15 febbraio 2010

Quale futuro per il Durello?

Mauro Pasquali
Non si può certo dire che il Consorzio del Durello, nonostante la piccola dimensione della doc e il fatto che questa è compressa fra un colosso come la zona del Soave ed una emergente come quella di Gambellara, non si faccia notare! Non bastassero giornalisti, wine blogger e opinionisti (si dice così, vero?), anche il Consorzio si interroga e si domanda: quale futuro per il Durello?
Ma credo che il Consorzio ed i produttori prima di tutto si siano domandati e si stiano domandando: esiste un futuro per il Durello? Non vorrei essere frainteso: un futuro il Durello lo ha eccome. Se non altro per la capacità di passare in una decina d'anni da 50mila a 500mila bottiglie vendute nelle varie versioni. Se non altro per la capacità di trasformarsi da vino aspro e duro in vino che “se lo conosci non puoi non innamorartene”. Se non altro perché, ultimo ma non meno importante: il Durello piace ed assai!
Il futuro che mi domando (e credo se lo siano domandato anche i produttori) se esisterà per il Durello è un futuro ben identificato e che continui a evidenziare quella forte personalità che contraddistingue il Durello. Mi spiego meglio: possiamo inseguire le mode e possiamo scimmiottare altre grandi produzioni, oppure possiamo valorizzare ed esaltare le caratteristiche peculiari del Durello. Possiamo produrre un vino che imita altri prodotti oppure produrre un vino che si faccia riconoscere, anche con qualche difetto, ma, sempre e comunque un vino fortemente caratterizzato e che identifichi e sia identificato dal territorio in cui nasce.
Il disciplinare cambia nuovamente, ci dice Aldo Lorenzoni, direttore del Consorzio del Durello. La terza volta in pochi anni. Certamente il mondo del vino è fortemente cambiato dalla fine degli anni Novanta e forse occorreva fare qualcosa. Finalmente, dopo anni, il territorio, gli uomini, il vino cominciano a contare più dell'etichetta, del blasone. E questo credo - mi auguro - sia stato lo spirito che ha portato ad individuare la necessità di questa revisione. E far nascere due disciplinari: uno per il Lessini Durello ed uno per il Monti Lessini. Il primo regola la produzione delle varie tipologie di Durello, dove l'uva durella deve essere presente almeno all'85%. Il secondo disciplinare regola la produzione degli altri vini: bianco con almeno il 50% di chardonnay e rosso con almeno l'85% di pinot nero.
Che dire? Che forse è mancato un po' di coraggio. Il coraggio di fare un Lessini Durello solo in purezza o, al massimo, di aggiungere quel 15% di sole uve pinot nero. Rimango perplesso dal ventaglio di possibilità: garganega e/o pinot bianco e/o chardonnay e/o pinot nero. Quale sarà l'anima comune di ciò che ne deriva? Quale il comune denominatore di prodotti che avranno. almeno potenzialmente, molte differenze? E il consumatore, quando acquisterà una bottiglia di Durello, ricordando un certo vino che tanto gli era piaciuto e troverà un prodotto diverso (non meno buono: diverso), come reagirà?
Lasciamo tempo al tempo e proviamo ad immaginare il futuro. Un futuro che ben è stato delineato nel corso di una serata dedicata, appunto, al tema: “Il Durello: ieri, oggi e domani”.
L'occasione, ben ospitata nella splendida Officina di Gustolocale a Trissino, ha visto protagonista assoluto il Durello in tre versioni: fermo, spumante metodo italiano (o charmat) e spumante metodo classico. A condurre la serata l'amico Franco Ziliani, con la maestria e la verve che gli riconosciamo tutti.
Dirò diffusamente della versione ferma, la meno nota ed apprezzata, ma, non per questo quella da snobbare. Tre soli i vini e due soli i produttori, ché pochi vignaioli la fanno. Tre prodotti, però che incarnano, pur con le dovute e doverose differenze, l'anima del Durello. Perché di anima si tratta. Come non definire tale quella caratteristica che ho trovato comune a tutt'e tre i vini? Tre vini diversi ma altrettanto intriganti ed emozionanti. Del Durello di Sandro de Bruno ho già parlato a suo tempo: posso solo confermare le sensazioni che mi diede, esaltate ancor più dal tempo passato: il territorio, quella mineralità basaltica che emerge e mi fa subito pensare al Monte Calvarina. La freschezza e la sapidità che regalano grande finezza al vino. Anno dopo anno.
Del Durello Superiore di Casa Cecchin posso solo dire che è un vino che mi è sempre piaciuto e continua a piacermi: un bel profumo delicato ma deciso, la mineralità che esce ad ogni sorso.
