è incazzato (nero) con Stefano (Tesi). E viceversa.
    Gli altri hanno detto quello che hai detto tu.
    Ciao.davide

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  16. Davide, se tutti avessero la tua capacità di sintesi, avremmo quotidiani in formato bigino :-)
    Pamela

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  17. Sorvolo sulle polemiche.
    Occorre muoversi, riunendo le teste disponibili. Sono figlio della convergenza, che dal punto di vista industriale ha creato nuovi mezzi senza eliminare nulla di quanto trovava: stampa, televisione, computer, telecomunicazioni, cinema, ecc.
    Convergere si può, probabilmente già si deve, un modello che funziona deve coniugare informazione e servizi (io penso), su mezzi diversi per servire mercati diversi. La cosa complessa sarà interpretare le potenzialità del mezzo tecnico, Internet: non è questione di grammatica, ma di sostanza, contenuti, che vanno progettati con visione e competenza.
    La diversità principale sta qui: chi scrive produce e, spesso, "vende" il prodotto. E' una filiera completa.
    E questo, sorry, non c'entra proprio nulla con le patenti, le autorizzazioni, gli Ordini, le leggi e leggine che inflazionano le nostre vite e, non è evidente?, ci rendono il più illegale dei paesi civili.
    Bene, Beppe, quando si comincia?

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  18. @Davide Cocco : Ehi piano....adesso la sintesi sarebbe che io ed il Tesi saremmo due 'zzati beceri beceri e gli altri solerti pacati intenditori? Un accipicchia. Sia io che il Tesi abbiamo illustrato tesi concrete lasciando da parte ipocrisie poi arrivano i buonisti a spiegarci cerchiobottisticamente che abbiamo tutti ragione.

    Non è vero che abbiamo tutti ragione, io insisto che dobbiamo prendere atto di una realtà. Gli investimenti pubblciitari sui mezzi di comunicazione a ottobre 2009 rispetto all'anno precedente sono : Internet +4,7%, televisione -12,6%, radio -13,2%, carta stampata -23,2%.
    C'è un mezzo che avanza ed altri che arretrano, questo mezzo è un modo nuovo di fare cose nuove ma anche le cose vecchie , vogliamo dargli regole vecchie? ma poi regole, ancora regole?

    Allora inutile resistere resistere resistere, Giuliano dice, secondo me, "confrontarsi prendere atto ed elaborare ". Approvo, anche se........wow, appassionante questa cosa.

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  19. @Stefano lungi da me pensare che tu e Tesi siate due 'zzati beceri beceri. Stavo facendo un po' di ironia. E comunque mi sembra che gli interventi dopo i vostri siano abbastanza schierati. Il mio compreso.
    Che gli investimenti sulla tivì e sulla carta stampata siano in calo è davanti agli occhi di tutti. Ma penso che parliamo ancora e purtroppo di numeri abbastanza diversi.
    Se poi mi chiedi su che cavallo io voglia puntare, ti rispondo tranquillamente il web. Ma non mi piacciono queste contrapposizioni blogger-giornalisti, perché sono convinto che assieme si possa fare un buon lavoro. Con metodi diversi, stili diversi, contenuti diversi. Sono abituato a giudicare le persone, non le etichette.
    E porta pazienza per il cerchiobottismo. Nella DC avrei fatto sicuramente strada.
    Un caro saluto,
    Davide

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  20. Permettetemi di intervenire ancora, ma trovo molto interessante questo post di Marco Bardazzi e ve lo segnalo: http://marcobardazzi.com/blog8/2010/02/09/le-notizie-e-i-social-network/
    Penso sia un tassello in più per ragionare sull'argomento di cui stiamo discutendo.
    Ciao.davide

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