12 febbraio 2010

Ripeto: sarebbe meglio cambiare il metodo di degustare in anteprima

Angelo Peretti
Gli antichi dicevano che ripetere le cose aiuta, ma personalmente temo sia invece faccenda che rischia di rompere le scatole. In ogni caso, il rischio me l'assumo, e ripeto: sarebbe opportuno cambiare il metodo di presentazione dei vini durante le anteprime delle denominazioni che abbiano bottiglie "di spessore", destinate ad evolvere nel tempo.
Lo scrivevo dopo l'Anteprima dell'Amarone 2005 e lo ripeto a maggior ragione adesso, dopo che è passata anche l'Anteprima dell'annata 2006.
Dicevo un annetto fa che nella degustazione dell'Amarone avrei voluto (vorrei) maggiore omogeneità. Per aver la possibilità di cercare di trarre le migliori valutazioni che mi sia possibile, o quantomeno per tentare di commettere gli errori minori. "Vorrei cioè - scrivevo - che nella degustazione alla cieca gli Amaroni fossero suddivisi fra: vini già in bottiglia da più di 6 mesi; vini già in bottiglia da meno di 6 mesi e da più di 3 mesi; vini già in bottiglia da meno di 3 mesi; vini ancora in vasca".
Ripeto le stesse affermazioni - richieste, perorazioni - d'allora, essendomi fatto nuovamente e ancora di più convinto con l'ultima degustazione amaronista. Non c'è niente da fare: non è proprio il caso di far assaggiare comparativamente Amaroni così diversi tra di loro in quanto a fase di maturazione. Già si tratta d'un vino difficile da tastare, con tutto quell'alcol. Ma se poi ti trovi a che fare con affinamenti tanto dissimili, allora l'impresa è proprio improba, e rischi serie cantonate. Il che non va certo a beneficio dei produttori.
Addirittura, mi viene da chiedere una categoria in più: suddividere i vini "da vasca" fra campioni non ancora nell'assemblaggio definitivo, e dunque probabilmente ancora in legno, ed altri già in cuvée, e dunque presumibilmente in acciaio pre-imbottigliamento.
Dunque: cinque categorie. Essenziali, per tentar di capire.
Cerco di spiegare.
I vini "da botte". Nel caso siano stati presi direttamente dal legno, è chiaro che ci si trova di fronte a qualchecosa che non andrà mai a finire sullo scaffale esattamente come te lo ritrovi nel bicchiere dell'Anteprima. Quella botte - quella barrique - sarà tagliata con altre, e si farà un mix che metterà insieme caratteri diversi - anche molto diversi, ché ogni legno fa storia a sé - fra di loro. Dunque, in questo caso si tratta d'un assaggio meramente indicativo. Nel caso invece che le botti siano già state assemblate, e che il vino sia in acciaio, pronto a passare in bottiglia, be', allora si può già provare a pensare a come sarà nella sua nuova vita.
I vini "in bottiglia". Qui è necessario davvero avere indicazioni sull'epoca dell'imbottigliamento. Perché è chiaro che un Amarone in vetro da un mese o due è ancora scosso dal taglio di vasche e dall'imbottigliamento, e dunque potrà avere il rovere un po' in rilievo ed essere un po' scombussolato, e fattori del genere non dovresti viverli come peccati capitali, bensì come inevitabili fasi evolutive (un po' come i brufoli adolescenziali, insomma). Pertanto, in questo caso, andrai a cercare non già indicatori di finezza o d'eleganza, quanto di frutto, di materia, di freschezza, "depurandoli" dagli altri elementi contingenti. Se il vino ha invece già quattro-cinque mesi di vetro, allora puoi pretendere che emergano i primi indicatori in termini di futura finezza, e dunque starai più attento nella ricerca di questi elementi. Se l'Amarone ha già fatto poi sei mesi e più di bottiglia, in questo caso sarai - dovrai esserlo - un po' più esigente, perché è presumibile che stia per andare sullo scaffale (o che ci sia già andato addirittura) e che dunque sia esattamente come se lo troverà nel bicchiere il consumatore che lo stapperà in casa o lo berrà al ristorante.
Insomma: a seconda dei casi, il degustatore più accorto, se fosse informato, dovrebbe ricercare indizi molto diversificati fra di loro. Se invece i vini te li dan tutti alla cieca - senza saper l'etichetta, ma anche senza saper nulla dello stato dell'arte - allora è difficile, difficilissimo. E si rischia di non fare un buon servizio né al produttore, né tantomeno al lettore.
Ci meditiamo un po' su? Lo dico al Consorzio valpolicellista, soprattutto. E se vogliono son disposto a rifletterci insieme a loro.