Del Durello Pietralava, sempre di Casa Cecchin, ne parlo per la prima volta. Lo assaggiai in vasca, molti mesi fa e mi piacque. Poi, complice un imbottigliamento recente, rimasi perplesso: non lo riconoscevo più. E rimasi confuso: possibile che quel vino si fosse perso? Ora ho trovato il bandolo della matassa: il Durello è vino che abbisogna di lungo affinamento, anche in bottiglia, a dispetto di chi lo ritiene vino da pronta beva. Anche nella versione ferma: ecco trovato il filo conduttore e l'anima di questi Durelli. Un vino che comincia a dare il meglio di sé dopo mesi, anni dall'imbottigliamento e, quindi, una speranza e una richiesta ai produttori: lasciatelo dormire nelle vostre cantine e distribuitelo un anno dopo. Questo è il Pietralava, ma anche il Durello di Sandro de Bruno e anche quello Superiore di Cecchin: vini che, come tutti i grandi vini, cominciano a dare il meglio di sé qualche anno dopo la vendemmia. Così mi è parso il Pietralava: un vino che solo ora, ad un anno e passa dalla vendemmia, comincia a vivere ed ad emozionare.
Poi i cosiddetti “spumanti”. Concordo con Franco Ziliani: basta con questo termine! Basta con un nome che accomuna tutto e il contrario di tutto! Per cui, complice il nuovo disciplinare del Lessini Durello, d'ora in poi lo chiamerò Lessini Durello Metodo Italiano e Lessini Durello Metodo Classico.
Otto erano i vini in degustazione: quattro della prima tipologia e quattro della seconda, ché dei due intrusi, inseriti ad arte per far discutere, non parlerò. Bella la scelta di servire solo magnum: il formato che più si addice ai gradi spumanti (pardon!). Ancor più bella la scelta di servire i vini rigorosamente alla cieca: nessun cedimento all'etichetta e al nome del produttore.
Un filo conduttore credo di averlo trovato: la mineralità ed i sentori agrumati per i primi (metodo italiano) e l'acidità , la bella vena ossidativa (quasi da Champagne), ancora la mineralità e le note di frutta secca per i secondi (metodo classico).
Un elemento di disturbo: quanta variabilità in un prodotto che nasce in un fazzoletto di terra! Forse l'elemento cantina prevale ancora troppo sull'elemento territorio: quando (e se) i produttori riusciranno a non dimenticare (e alle volte a a non eliminare) le caratteristiche della durella, forse questo grande, splendido vino uscirà dal limbo provinciale (sempre per dirla con Franco Ziliani) e comincerà a fare (seriamente e non solo a parole) concorrenza agli altri grandi metodi classici.
Durello Lessini Spumante Brut Cantina dei Colli Vicentini
Al naso emergono sentori citrini e floreali accompagnati da bella vena acida. In bocca discreta mineralità con forse eccessiva morbidezza. Un bel vino da aperitivo.
Un faccino :-)
Lessini Durello Spumante Brut Prime Brume Cantina di Gambellara
Bel naso minerale con vaghe note agrumate. In bocca leggera speziatura con un finale lungo dove emergono note di frutta secca.
Due faccini :-) :-)
Lessini Durello Spumante Brut Cantina di Montecchia di Crosara
Le bottiglie aperte presentavano purtroppo problemi ossidativi. Ricordo che lo assaggiai molti mesi fa e mi colpì, in una degustazione alla cieca, per il suo saper stare alla pari con più blasonati metodi classici.
Non classificabile
Lessini Durello Spumante Brut Cantina di Monteforte d'Alpone
Bel naso che gioca fra la florealità e la mineralità. In bocca delude un po': entra bello amarognolo ma finisce con una vena eccessivamente dolce.
Un faccino :-)
Lessini Durello Spumante Brut Metodo Classico Corte Moschina
Un appunto: peccato la mancata dichiarazione dell'anno della vendemmia. Ma è stato promesso che dal prossimo anno ci sarà. Al naso colpisce il bel bell'aroma floreale. In bocca è fresco e minerale. Denuncia l'eccessiva giovinezza: la durella è uva che deve rimanere sui lieviti molto a lungo…
Un faccino :-)
Lessini Durello Spumante Brut Metodo Classico 2005 Casa Cecchin
Al naso una leggera nota ossidativa accompagna la frutta secca e la prepotente mineralità. In bocca forse sconta una eccessiva invadenza del liqueur d'expédition che comunque svanisce presto a vantaggio di una grande sapidità ed armonia. Finale molto lungo e gradevole
Tre faccini :-) :-) :-)
Lessini Durello Etichetta Nera Riserva 2004 Fongaro
Bellissima nota ossidativa molto intrigante. Emergono note di frutta secca, crema, vaniglia. In bocca le belle note speziate denunciano l'uso sapiente del legno. Begli aromi di frutta matura. Finale lungo e gradevole
Due faccini e quasi tre:-) :-)
Lessini Durello Brut Metodo Tradizionale 2003 Marcato
Al naso frutta secca con preponderanza di nocciola e mandorla tostata. Costa di pane e vaniglia. In bocca discreta mineralità con eccellente equilibrio. Un eccellente prodotto ma forse il meno “durello” dei metodi classici degustati.
Due faccini e quasi tre :-) :-)

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