Angelo Peretti
Ora, o hanno assaggiato il vino quando non era ancora maturo (o forse neancora in bottiglia), o sono stato gran fortunato io con la mia bottiglia. In ogni caso, è evidente che l'affinamento in vetro l'ha aiutato. Perché io quelle note di tostatura e di barrique di cui parlano le maggiori guide italiane, nel Campi Sarni del 2006 non le ho trovate, ma anzi nel bicchiere è stato un tripudio di fruttino, piacevolissimo, di bosco.
Certo, il tannino è morbido, vellutato, e che ci sia stato un passaggio nel legno lo capisci, dunque, ma non c'è quel boisée che a volte (tanto spesso in passato, meno adesso, ma non è finita) umilia il frutto nei rossi. Evviva.
E dire che non sono un grand'appassionato dei bordolesi fatti in Italia, e questo qui è figlio -leggo in controetichetta - di uve di cabernet sauvignon e franc e di merlot "in varie selezioni clonali".
Leggo in contr'etichetta che la vigna è "coltivata con alcune tecniche biodinamiche". Non che io sia da ascrivere tra coloro che s'esaltano perché un vino è bio-qualcosa, ma mi si dice che nell'azienda di Barbara e Filippo Scienza - si chiama Vallarom, ed è ad Avio, prima terra trentina dopo il Veronese - l'impegno verso una viticoltura per così dire "sostenibile" sia autentica, il che non guasta.
Torno al vino per aggiungere che ha un a gran beva, e anche questa è nota positiva, soprattutto in quest'epoca in cui finalmente ci si sta liberando dalle marmellate alcoliche da degustazione. E c'è bella persistenza fruttata.
Insomma, il primo bicchiere "chiama" rapidamente il secondo.
Due lieti faccini e quasi tre :-) :-)
Nessun commento:
Posta un commento