4 commenti:

  1. Non sei il solo a pensarla così. Anch'io, da tempi non sospetti, critico il sistema non solo dell'Amarone, ma di tutte le anteprime: cioè di presentare vini non pronti, acerbi, spesso presi dalla botte e adatti quindi, a mio parere, più a una degustazione tecnica per enologi che a una degistazione critica per giornalisti.
    E' ovvio, quando dico pronto non voglio dire maturo, ma un vino che abbia comunque una sua fisionomia definita. Non posso essere chiamato a fare il giudice in un concorso di bellezza ove sfilano bambine dodicenni, solo perchè hanno la prospettiva di diventare belle a diciott'anni, o all'anteprima di uno stilista che mi fa vedere solo i tessuti e forse i disegni, ma non i vestiti.
    Come dici tu, tutto diventa più difficile e, aggiungo, meno serio. Alle imminenti anteprima del Chianti Classico, per esempio, su (vado amemoria, potrei sbagliare i numeri) 140 vini, ben sessanta verranno dalla botte...

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  2. @Stefano. Personalmente, credo che le anteprime vadano bene anche così, coi vini, come dici tu, acerbi. Certo, chiedono ai giornalisti di essere molto, molto più professionali e attenti nell'assaggio (ho visto troppi colleghi a Verona cavarsela in due ore...) e per questo occorre un lungo (anni) allenamento nelle cantine, abituandosi ad assaggiare da vasca, durante le varie fasi evolutive di un vino. Se c'è una cosa che invidio ai critici francesi e americani è la loro capacità di esprimere pareri sull'evoluzione del vino, di dare una valutazione non solo sullo stato dell'arte ma anche sulle prospettive. In Italia questa sensibilità manca.
    Quello che non posso tuttavia accettare è che mi si diano dei vini indistintamente, che mi si mettano assieme vini, appunto, in fasi evolutive diverse. In questa maniera la degustazione perde di utilità ed anzi rende potenzialmente addirittura dannoso il test per i produttori. Occorre mettere un rimedio.

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  3. Non posso che concordare sulla necessità di poter sapere lo stadio evolutivo dei campioni in assaggio. In un prossimo articolo mi sono spinto oltre: per le anteprime tipo Amarone che riguardano DOC o DOCG molto vaste e difformi non solo conoscere se i campioni provengono da vasca o da quanto sono imbottigliati, ma anche da che zona provengono. Nel caso dell'Amarone se appartengono alla zona Classica, alla Valpantena, alla zona allargata. E come se pretendessimo di fare un'anteprima del Chianti tout-court. Peccato che di Chianti ce ne siano molti: Classico, Rufina, Colli Senesi, ecc.
    Quindi concordo pienamente con la campagna di Angelo Peretti: fateci sapere se il campione è da botte o da quanto è imbottigliato. E magari fateci sapere da dove viene.

    Mauro Pasquali

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  4. Credo ci sia un grande lavoro da fare nell'evidenziare le aree territoriali di provenienza dei campioni che vengono presentati agli assaggi delle anteprime Amarone. Ancor prima dell'incrociare lo stato evolutivo con gli stili di vinificazione - quest'anno era almeno evidenziato lo stato evolutivo - mi sembra essenziale lavorare sulle differenze di territorio. E non limiterei questo lavoro alla sola occasione dell'Anteprima Amarone, ma spingerei lo sforzo fino all'indicazione in etichetta, se possibile.

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